lunedì, dicembre 22, 2008
Agenzia Misna - “Nonostante il sangue di Chico Mendes e di tanti altri martiri della foresta, nonostante l’accordo storico di ‘mantenere le nostre foreste in piedi, perché dipendiamo da queste per vivere’ anche dopo innumerevoli vicende piene di eroismo, morte e passione per l’Amazzonia, la devastazione continua”. A 20 anni dall’uccisione di Francisco Alves Mendes Filho, simbolo della lotta contro il disboscamento della selva amazzonica - che ricorre proprio nella settimana di Natale - dalla sua terra, lo stato di Acre, don Massimo Lombardi ricorda che quest’anno sono stati 17.000 gli ettari di boschi rasi al suolo, una superficie equivalente quasi alla metà dell´Olanda. “Lo spettacolo più allucinante per chi vive in queste terre - scrive don Massimo rivolgendosi ai lettori del sito Internet dei missionari della diocesi di Lucca impegnati a Rio Branco - è veder passare lunghe file di camion che trasportano grossi tronchi d’alberi dopo aver ferito con motoseghe e incendi la foresta vergine, poi invasa da sconosciuti che la umiliano seminando pasti sulla cenere di castagni centenari”. Chico Mendes fu ucciso il 22 dicembre 1988 all’età di 44 anni davanti alla sua casa di Xapuri per aver combattuto questo saccheggio, un fenomeno legato a giganteschi interessi economici e politici sopravvissuti fino a oggi. “Il 22 dicembre - scrive ancora il missionario - andremo tutti a Xapuri, governo, comune, chiesa, società civile, movimenti sociali e ambientalisti per commemorare la lotta di Chico Mendes che col suo sangue ha sigillato un’alleanza tra i popoli della foresta, di armonia tra ‘seringueiros’ (raccoglitori di caucciù) e indios”. La diocesi di Rio Branco, dove don Massimo svolge il suo ministero da oltre 25 anni, ha pubblicato di recente un nuovo ‘manifesto per la foresta e i suoi abitanti’ sottolineando la necessità di “ampliare e intensificare la discussione sulla legislazione dello sviluppo sostenibile” in Amazzonia. “Continuando la missione di Gesú Cristo di portare la ‘vita e vita in abbondanza’ (Gv 10, 10) – si afferma nel documento - la Chiesa sa quanto è importante la necessità dello sviluppo: ma che sia questo sia autenticamente democratico, che non escluda nessuno e che distribuisca terra e reddito, rispetti l´ambiente, non privatizzi le foreste e sia attento alle necessità del nostro stato e della maggior parte della popolazione”. I popoli della foresta amazzonica, sottolinea la diocesi, “non possono essere sottomessi alla logica del lucro a qualsiasi costo”; quella in corso in Amazzonia, “è una vera battaglia, tra chi si sforza e tenta di impiantare unità di conservazione come alternative di sviluppo sostenibile e chi clandestinamente con l’appoggio o la copertura di mani unte dalla corruzione, continua impunemente a devastare”. Un paese con 165.000 chilometri quadrati di terre disboscate, abbandonate o semi abbandonate, si afferma ancora nel ‘manifesto’ di Rio Branco, “potrebbe raddoppiare la sua produzione di alimenti senza bisogno di abbattere una sola pianta”.


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