martedì, marzo 29, 2011
La quinta International marine debris conference che si è tenuta ad Honolulu, alle Hawaii, organizzata dalla National oceanic and atmospheric administration Usa (Noaa) e dall'United Nations environment programme (Unep) ha riunito rappresentanti di governi, grandi imprese e ricercatori di 35 Paesi che ha preso una serie di nuovi impegni e avviato partnership riguardanti l'inquinamento da rifiuti dei mari e degli oceani del pianeta.

GreenReport - «Nonostante gli sforzi sviluppati negli ultimi decenni per prevenire e ridurre l'inquinamento marino da rifiuti come gli imballaggi di plastica, le reti da pesca abbandonate o rifiuti industriali o domestici, il problema continua a crescere - sottolinea l'Unep - La mancanza di coordinamento tra i programmi mondiali e regionali di gestione dell'inquinamenti marino, le lacune nell'applicazione delle regole internazionali e nazionali esistenti ed i modi di produzione e consumo sono all'origine dell'aggravamento di questo problema».
Si pensa che negli oceani finiscano ogni anno più di 6,4 milioni di tonnellate di rifiuti. Secondo l'Onu, almeno 267 specie marine nel mondo hanno problemi per l'ingestione di rifiuti marini, tra queste l'86% delle specie di tartarughe marine, il 44% di tutte le specie di uccelli martini e il 43% di tutte le specie di mammiferi marini. Sta crescendo anche la preoccupazione per il potenziale impatto sulla salute umana dei rifiuti marini che contengono sostanze tossiche. In particolare la "micro-plastica", frutto della disgregazione dei materiali plastici, può provocare accumuli di sostanze contaminanti e cancerogene o che presentano rischio per il sistema riproduttivo o altri rischi sanitari. Inoltre, i rifiuti accumulati sulle spiagge e le coste possono avere un notevole impatto economico sulle comunità che dipendono dal turismo.

Uno dei principali risultati della conferenza delle Hawaii è l'adozione del "The Honolulu Commitment", una dichiarazione finale che propone un approccio intersettoriale per ridurre i rifiuti marini e i danni che causano agli habitat marini ed alla biodiversità ed all'economia ed alla salute umana. Per migliorare la gestione dei rifiuti in tutto il mondo, la dichiarazione di Honolulu incoraggia a «Condividere le soluzioni tecniche e giuridiche basate sul mercato, al fine di ridurre la quantità dei rifiuti marini e di migliorare la comprensione locale e regionale dell'impatto del problema.

Il direttore dell'Unep, Achim Steiner, ha detto in un messaggio inviato ai delegati che «I rifiuti marini sono un sintomo della nostra società dello spreco e del nostro modo di utilizzare le nostre risorse naturali. Colpisce tutti I Paesi e tutti gli oceani, e ci mostra in maniera molto visibile, mentre gli Stati si preparano al summit della Terra di Rio del 2012, l'urgenza di incamminarsi verso un'economia verde, caratterizzata da basse emissioni di carbonio e da una gestione efficace delle risorse economiche. L'impatto dei rifiuti marini sulla flora e la fauna degli oceani è un problema che dobbiamo affrontare oggi con molta più rapidità. Tuttavia, una comunità o un Paese che agiscono isolatamente non costituiscono una risposta. Dobbiamo affrontare collettivamente in rifiuti marini, andando al di là delle frontiere dei Paesi e coinvolgendo il settore privato che ha un ruolo essenziale da svolgere, tanto nella riduzione dei tipi di rifiuti suscettibili di finire negli oceani del mondo, che per la ricerca di nuovi materiali. E' riunendo tutti questi protagonisti che potrà essere fatta la vera differenza».

Secondo l'Unep gli elementi della dichiarazione finale di Honolulu «Costituiscono la prima tappa dello sviluppo di una piattaforma mondiale per la prevenzione, la riduzione e la gestione dei rifiuti marini». La bozza della "Strategia di Honolulu", che deve ancora essere completata dai partecipanti all'nternational marine debris conference, ha l'obiettivo di fornire un quadro strategico per coordinare dei piani di azione destinati a ridurre e gestire i rifiuti marini a livello mondiale e stabilisce un quadro di riferimento per ridurre l'impatto dei rifiuti marini nel corso dei prossimi 10 anni, da raggiungere «Attraverso l'azione collettiva di soggetti impegnati a livello globale, regionale, nazionale, locale e individuale».

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