martedì, marzo 30, 2010
La nostra Monica Cardarelli ci parla del libro edito da Spirali

Ogni uomo è un racconto e la vita di ogni persona è un romanzo. Se questo è vero per ciascuno di noi, lo è ancor di più per quei personaggi come Krzysztof Zanussi che di storie da raccontare nella loro vita ne hanno in abbondanza. Nel libro “Tempo di morire” edito da Spirali, il regista polacco, vincitore del Leone d’Oro al Festival di Venezia e noto al pubblico italiano anche per il film “Da un paese lontano” sulla vita di Giovanni Paolo II, gioca con il suo pubblico nel piacere che è proprio degli artisti: il gusto di raccontare la propria vita che si intreccia inevitabilmente con la propria opera artistica. Perché la vita di Zanussi è stata un susseguirsi di eventi e lavori che lo hanno visto impegnato dal teatro al cinema, dalla lirica alla televisione. “Qualsiasi racconto costituisce un’apertura, un andare incontro all’altro. Ricevere un rifiuto è come essere respinti, perché ogni storia che raccontiamo è una parte di noi. Proprio in questo consisteva e credo consista ancora il cinema d’autore.

In queste pagine Zanussi racconta la sua vita, il suo mondo e il suo percorso artistico nei vari momenti storici attraversati dal suo paese, la Polonia. Spiega in modo semplice e accattivante le scelte che lo hanno portato a decidere di fare un film, le tappe del suo percorso artistico, le motivazioni e le ispirazioni dei temi che ha voluto affrontare e il modo di lavorare, dalla scelta degli attori al rapporto con gli autori, con i produttori. “Fra le sessanta candidature che mi arrivarono, scelsi venti persone e mi si presentò un gruppo straordinariamente interessante. D’altra parte tutti coloro che ho ospitato a casa – saranno ormai alcune centinaia – si sono rivelati persone molto interessanti e non mi pento di quegl’inviti, anche se non è facile ospitare dei perfetti estranei. Spesso mi chiedono perché lo faccio. Me lo chiedo anch’io. Sicuramente sto pagando un debito di gratitudine per gli anni della gioventù, quando viaggiavo per il mondo e gli altri mi davano una mano. Un altro aspetto significativo è il complesso che nutro nei confronti dei russi che sono stati gli occupanti del mio paese e che adesso posso smettere di considerare tali: invitandoli, io mi libero. Con il loro aiuto.”
Attraverso alcune riflessioni e aneddoti sulle riprese dei suoi film, Zanussi ci porta a ripercorrere alcune tappe fondamentali della sua cinematografi,a scorgendone all’orizzonte tutto il lavoro umano e personale che si è svolto. Sembra quasi di stare dietro alla telecamera con lui e, in alcune pagine, di assistere seduti in sala alla proiezione del film sui retroscena della sua esperienza artistica.
“Non so che cosa io rammenti per primo, se il teatro o il cinema. Nei ricordi, specialmente quelli dell’infanzia, il tempo non si dispone a strati, ma al contrario forma turbini aggrovigliati. Nella mia infanzia, uno spartiacque fu la fine della guerra; sicuramente ero stato a teatro anche durante l’occupazione, perché ho ricordi confusi di favole rappresentate su un palcoscenico. (…) Il teatro dei miei ricordi ha lasciato in me un sentimento di devota ammirazione. (…) Restio nell’addentrarmi dietro le quinte, non avrei mai pensato un giorno di cedere alla tentazione di fare regie per il teatro. Eppure avvenne.”
Dalla politica alla diplomazia, dalla religione ai viaggi, dai ricordi familiari fino agli aneddoti sui suoi film, il libro “Tempo di morire” (il titolo prende spunto da una battuta ironica rivolta da Zanussi ad un giovane attore polacco) è un piacevole e interessante percorso nella vita di una persona che ha rappresentato e rappresenta un punto significativo della cinematografia mondiale. “Quando oggi, dopo tanti anni, voglio portare un esempio pregnante del modo di pensare dell’homo sovieticus, familiarmente detto sovok, penso appunto a quell’emblematico divario fra pensiero, sentimento e parole pronunciate.”
Leggere queste pagine è come addentrarsi nel romanzo della vita di Krzysztof Zanussi, scorgere i suoi pensieri e le sue considerazioni e, perciò, ogni pagina è una ulteriore e inaspettata sorpresa “Servendomi della parola scritta, devo partire dalla letteratura, che considero la madre di tutte le arti e davanti alla quale provo un religioso rispetto. (…) Dai brani più remoti che mio padre leggeva a alta voce ogni domenica mattina, fino alle scoperte dell’adolescenza, quando mi venne addosso tutta la grande letteratura contemporanea, spesso letta in forma di manoscritto prima della pubblicazione.”

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