Dal 1995, in Italia, sono più che raddoppiati i divorzi: è il preoccupante dato emerso da un rapporto dell’Istat su separazioni e divorzi. Il destino incerto dei figli e la povertà dei separati sono tra le ferite aperte di questo fenomeno che mette alla prova la famiglia e con essa il tessuto sociale italiano.
RadioVaticana - Nel 1995 si verificavano 158 separazioni e 80 divorzi ogni 1000 matrimoni, nel 2008 si arriva a 286 separazioni e 179 divorzi. È il dato allarmante che emerge dai dati Istat nel rapporto su “Separazioni e divorzi in Italia” relativo al 2008. Anno in cui si sono verificate oltre 84 mila separazioni e 54 mila divorzi. La durata media del matrimonio al momento dell’iscrizione a ruolo del procedimento di separazione – informa il rapporto Istat – risulta pari a 15 anni, 18 anni in media per i divorzi. L’età media alla separazione è di circa 45 anni per i mariti e 41 per le mogli, mentre in caso di divorzio raggiunge rispettivamente 46 e 43 anni. Il 70 % delle separazioni e il 62% dei divorzi hanno riguardato coppie con figli avuti durante la loro unione. Oltre il 78% di separazioni con figli è stata con affido condiviso contro il 19% con affido esclusivo alla madre. Casa, povertà e assistenza tra le piaghe che seguono una separazione. L’associazione dei matrimonialisti rivela che il 25% di chi si rivolge alle mense dei poveri è composto da padri separati che dopo il divorzio vivono in condizioni di indigenza. In molti casi, inoltre, alla separazione si aggiunge la perdita del lavoro. Il 5% delle donne separate con figli a carico si rivolgono ai Centri d’ascolto Caritas.
Per una riflessione sui dati Istat e sulle conseguenze dell’aumento dei divorzi per la società italiana, Alessandro Gisotti ha intervistato Francesco Belletti, presidente del Forum delle Associazioni Familiari:
R. – Il dato va preso molto seriamente. La situazione è oggettivamente grave. La fragilità del legame di coppia, la difficoltà dei giovani – e anche dei meno giovani – di restare insieme per tutta la vita, rimane molto preoccupante. Devo dire, prima ancora che per i figli, credo che dobbiamo rifare un ragionamento su quanto sia una fatica, un dolore, una sofferenza e una ferita per gli adulti che si separano, perché si interrompe un progetto di vita in cui avevano creduto.
D. – C’è, comunque, anche un clima culturale che spinge le coppie quasi a “mollare” alle prime difficoltà …
R. – Sì: la cosa impressionante è la banalizzazione della rottura del legame di coppia, come se non fosse successo niente. L’alta frequenza lo sta rendendo normale, ma è normale soltanto dal punto di vista statistico, mentre invece per la storia di vita delle persone bisognerebbe ridire seriamente che si tratta di una scelta impegnativa: sia la promessa del “per sempre” e, a maggior ragione, la decisione di non restare in questa alleanza.
D. – Chiaramente, poi, separazioni e divorzi hanno ricadute negative su tutto il tessuto sociale italiano …
R. – Incominciano a vedersi, sul fronte internazionale, molti studi sui costi della non-famiglia e sui costi della famiglia che si rompe. Sono costi umani, sono costi economici e anche nel nostro Paese, una delle tipologie di famiglie a rischio di povertà sono proprio le famiglie di separati: da un lato, la madre che resta con i figli, perché gli alimenti vengono pagati in modo irregolare; dall’altro, il marito solo che spesso finisce a mangiare alle mense della Caritas. E’ un allarme sociale, oltre che un problema di percorso di vita e una scelta di valori.
D. – Che cosa si può fare e che cosa propone il Forum delle Famiglie?
R. – Io credo che ci siano due punti fondamentali: il primo, è la preparazione al matrimonio. Prepararsi al matrimonio in modo forte e serio. La Chiesa cattolica ha percorsi di preparazione al matrimonio, quindi dobbiamo inventare dei percorsi che aiutino i giovani a prendere maturità e consapevolezza rispetto a questa scelta di vita. E l’altra è aiutare a risolvere le crisi non scappando, ma restando dentro perché non tutte le fatiche della vita di coppia sono destinate alla rottura. Chi ha un matrimonio che resiste sa benissimo che ha attraversato moltissime crisi, moltissime discussioni, moltissime difficoltà. Ma le difficoltà si attraversano dentro ad un’alleanza e dentro ad una promessa fatta all’inizio di un “per sempre”. Se uno alla prima fatica getta la spugna, ovviamente questo genera la rottura della coppia. Forse i consultori e la mediazione familiare servirebbero prima della separazione, non solamente per aiutare a separarsi: ecco, su questo sia la Chiesa, sia il sociale, i servizi possono fare molto.
RadioVaticana - Nel 1995 si verificavano 158 separazioni e 80 divorzi ogni 1000 matrimoni, nel 2008 si arriva a 286 separazioni e 179 divorzi. È il dato allarmante che emerge dai dati Istat nel rapporto su “Separazioni e divorzi in Italia” relativo al 2008. Anno in cui si sono verificate oltre 84 mila separazioni e 54 mila divorzi. La durata media del matrimonio al momento dell’iscrizione a ruolo del procedimento di separazione – informa il rapporto Istat – risulta pari a 15 anni, 18 anni in media per i divorzi. L’età media alla separazione è di circa 45 anni per i mariti e 41 per le mogli, mentre in caso di divorzio raggiunge rispettivamente 46 e 43 anni. Il 70 % delle separazioni e il 62% dei divorzi hanno riguardato coppie con figli avuti durante la loro unione. Oltre il 78% di separazioni con figli è stata con affido condiviso contro il 19% con affido esclusivo alla madre. Casa, povertà e assistenza tra le piaghe che seguono una separazione. L’associazione dei matrimonialisti rivela che il 25% di chi si rivolge alle mense dei poveri è composto da padri separati che dopo il divorzio vivono in condizioni di indigenza. In molti casi, inoltre, alla separazione si aggiunge la perdita del lavoro. Il 5% delle donne separate con figli a carico si rivolgono ai Centri d’ascolto Caritas.
Per una riflessione sui dati Istat e sulle conseguenze dell’aumento dei divorzi per la società italiana, Alessandro Gisotti ha intervistato Francesco Belletti, presidente del Forum delle Associazioni Familiari:
R. – Il dato va preso molto seriamente. La situazione è oggettivamente grave. La fragilità del legame di coppia, la difficoltà dei giovani – e anche dei meno giovani – di restare insieme per tutta la vita, rimane molto preoccupante. Devo dire, prima ancora che per i figli, credo che dobbiamo rifare un ragionamento su quanto sia una fatica, un dolore, una sofferenza e una ferita per gli adulti che si separano, perché si interrompe un progetto di vita in cui avevano creduto.
D. – C’è, comunque, anche un clima culturale che spinge le coppie quasi a “mollare” alle prime difficoltà …
R. – Sì: la cosa impressionante è la banalizzazione della rottura del legame di coppia, come se non fosse successo niente. L’alta frequenza lo sta rendendo normale, ma è normale soltanto dal punto di vista statistico, mentre invece per la storia di vita delle persone bisognerebbe ridire seriamente che si tratta di una scelta impegnativa: sia la promessa del “per sempre” e, a maggior ragione, la decisione di non restare in questa alleanza.
D. – Chiaramente, poi, separazioni e divorzi hanno ricadute negative su tutto il tessuto sociale italiano …
R. – Incominciano a vedersi, sul fronte internazionale, molti studi sui costi della non-famiglia e sui costi della famiglia che si rompe. Sono costi umani, sono costi economici e anche nel nostro Paese, una delle tipologie di famiglie a rischio di povertà sono proprio le famiglie di separati: da un lato, la madre che resta con i figli, perché gli alimenti vengono pagati in modo irregolare; dall’altro, il marito solo che spesso finisce a mangiare alle mense della Caritas. E’ un allarme sociale, oltre che un problema di percorso di vita e una scelta di valori.
D. – Che cosa si può fare e che cosa propone il Forum delle Famiglie?
R. – Io credo che ci siano due punti fondamentali: il primo, è la preparazione al matrimonio. Prepararsi al matrimonio in modo forte e serio. La Chiesa cattolica ha percorsi di preparazione al matrimonio, quindi dobbiamo inventare dei percorsi che aiutino i giovani a prendere maturità e consapevolezza rispetto a questa scelta di vita. E l’altra è aiutare a risolvere le crisi non scappando, ma restando dentro perché non tutte le fatiche della vita di coppia sono destinate alla rottura. Chi ha un matrimonio che resiste sa benissimo che ha attraversato moltissime crisi, moltissime discussioni, moltissime difficoltà. Ma le difficoltà si attraversano dentro ad un’alleanza e dentro ad una promessa fatta all’inizio di un “per sempre”. Se uno alla prima fatica getta la spugna, ovviamente questo genera la rottura della coppia. Forse i consultori e la mediazione familiare servirebbero prima della separazione, non solamente per aiutare a separarsi: ecco, su questo sia la Chiesa, sia il sociale, i servizi possono fare molto.
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