domenica, aprile 25, 2010
I 10 km tra Betlemme e Gerusalemme si snodano, in questi giorni, anche attraverso un percorso che vuole avvicinare, attraverso lo sport, i popoli del Medio Oriente alla pace.

Radio Vaticana - E’ con questo spirito che pellegrini, campioni e gente comune prendono parte alla VII edizione della manifestazione “JPII Games 2010”, intitolata a Giovanni Paolo II e in programma fino al prossimo 28 aprile in Terra Santa. I veri protagonisti di questo evento, promosso dall’Opera Romana Pellegrinaggi e dal Centro Sportivo Italiano, sono i popoli dei Luoghi Santi dove il binomio pellegrinaggio-sport può essere una preziosa leva per promuovere il dialogo. E’ quanto sottolinea, al microfono di Lorenza Frigerio il vice presidente dell’Opera Romana Pellegrinaggi, mons. Liberio Andreatta:



R. – Io penso che sia molto difficile dialogare oggi, soprattutto in quella terra martoriata dove ogni famiglia, ogni persona è stata ferita da drammi, sofferenze, morti e stragi. Abbiamo cercato, quindi, di trovare un elemento che potesse essere da un lato educativo e dall’altro che potesse anche riuscire a risolvere il problema. Abbiamo pensato di investire nelle giovani generazioni. Il pellegrino è messaggero di pace perché non è uno di parte, non si schiera politicamente, economicamente. E’ uno di loro e si reca in Terra Santa per pregare. Lo sport, poi, è l’elemento amato dai giovani. Quindi speriamo che attraverso il pellegrinaggio e lo sport si possa riuscire a far parlare tra loro i giovani - israeliani e palestinesi - per poter costruire tra loro un’amicizia, un rapporto di fiducia e una speranza nel futuro per una pace duratura.


D. – Lo slogan della manifestazione è “Corre la pace in Terra Santa”. Uno degli eventi più significativi è proprio la maratona che si corre tra Gerusalemme e Betlemme. Lei ha ricordi particolari delle precedenti edizioni? R. – Il ricordo più bello è che i giovani, sia palestinesi sia israeliani sia gli italiani che erano venuti, pensavano di partecipare ad una maratona “competitiva”. Quindi si sono allenati e all’inizio il palestinese voleva arrivare prima dell’israeliano, l’israeliano voleva superare l’italiano o il palestinese. Ad un certo punto, però, si sono resi conto che non era una maratona competitiva. Non era importante arrivare prima ma era molto importante arrivare “insieme”, perché per la pace si corre insieme. Quindi, non vince né Israele, né la Palestina, né gli italiani. Non vincono i singoli, ma vince la pace. L’edizione di quest’anno, oltre alla maratona, propone anche altre competizioni sportive, come ricorda Massimo Achini, presidente del Centro Sportivo Italiano, intervistato da Lorenza Frigerio:


R. – Siamo alla settima edizione che mette insieme tradizione e novità che fa venire una gran voglia di sognare. Le sei precedenti edizioni sono state caratterizzate da una maratona-pellegrinaggio:10 km indimenticabili, con partenza da Betlemme e arrivo a Gerusalemme. L’esperienza unica ed incredibile è di veder correre insieme israeliani e palestinesi. Da quest’anno non ci sarà solo la maratona, ma anche una partita di pallavolo, nell’area del check-point a ridosso del Muro. Si tratta di un triangolare con una squadra della Federazione Pallavolo italiana, una squadra della Federazione israeliana e una palestinese. E’ in programma poi un’esibizione di nuoto sincronizzato con rappresentative italiane, israeliane e palestinesi. E’ stato anche predisposto un primo circuito ciclistico intorno all’area del Mar Morto, con un percorso di circa 50 km. L’idea di fondo è quella di allargare sempre di più, negli anni, questa incredibile esperienza a tutte le discipline sportive per testimoniare le potenzialità dello sport come strumento di educazione alla pace.


D. – Questi giochi sono intitolati a Giovanni Paolo II. Perchè?


R. – Era una scelta naturale ed inevitabile. Possiamo ricordare, ad esempio, il Grande Giubileo degli sportivi e le parole rivolte da Giovanni Paolo II a tutti gli sportivi. Ma poi, al di là del Giubileo, questo evento è stato dedicato a Karol Wojtyła per tutta l’attenzione, la sensibilità, la straordinaria passione con cui il Santo Padre ha saputo davvero credere nello sport come strumento di educazione alla vita. Quindi era proprio naturale ed inevitabile che questa bellissima esperienza in Terra Santa fosse intitolata a Giovanni Paolo II.


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