L'operazione globale anti pirateria potrebbe migliorare i rapporti tra Usa, Cina e Iran.
PeaceReporter - Navi da guerra americane, italiane, russe, cinesi, turche, indiane e persino iraniane, per citarne solo alcune: da qualche mese, il golfo di Aden è diventato decisamente affollato. Merito dei pirati somali, che nell'anno solare in corso hanno assaltato più di cento imbarcazioni, tenendone sotto sequestro ancora una quindicina assieme a circa 250 membri di equipaggi. Per far fronte al problema, grandi nemici come Usa, Iran e Cina saranno disposti a collaborare? Se la risposta sarà positiva, il Golfo potrebbe diventare un'ottima palestra per le relazioni diplomatiche degli anni a venire.
Una nave da guerra britannica nel golfo di AdenGli ultimi Paesi in ordine di tempo a spedire le proprie navi militari per contrastare il fenomeno della pirateria sono state Cina e Iran. La notizia dell'uscita della flotta cinese dai mari asiatici, per la prima volta da secoli, ha fatto storcere il naso a molti stati, timorosi di lasciare a Pechino mano libera sullo scacchiere mondiale. Lo stesso timore che ha accompagnato l'invio, da parte di Teheran, di una nave da guerra militare per contrastare i pirati, che nel 2008 hanno assaltato almeno due imbarcazioni iraniane. Pechino e Teheran non hanno ufficialmente preso parte alla forza multilaterale, autorizzata dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu a utilizzare "ogni mezzo necessario" per proteggere le imbarcazioni che attraversano il Golfo di Aden.
Nonostante ciò, appare improbabile che gli ultimi arrivati non decidano di coordinarsi con gli altri. Numerosi analisti ritengono che l'occasione potrebbe essere propizia soprattutto per la nuova amministrazione americana: Obama, che già in campagna elettorale aveva sottolineato la necessità di dialogare con tutti gli stati, compreso l'Iran, potrebbe infatti sfruttare l'opportunità. Una politica dei piccoli passi, che si concentri sugli aspetti operativi della missione senza spingersi troppo oltre, potrebbe essere un metodo efficace per ristabilire i contatti con Teheran senza turbare l'opinione pubblica americana. E magari un metodo per creare un minimo di fiducia reciproca tra i due contendenti.
Pirati somaliLo stesso discorso può valere per la Cina: più volte sollecitata ad assumersi maggiori responsabilità sullo scacchiere mondiale in conseguenza della sua crescita economica, Pechino ha deciso di entrare in gioco per proteggere il commercio mondiale. Più che il terrorismo, infatti, la pirateria somala sembra essere l'emergenza prioritaria condivisa da tutti i grandi attori internazionali: l'attività dei corsari ha provocato un aumento consistente dei costi di navigazione e minaccia le forniture di greggio tra Medio Oriente ed Europa che transitano via mare. Ottimi motivi per dimenticare, o almeno mettere da parte, i vecchi dissapori, e lavorare a una soluzione del problema. Per una volta, tutti assieme.
PeaceReporter - Navi da guerra americane, italiane, russe, cinesi, turche, indiane e persino iraniane, per citarne solo alcune: da qualche mese, il golfo di Aden è diventato decisamente affollato. Merito dei pirati somali, che nell'anno solare in corso hanno assaltato più di cento imbarcazioni, tenendone sotto sequestro ancora una quindicina assieme a circa 250 membri di equipaggi. Per far fronte al problema, grandi nemici come Usa, Iran e Cina saranno disposti a collaborare? Se la risposta sarà positiva, il Golfo potrebbe diventare un'ottima palestra per le relazioni diplomatiche degli anni a venire.
Una nave da guerra britannica nel golfo di AdenGli ultimi Paesi in ordine di tempo a spedire le proprie navi militari per contrastare il fenomeno della pirateria sono state Cina e Iran. La notizia dell'uscita della flotta cinese dai mari asiatici, per la prima volta da secoli, ha fatto storcere il naso a molti stati, timorosi di lasciare a Pechino mano libera sullo scacchiere mondiale. Lo stesso timore che ha accompagnato l'invio, da parte di Teheran, di una nave da guerra militare per contrastare i pirati, che nel 2008 hanno assaltato almeno due imbarcazioni iraniane. Pechino e Teheran non hanno ufficialmente preso parte alla forza multilaterale, autorizzata dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu a utilizzare "ogni mezzo necessario" per proteggere le imbarcazioni che attraversano il Golfo di Aden.
Nonostante ciò, appare improbabile che gli ultimi arrivati non decidano di coordinarsi con gli altri. Numerosi analisti ritengono che l'occasione potrebbe essere propizia soprattutto per la nuova amministrazione americana: Obama, che già in campagna elettorale aveva sottolineato la necessità di dialogare con tutti gli stati, compreso l'Iran, potrebbe infatti sfruttare l'opportunità. Una politica dei piccoli passi, che si concentri sugli aspetti operativi della missione senza spingersi troppo oltre, potrebbe essere un metodo efficace per ristabilire i contatti con Teheran senza turbare l'opinione pubblica americana. E magari un metodo per creare un minimo di fiducia reciproca tra i due contendenti.
Pirati somaliLo stesso discorso può valere per la Cina: più volte sollecitata ad assumersi maggiori responsabilità sullo scacchiere mondiale in conseguenza della sua crescita economica, Pechino ha deciso di entrare in gioco per proteggere il commercio mondiale. Più che il terrorismo, infatti, la pirateria somala sembra essere l'emergenza prioritaria condivisa da tutti i grandi attori internazionali: l'attività dei corsari ha provocato un aumento consistente dei costi di navigazione e minaccia le forniture di greggio tra Medio Oriente ed Europa che transitano via mare. Ottimi motivi per dimenticare, o almeno mettere da parte, i vecchi dissapori, e lavorare a una soluzione del problema. Per una volta, tutti assieme.
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