giovedì, marzo 17, 2011
del nostro redattore Stefano Buso

Sono trascorsi 25 anni dal disastro di Chernobyl avvenuto il 26 aprile del 1986. Chernobyl è una piccola città ucraina che a quel tempo faceva parte dell'Unione Sovietica. Inizialmente le proporzioni del disastro non furono ben quantificate in Occidente a causa della censura attuata dal regime sovietico. Durante la guerra fredda, infatti, palesare segni di debolezza agli occhi del nemico era inequivocabile segno di difficoltà. Tuttavia, col passare dei giorni, ci si rese conto che il sole anomalo che illuminava la fredda primavera sovietica celava il più temibile degli incubi: lo spettro nucleare. A causa del disastro morirono molte persone; quasi subito, tra indescrivibili sofferenze, i pompieri, i tecnici e altre maestranze accorse sul posto per spegnere a mani nude le fiamme della centrale. Un po’ per volta, e nelle settimane successive, perirono soldati, poliziotti, manovali, volontari e altro personale impiegato per creare il cosiddetto “sarcofago”. Un intero esercito di coraggiosi che qualcuno battezzò con il nome di “liquidatori”. E tra le vittime non mancheranno civili inermi e indifesi, tra cui molti fanciulli. Nei fatti, i lavori di sepoltura e controllo della centrale ucraina continuarono fino al 1989.

Il resto è storia, e come ogni capitolo di cronaca è soggetta ad analisi e considerazioni tardive, spesso oziose. Le prime furono soprattutto di critica aspra nei confronti delle centrali nucleari. Meglio, del rischio concreto indotto dalle stesse. La comunità internazionale sembrò far tesoro del disastro della centrale russa e dei morti che essa causò. Da allora i sostenitori del nucleare hanno affermato che le centrali atomiche sono diventate più moderne e sicure. Nondimeno i disastri avvenuti in Giappone negli ultimi dieci anni, e in modo particolare l’ultimo di Fukushima, riaccendono dubbi e polemiche in tutto il mondo, e sempre sulla stessa questione: nucleare sì o no?
Va ricordato per dover di cronaca che nel settembre del 1999 presso l'impianto nucleare di Tokaimura, a nord est di Tokyo, ci fu uno spaventoso incidente. Più lieve di quello avvenuto in questi giorni a Fukushima ma in ogni caso davvero molto serio. Quella volta si parlò di una serie di sfortunati eventi non controllabili. In merito all’incidente dell’altro giorno si è subito detto che la causa è stato il terremoto. Su questo non vi sono dubbi, tuttavia l’uomo della strada s’interroga sulla vulnerabilità delle centrali nucleari, sia quelle obsolete sia quelle più recenti. Tanti incidenti nel giro di poco più di vent’anni sono troppi per parlare d’eventi casuali. E poco importa se l’errore è umano o causato da un movimento tellurico piuttosto che da un attacco terroristico. Sono invece assodate l’instabilità di questi plessi energetici e la possibilità che in caso di incidente diventino presidi di una pericolosità non calcolabile.

Un altro aspetto ben descritto dalla cronaca di queste ore è il disastro biblico subito dalla nazione nipponica. Il sisma ha piegato il Giappone (o una buona parte) e le radiazioni renderanno la vita di questo sfortunato popolo un vero inferno per i prossimi decenni.

Le nuove energie sono necessarie e auspicabili dinnanzi alle continue impennate di petrolio e del carbone. Il nucleare è un’opportunità concreta che non può essere liquidata con leggerezza o con una posizione avversa a prescindere. Cosa però certa è l’evidente insicurezza di una buona parte delle centrali atomiche operative e le incalcolabili conseguenze che deriverebbero da un qualsiasi incidente. Una partita aperta quella tra genere umano ed energia nucleare – dove, allo stato attuale, siamo in evidente svantaggio…

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