giovedì, dicembre 30, 2010
Il nostro Bartolo Salone ci parla del libro di Angelo Romeo sui nuovi mezzi di comunicazione

Chi ai giorni nostri non utilizza un cellulare o non ha un computer in casa, sfruttando le risorse comunicative che questi mezzi e gli altri derivati della “multimedialità” (quali Iphone, Ipode et similia) mettono a nostra disposizione? E’ innegabile il ruolo che le nuove tecnologie rivestono nell’ambito dei più elementari processi comunicativi, al punto che molti sociologi parlano sovente di “comunicazione mediata dal computer”. Una comunicazione che si avvale di forme di “collegamento” a distanza tra postazioni fisiche collocate in luoghi diversi, le quali danno luogo a sistemi “reticolari” di relazioni in cui le tradizionali nozioni di spazio e di tempo assumono un significato sempre più sfuggevole e relativo. Di siffatte nuove dinamiche comunicative si occupa Angelo Romeo, laureato e dottorando di ricerca in scienze della comunicazione presso la libera università Maria Santissima Assunta (LUMSA) di Roma
, nel suo piccolo, ma intenso, libriccino dal titolo “Lo spazio abitato. Scenario e tecniche della comunicazione in rete”, edito dalle Paoline, ad inaugurazione della nuova collana “Lab Media”, pensata proprio per approfondire le tematiche legate alla diffusione e all’utilizzo dei new media nella società e nel contesto ecclesiale.

Dopo un breve excursus sulla storia di internet e del web, l’autore introduce il concetto di rete o, come amano dire alcuni studiosi, di “cyberspazio”, esaminando caratteristiche e implicazioni sociali e culturali della c. d. “comunicazione in rete”, il tutto attraverso l’ausilio dei più importanti contributi della letteratura specialistica in materia, sia italiana che straniera. 

Particolare attenzione viene riservata agli effetti che l’utilizzo del web e delle sue forme comunicative (chat, blog, social network) produce, oltre che sulla tradizionale percezione dello spazio-tempo, sulla stessa identità personale. Spesso accade, infatti, che i frequentatori di chat e social network costruiscano una “identità fittizia”, registrandosi sotto falso nome ed esibendo qualità psico-somatiche o anche sessuali non corrispondenti a quelle reali. Vi sono perfino social network, come “Second Life”, in cui gli utenti si iscrivono appositamente per giocare a questo strano scambio di ruoli e di identità. Sicché il web, da questo punto di vista, può essere considerato come il più evoluto “laboratorio sociale”, giacché consente agli interessati di incarnare ruoli e vivere situazioni che mai sarebbe possibile sperimentare nel mondo reale.

La rete ha persino rivoluzionato le modalità di accumulazione e di trasmissione del sapere nonché di formazione professionale. Si pensi alla enorme mole di informazioni che circolano quotidianamente su internet e che è possibile reperire con un semplice click o inserendo una parola chiave nei motori di ricerca; si pensi ai corsi on-line di preparazione ad esami o a concorsi e alle diverse tipologie di “e-learning”; si pensi, infine, alle nuove figure professionali sempre più richieste dall’utilizzo delle risorse di rete. Non è quindi solo una cultura che cambia in rapporto ad inedite modalità comunicative, ma grazie al web cambiano anche i sistemi educativi, i canali di trasmissione dei saperi e, adesso, perfino il mondo delle professioni accenna ad assumere una nuova fisionomia.

La rete sembra avere dunque delle influenze “globali” sulla dimensione umana, incidendo sulla scala dei valori, sull’educazione, sulla formazione professionale ed, in ultima analisi, sul concetto stesso di persona. L’accessibilità alle tecnologie di rete determina altresì uno scarto non solo culturale fra le diverse generazioni (essendo evidentemente diverso l’approccio ai new media che le nuove generazioni hanno rispetto alle precedenti), ma anche economico tra gli individui e i popoli, dipendendo sempre più da essa sia il successo personale dei singoli nella vita professionale e lavorativa sia lo sviluppo delle Nazioni. E’ questa la problematica del “digital divide” (o divario digitale) che finisce con l’allontanare ulteriormente, da un punto di vista economico e culturale, i Paesi sviluppati da quelli in via di sviluppo e, nell’ambito di uno stesso Paese, i giovani dai meno giovani. Se da una parte la rete accorcia le distanze e crea omogeneità culturale tra gli individui e i popoli, dall’altra accentua quelle forme di disgregazione economico-sociale e quel divario generazionale che il mondo globalizzato reca con sé.

Un’analisi “a tutto tondo”, dunque, quella di Romeo, il quale con apprezzabile sforzo di sintesi e con un taglio decisamente divulgativo sa mettere in evidenza e spiegare al grande pubblico potenzialità e criticità di quello che oramai può considerarsi un vero e proprio “spazio abitato”, in cui vengono messi costantemente in discussione i consueti modelli culturali e le tradizionali gerarchie sociali.

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