Il 10 marzo 2011 il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al disegno di legge costituzionale per la riforma della giustizia. Si tratta di una svolta epocale, che mira ad aumentare le garanzie di tutela dei diritti dei cittadini.
In data 10 marzo 2011 è arrivato il via libera del Consiglio dei Ministri al disegno di legge costituzionale per la riforma della giustizia, dopo il benestare del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a seguito di un incontro che si è tenuto nella stesa giornata con il Ministro della Giustizia Angelino Alfano. Poiché si tratta di una riforma costituzionale, per poter essere approvata occorre una doppia votazione in ogni singola camera con almeno i due terzi dei consensi per scrutinio; per tali motivi, il Presidente Napolitano ha invitato il Guardasigilli Alfano ad allargare al massimo il tavolo delle trattative ed a coinvolgere anche la Magistratura. Nel caso i due terzi dei consensi non fossero raggiunti, si renderà necessario un referendum popolare confermativo.
Tale riforma, approvata all’unanimità dal Consiglio dei Ministri, prevede che i magistrati siano direttamente responsabili, tanto in sede civile quanto in sede penale, degli atti compiuti, nell’esercizio delle loro funzioni, che violino i diritti dei cittadini, al pari di qualsiasi altro dipendente o funzionario della pubblica amministrazione.
Con tale epocale riforma, ogni cittadino italiano potrà quindi essere risarcito di un’eventuale violazione di un proprio diritto direttamente dal magistrato, diversamente da quanto accade adesso allorché il soggetto passivamente legittimato per il risarcimento è esclusivamente lo Stato Italiano.
Il disegno di legge prevede, inoltre, la separazione delle carriere tra la magistratura inquirente e giudicante per realizzare una effettiva “parità tra accusa e difesa” sopra alle quali si erge il giudice, oltre alla divisione in due separate sezioni del Consiglio Superiore della Magistratura, rispettivamente una per i giudici e l’altra per i PM, entrambe presiedute dal Capo dello Stato.
Le due sezioni, peraltro, non potranno aderire ad atti di indirizzo politico.
La riforma in questione non riguarderà i processi già in corso, ma solo quelli che iniziano a partire alla data della sua entrata in vigore.
Autore della pubblicazione:
Luca Bartoli
In data 10 marzo 2011 è arrivato il via libera del Consiglio dei Ministri al disegno di legge costituzionale per la riforma della giustizia, dopo il benestare del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a seguito di un incontro che si è tenuto nella stesa giornata con il Ministro della Giustizia Angelino Alfano. Poiché si tratta di una riforma costituzionale, per poter essere approvata occorre una doppia votazione in ogni singola camera con almeno i due terzi dei consensi per scrutinio; per tali motivi, il Presidente Napolitano ha invitato il Guardasigilli Alfano ad allargare al massimo il tavolo delle trattative ed a coinvolgere anche la Magistratura. Nel caso i due terzi dei consensi non fossero raggiunti, si renderà necessario un referendum popolare confermativo.
Tale riforma, approvata all’unanimità dal Consiglio dei Ministri, prevede che i magistrati siano direttamente responsabili, tanto in sede civile quanto in sede penale, degli atti compiuti, nell’esercizio delle loro funzioni, che violino i diritti dei cittadini, al pari di qualsiasi altro dipendente o funzionario della pubblica amministrazione.
Con tale epocale riforma, ogni cittadino italiano potrà quindi essere risarcito di un’eventuale violazione di un proprio diritto direttamente dal magistrato, diversamente da quanto accade adesso allorché il soggetto passivamente legittimato per il risarcimento è esclusivamente lo Stato Italiano.
Il disegno di legge prevede, inoltre, la separazione delle carriere tra la magistratura inquirente e giudicante per realizzare una effettiva “parità tra accusa e difesa” sopra alle quali si erge il giudice, oltre alla divisione in due separate sezioni del Consiglio Superiore della Magistratura, rispettivamente una per i giudici e l’altra per i PM, entrambe presiedute dal Capo dello Stato.
Le due sezioni, peraltro, non potranno aderire ad atti di indirizzo politico.
La riforma in questione non riguarderà i processi già in corso, ma solo quelli che iniziano a partire alla data della sua entrata in vigore.
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Luca Bartoli
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