giovedì, ottobre 07, 2010
Un invito a inquadrare la questione della lotta alla fame nel mondo in una prospettiva etica, che coinvolga la persona nella sua interezza, in modo da combattere la miseria in tutte le sue forme: materiali e spirituali.

Radio Vaticana - Sono stati questi gli argomenti principali dell’intervento dell’osservatore permanente della Santa Sede presso la Fao, mons. Renato Volante, alla 30.ma Conferenza regionale dell’organismo per l’Asia e il Pacifico, che si è conclusa nei giorni scorsi in Corea. La lotta alla fame e alla povertà è un tema particolarmente sentito in quest’area, dove, ha ricordato il presule, si concentra oltre metà della popolazione mondiale. La Santa Sede, all’indomani della chiusura del Vertice sugli Obiettivi di sviluppo del Millennio, ha ribadito la priorità dell’argomento, mettendo in guardia dal pericolo che si accetti una situazione di divario crescente nello sviluppo dei vari Paesi ed evidenziando, contemporaneamente, le iniziative che si stanno realizzando a livello internazionale. La sicurezza alimentare, dunque, deve essere un obiettivo concreto, anche se difficile da raggiungere: entro il 2015, è stato ribadito, dovrà essere dimezzato il numero degli affamati nel mondo. Fra gli strumenti più idonei che si hanno a disposizione, il rappresentante vaticano ha sottolineato lo sviluppo delle aree rurali attraverso l’incremento della produzione agricola: ciò permetterà di far fronte alla carenza di cibo, di ridistribuire le risorse alimentari e, al tempo stesso, di salvaguardare l’ambiente. Per raggiungere questo obiettivo, la strada da seguire consiste nel coniugare le conoscenze e gli usi tradizionali delle società con il progresso scientifico e tecnologico e riconoscere la centralità della persona nei processi decisionali, troppo spesso guidati da sole considerazioni tecniche. A questo proposito, infine, mons. Volante ha ricordato le parole di Benedetto XVI al Vertice mondiale sulla Sicurezza alimentare del novembre 2009: “Per combattere e vincere la fame è essenziale cominciare a ridefinire i concetti e i principi sin qui applicati nelle relazioni internazionali – aveva detto il Papa – solo in nome della comune appartenenza alla famiglia umana universale si può richiedere a ogni popolo e quindi a ogni Paese di essere solidale”. (A cura di Roberta Barbi)


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