Non soltanto vittime e rischio nucleare: il devastante terremoto e lo tsunami conseguente che hanno colpito nei giorni scorsi il Giappone hanno provocato anche un’ondata di solidarietà nei confronti di un Paese che, in Asia, è stato sempre visto quanto meno con sospetto.
Radio Vaticano - Cina e Corea del Sud, storici oppositori di Tokyo, ma anche le nazioni più vicine all’arcipelago, hanno infatti inviato condoglianze e aiuti umanitari alla popolazione e al governo nipponico. In prima fila ci sono i cattolici sudcoreani e le organizzazioni religiose di Seoul. Il 12 marzo scorso l’arcivescovo di Seoul, cardinale Nicholas Cheong Jin-suk, ha inviato un messaggio a tutti i fedeli e a tutte le parrocchie chiedendo di pregare per la sopravvivenza delle persone scomparse e ha invitato le squadre di soccorso “a lavorare con la massima velocità possibile” per salvare il maggior numero di vite umane. Il porporato ha anche promesso 50mila dollari in aiuti da inviare ai sopravvissuti. Il gesto forse più significativo, tuttavia, l’ha compiuto il presidente della Caritas coreana mons. Lazzaro You Heung-sik. Il vescovo di Daejeon ha infatti chiesto ai fedeli e ai coreani tutti di “dimenticare l’animosità storica che contrappone Corea e Giappone” e ha chiesto a tutti di “pregare con cuore sincero per le vittime e per i sopravvissuti del peggior terremoto che abbia mai colpito il Sol Levante”. In un messaggio a tutti gli operatori Caritas della Corea, mons. You scrive: “Il Giappone è senza dubbio il Paese di cui abbiamo il ricordo peggiore. Ma noi siamo cattolici, crediamo in Dio e nella Sua parola, e per questo dobbiamo pregare, aiutare ed amare i nostri fratelli”. In conclusione, il presule invita tutti coloro che sono in grado di partire ad andare “e fare tutto quello che è in nostro potere per aiutare, con amore”. In termini pratici, la Caritas donerà subito 100mila dollari per i primi soccorsi. Il presidente della Conferenza episcopale coreana, mons. Pietro Kang U-il, ha inviato un messaggio al suo confratello mons. Ikenaga Jun, presidente della Conferenza giapponese per esprimere “solidarietà attraverso ogni forma possibile di assistenza” alle vittime. La Conferenza coreana, inoltre, ha invitato ufficialmente le 16 diocesi coreane a raccogliere fondi da inviare in Giappone. Lo spirito di solidarietà espresso dai vescovi è stato colto molto bene dai fedeli, che su alcuni siti internet inviano messaggi per il popolo giapponese. Fra questi si legge “Giappone, ce la puoi fare”; “Così vicini, ma così lontani… Non importa, siamo una famiglia unica su questa Terra”; “Siamo vicini, e i vicini si aiutano quando si presenta il momento del bisogno”. Anche le denominazioni cristiane si sono unite allo sforzo. Il Consiglio nazionale delle chiese di Corea, tramite il reverendo Kim Young-ju, ha scritto: “Siamo sicuri che i giapponesi riusciranno anche questa volta a superare questa tremenda prova”. Da parte sua, il Consiglio protestante cristiano di Corea ha chiesto ai fedeli di fare donazioni e di pregare per la rapida ripresa dell’area colpita dal terremoto. (R.P.)
Radio Vaticano - Cina e Corea del Sud, storici oppositori di Tokyo, ma anche le nazioni più vicine all’arcipelago, hanno infatti inviato condoglianze e aiuti umanitari alla popolazione e al governo nipponico. In prima fila ci sono i cattolici sudcoreani e le organizzazioni religiose di Seoul. Il 12 marzo scorso l’arcivescovo di Seoul, cardinale Nicholas Cheong Jin-suk, ha inviato un messaggio a tutti i fedeli e a tutte le parrocchie chiedendo di pregare per la sopravvivenza delle persone scomparse e ha invitato le squadre di soccorso “a lavorare con la massima velocità possibile” per salvare il maggior numero di vite umane. Il porporato ha anche promesso 50mila dollari in aiuti da inviare ai sopravvissuti. Il gesto forse più significativo, tuttavia, l’ha compiuto il presidente della Caritas coreana mons. Lazzaro You Heung-sik. Il vescovo di Daejeon ha infatti chiesto ai fedeli e ai coreani tutti di “dimenticare l’animosità storica che contrappone Corea e Giappone” e ha chiesto a tutti di “pregare con cuore sincero per le vittime e per i sopravvissuti del peggior terremoto che abbia mai colpito il Sol Levante”. In un messaggio a tutti gli operatori Caritas della Corea, mons. You scrive: “Il Giappone è senza dubbio il Paese di cui abbiamo il ricordo peggiore. Ma noi siamo cattolici, crediamo in Dio e nella Sua parola, e per questo dobbiamo pregare, aiutare ed amare i nostri fratelli”. In conclusione, il presule invita tutti coloro che sono in grado di partire ad andare “e fare tutto quello che è in nostro potere per aiutare, con amore”. In termini pratici, la Caritas donerà subito 100mila dollari per i primi soccorsi. Il presidente della Conferenza episcopale coreana, mons. Pietro Kang U-il, ha inviato un messaggio al suo confratello mons. Ikenaga Jun, presidente della Conferenza giapponese per esprimere “solidarietà attraverso ogni forma possibile di assistenza” alle vittime. La Conferenza coreana, inoltre, ha invitato ufficialmente le 16 diocesi coreane a raccogliere fondi da inviare in Giappone. Lo spirito di solidarietà espresso dai vescovi è stato colto molto bene dai fedeli, che su alcuni siti internet inviano messaggi per il popolo giapponese. Fra questi si legge “Giappone, ce la puoi fare”; “Così vicini, ma così lontani… Non importa, siamo una famiglia unica su questa Terra”; “Siamo vicini, e i vicini si aiutano quando si presenta il momento del bisogno”. Anche le denominazioni cristiane si sono unite allo sforzo. Il Consiglio nazionale delle chiese di Corea, tramite il reverendo Kim Young-ju, ha scritto: “Siamo sicuri che i giapponesi riusciranno anche questa volta a superare questa tremenda prova”. Da parte sua, il Consiglio protestante cristiano di Corea ha chiesto ai fedeli di fare donazioni e di pregare per la rapida ripresa dell’area colpita dal terremoto. (R.P.)
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