giovedì, gennaio 06, 2011
Misure di sicurezza straordinarie oggi in vari Paesi in vista del Natale ortodosso che, come ha ricordato stamani il papa dopo l’Angelus, le chiese orientali celebreranno domani.

Radio Vaticana - In Particolare, in Egitto stretta sorveglianza della polizia in tutti i luoghi di culto cristiani anche alla luce delle nuove minacce rivolte ieri alla comunità copta da un sito integralista islamico. I sedicenti Mujaheddin hanno lanciato un nuovo preoccupante messaggio, accompagnato da attacchi al Papa, e al presidente Usa Obama e a tutti coloro che hanno condannato l'attacco di capodanno nel quale hanno perso la vita 23 persone. Vigilia di Natale sotto la protezione della polizia anche per i copti di numerosi Paesi europei. Ma quali prospettive si aprono dietro questa escalation di violenze anti cristiane in Egitto, Fausta Speranza ne ha parlato con Guido Olimpio, analista del Corriere della Sera: ascolta

R. – L’attentato di Alessandria d’Egitto è stato ben organizzato, ha fatto molto vittime. E’ stato un vero e proprio complotto, una vera operazione terroristica che fa pensare ad una struttura, ad un’organizzazione eversiva, magari formata da elementi locali ed ispirata dall’esterno, anche se io continuo a pensare che sia una matrice locale.


D. – Matrice locale con quali obiettivi?


R. – Operano diversi gruppi e gruppuscoli che hanno come base il Sinai, ma poi si estendono anche nelle città: sono cellule salafite che hanno ereditato le linee guida di al-Zarkawi, che appunto prevedono l’uccisione delle minoranze - dei cristiani, degli sciiti – perché sanno bene che queste stragi possono innescare dei processi di guerra etnica, di guerra civile. Questi attentati servono proprio ad aumentare l’odio: sperano che ci sia una reazione da parte dei cristiani copti, in modo che poi ci sia una contro risposta.



D. – Quindi, i cristiani sono colpiti in quanto minoranza?



R. – Certo, a seconda dei teatri cambia l’obiettivo. Abbiamo visto che all’inizio in Iraq hanno cominciato a colpire gli sciiti, perché l’entità sciita è fortissima ed è molto più ampia di quella cristiana; dopo di che, sempre in Iraq, sono passati ai cristiani, colpiti in maniera violenta, durissima negli ultimi tempi; e adesso lo stanno facendo in Egitto, dove la minoranza è quella copta. E’ chiaro che con questi attentati mirano ad innescare questo processo devastante.


D. – Che cosa potrà significare, in vista delle presidenziali, questo nuovo stato di tensione?



R. – L’Egitto certamente si è preoccupato in questi anni, dopo essere riuscito a debellare il terrorismo degli anni ’90, di dare un’idea di stabilità. Invece, questi attacchi, queste morti e le stragi, indubbiamente minano la stabilità del Paese, offrono un’immagine totalmente negativa, si prestano a pressioni internazionali, cosa che il governo e le autorità non vogliono. I terroristi raggiungono un doppio scopo: colpiscono i loro avversari, che in questo caso sono i copti, ma al tempo stesso minano la stabilità del Paese e colpiscono – tra l’altro – anche un altro settore molto importante, che è quello del turismo. In questo modo, l’Egitto viene scosso. Io ritengo che, se dovessero continuare gli attacchi, ci saranno forti conseguenze sullo scenario politico.



D. – Per un Paese che dal 1981 è governato dalla stessa persona, le recenti elezioni legislative e la prospettiva, tra qualche mese, di elezioni presidenziali, che cosa sta cambiando? In che modo l’Egitto sta cambiando o può cambiare?


R. – Diciamo che cambia a piccoli passi, perché noi vediamo che la famiglia Mubarak cerca di essere sempre al potere. E’ chiaro che le violenze non aiutano i progetti di Mubarak e quindi ora dovrà trovare un nuovo assestamento, una nuova linea e contrastare, da una parte la violenza, e al tempo stesso cercare di evitare di soffocare ancora di più quelle poche voci libere che si levano nel Paese. Non dimentichiamo che la repressione non si rivolge soltanto contro i gruppi islamisti o islamici, ma si manifesta anche contro chiunque contesti l’apparato del potere. Quindi, l’immagine dell’Egitto, per quanto riguarda la democrazia, non è certo un’immagine completamente pulita, anzi ci sono molte ombre. E dovranno cercare di trovare, dunque, una mediazione, cosa non facile quando si è sotto la pressione della violenza. (ap)

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