domenica, ottobre 10, 2010
Berlusconi: «Siamo là per riportare pace». I dubbi del Pd: «Non si vede il risultato». Frattini: «Serve una fase nuova». La Russa: ritiro entro il 2011.

La notizia dell'ennesimo attentato che ha portato alla morte di militari italiani impegnati nella missione Isaf in Afghanistan ha indotto la politica e non solo a esprimere cordoglio e vicinanza alle famiglie delle vittime. «Condoglianze» sono state espresse dal generale David H. Petraeus che ha aggiunto: «Non dimenticheremo il loro coraggio e altruismo». «Questi soldati - afferma il comandante della missione Isaf in Afghanistan - hanno servito come parte del coraggioso contingente italiano che guida i nostri sforzi nel Comando regionale ovest. Il loro operato coraggioso e altruistico - aggiunge Petraeus - non sarà dimenticato, in un momento in cui abbiamo deciso di sconfiggere quella insorgenza che toglie al popolo afgano sicurezza e stabilità e che vorrebbe fare di questo Paese ancora una volta un rifugio sicuro per i terroristi». «I nostri pensieri e le nostre preghiere - conclude il generale Usa - sono per le famiglie di questi soldati caduti. Condividiamo il loro dolore per questa perdita straziante».

BERLUSCONI - La morte dei 4 militari italiani ha però anche aperto nel nostro Paese, come regolarmente avviene in queste occasioni, nuove riflessioni sulla partecipazione dell'Italia ai contingenti internazionali e sul ruolo delle nostre truppe sul terreno afghano. Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è intervenuto dalla Russia, a margine di un incontro con Putin. «Purtroppo queste tragedie si ripetono spesso e noi ora stiamo lavorando per consegnare il controllo della situazione in questo Paese alle truppe afghane - ha detto il capo del governo italiano -. Noi portiamo il nostro contributo nella soluzione del problema, aiutiamo economicamente e sosteniamo lo sviluppo delle forze armate dell'Afghanistan. Speriamo molto che non sia lontano il tempo in cui la terra afghana avrà la pace».

IL GOVERNO - «Siamo assolutamente impegnati affinché‚ a partire dal prossimo Vertice Nato a Lisbona, a novembre, si possa definire la nuova fase di transizione della strategia internazionale in Afghanistan - ha commentato il ministro degli Esteri, Franco Frattini - e venga accelerata, provincia per provincia, l'assunzione delle responsabilità di sicurezza e controllo del territorio da parte dalle forze afgane». «L'attentato contro i militari italian - ha aggiunto - è un altro esempio dell' altissimo costo umano che siamo costretti a pagare per una missione fondamentale per la nostra sicurezza nazionale».

LA RUSSA: BOMBE SUGLI AEREI - Dotare gli aerei in Afghanistan di bombe? Il ministro della Difesa Ignazio La Russa, dopo aver sempre rifiutato l'idea, tornerà a parlarne con le commissioni parlamentari. «Andrò al più presto davanti alle Commissioni perché voglio che mi confortino in una scelta che ho fatto, o me la facciano cambiare: la scelta che io ho fatto, e me ne assumo la responsabilità, di non dotare i nostri aerei di bombe - ha dichiarato il ministro della Difesa - perché sarebbe al limite della compatibilità con la missione. Ci sarebbe, infatti, la possibilità di colpire anche obiettivi non propriamente diretti a bloccare i terroristi». «Su questo - ha aggiunto - ascolterò le commissioni parlamentari e mi rimetterò alla loro valutazione». «Nella maggioranza non ci sono perplessità. Noi siamo entrati in questa missione con gli organismi internazionali e non ne usciremo mai da soli» ha ribadito La Russa. «L'obiettivo è completare la missione».

«BISOGNA RIFLETTERE» - Il segretario del Partito democratico Pierluigi Bersani ha sottolineato invece che «è ora che l'Italia chieda una vera puntualizzazione della strategia. Bisogna vedere quali sono le prospettive reali in una situazione del genere, una situazione sul campo molto difficile e dalle prospettive incerte». «Bisogna riflettere assieme con gli alleati - ha continuato - su cosa voglia dire questa famosa nuova fase, essendo chiaro che non si può agire fuori dal contesto delle alleanze». Il Pd nutre comunque forti dubbi: «Si può anche morire per la democrazia, per la lotta al terrorismo, per la dignità umana, per la civiltà, ma bisogna essere certi di arrivare al risultato che ci si è prefissati - ha detto ancora Bersani associandosi a Piero Fassino, che aveva espresso queste perplessità parlando all'assemblea del partito - . La politica deve assumersi maggiori responsabilità rispetto alla presenza militare».

«STRATEGIA DI USCITA» - Il presidente del gruppo dell'Idv al Senato, Felice Belisario, è tornato invece a parlare dell'esigenza di una exit strategy: «In questi particolari momenti - ha detto - , senza alcuna ipocrisia, esprimo tutta la mia rabbia per le giovani vite spezzate dalla mancanza di iniziativa internazionale del nostro governo che, nonostante le richieste e le pressioni dell'Idv, non si è attivato per prevedere una strategia d'uscita da quegli scenari che sono di guerra. Al ministro degli Esteri e a quello della Difesa voglio rivolgere solo una domanda: chi e cosa difendiamo in Afghanistan se nel Paese sono in corso trattative tra governo e talebani?». Un riferimento alle rivelazioni del Washington Post secondo cui il presidente afghano Karzai avrebbe avviato un confronto con i leader della guerriglia. Esplicito l'invito di Antonio Di Pietro al governo: «Credo sia giunto il momento che il governo si assuma le proprie responsabilità e richiami immediatamente il nostro contingente. La missione che avrebbe dovuto essere di pace ha cambiato i suoi connotati, trasformandosi in missione di guerra. Non ha più senso nè logica rimanere in Afghanistan in queste condizioni».

«E' IL VIETNAM ITALIANO» - Il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, pensa invece all'Afghanistan come al «Vietnam italiano». «Quella in Afghanistan - ha spiegato - è diventata una guerra infinita, cominciata nel 2001 e che tra poco compirà dieci anni. Sono morti tantissimi soldati e le vittime civili ormai non si contano. Nessun dubbio sfiora chi sostiene la missione sul fatto che ormai questa guerra è diventata solo un'inutile spargimento di sangue? Il Parlamento si riunisca al più presto sull'Afghanistan perchè è necessaria una exit strategy per il ritiro delle truppe italiane da un conflitto che non lascia intravedere una fine». Per Claudio Fava, coordinatore della segreteria nazionale di Sinistra Ecologia Libertà «quella di Farah è una strage annunciata». «Abbiamo immaginato di portare in Afghanistan la pace e abbiamo ricevuto la guerra - ha sottolineato - . Il ritiro dei nostri soldati oggi non è un atto di viltà ma una necessità e una scelta urgente di buon senso».

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