Le fonti pulite costano per gli incentivi erogati, ma con il loro contributo crescente sta consentendo di abbassare il costo dell'elettricità, tanto che potrebbero far risparmiare alla collettività 660 milioni di euro al 2013, oltre a garantire sicurezza di approvvigionamento. Il problema è che danneggiano alcuni interessi.
di Giulio Meneghello
Qualenergia - Le energie rinnovabili non sono un fardello per il sistema energetico italiano ma portano grandi benefici. Oltre al risparmio sui combustibili fossili e sulle emissioni il loro crescente contributo sta tenendo bassi i prezzi dell'elettricità: al 2013 taglierebbero il Prezzo Unico Nazionale di circa 1,9 euro per MWh favorendo un risparmio di 660 milioni di euro. È uno dei dati interessanti portati da Giuseppe Artizzu e Carlo Durante nel presentare un recente studio realizzato da Aper, l'associazione dei produttori di rinnovabili, assieme a Pöyry Management Consulting (vedi sintesi in allegato).
Diminuire il peso delle rinnovabili in bolletta, come sappiamo, è stata la motivazione addotta dal Ministro Romani ai tagli agli incentivi introdotti con il decreto di recepimento della direttiva. Occorre, aveva detto il Ministro nell'annunciare il provvedimento, “ridurre il costo dell’energia per aziende e cittadini, che oggi si attesta a circa +30% rispetto agli altri paesi europei”. Gli aiuti alle rinnovabili, come indicato anche dalla Comunità europea, infatti devono venire dalle bollette e non dalla fiscalità generale e sulle nostre iniziano ad avere un certo peso. L'ultimo allarme lo ha dato l'Autorità per l'Energia: nel 2010 gli oneri in bolletta destinati a supportare le fonti pulite sono stati 2,7 miliardi di euro, se il fotovoltaico e le altre continueranno a crescere così (“rischio” sventato dal decreto), la cifra nel 2011 potrebbe arrivare a 4,8 miliardi. Che questo carico non sia un peso morto su queste pagine lo abbiamo scritto più volte: produce occupazione, ricchezza e dunque entrate fiscali, vantaggi ambientali e sanitari e potrebbe evitarci le sanzioni che spettano al nostro paese nel caso non rispetti gli impegni in materia di energie pulite ed emissioni.
Il contributo delle rinnovabili al Sistema Paese però va oltre. Diamo un'occhiata ai dati che Artizzu e Durante illustrano a Qualenergia.it. A spaventare l'Autorità è stato soprattutto il grande sviluppo del fotovoltaico; si è parlato di 7mila MW installati (dato ritenuto esagerato da alcune associazioni). “Tenendolo per buono - spiegano i due esperti - farebbero 8,5 TWh annui sicuri per 25 anni, cioè il consumo di oltre 2,5 milioni di famiglie, ossia il 2,5% del fabbisogno annuo di elettricità, il 5,5% della produzione termoelettrica a gas. E ancora, una volta e mezzo l'incremento dei consumi elettrici nazionali del 2010; l'equivalente di una centrale nucleare di oltre 1.000 MW oppure 1,7 miliardi di metri cubi di gas risparmiati ossia il 2% del nostro fabbisogno, il 18% delle importazioni perse dalla Libia o il 7% di quelle vulnerabili dall'Algeria.
Insomma, è come come scoprire un giacimento di gas un po' caro, ma pari al 65% delle riserve nazionali, il 20% in più dell'incremento delle riserve certe di Eni nel 2010, in tutto il mondo. In un concetto, nel 2010 fotovoltaico ha contribuito più di una major alla sicurezza energetica.”
Un contributo che sta già facendo sentire i suoi benefici sul sistema elettrico: già durante l'inverno, stimando 4mila megawatt installati, il fotovoltaico ha tagliato il picco del fabbisogno elettrico fra l'1 e il 2%. Adesso siamo al 3-4%, e in estate la percentuale ovviamente salirà. Chiaro allora l'impatto sul prezzo dell'elettricità che è fissato dal prezzo dell'impianto marginale (fonti come eolico e FV hanno costi marginali nulli, le biomasse relativamente bassi). “Se un paio di punti percentuali già contano, una manciata muta gli equilibri.” spiegano i due studiosi. “In uno scenario pre-decreto con ipotesi di laboratorio dove tutti si comportano da bravi ragazzi e il potere di mercato non esiste, le rinnovabili (al 2013, ndr) taglierebbero il Prezzo Unico Nazionale di circa 1,9 euro per MWh: cioè 660 milioni di euro di meno in bolletta. Per gran parte dovuti al fotovoltaico.” Le fonti pulite, si legge nello studio, restituirebbero tramite il risparmio che consentono sul costo dell'energia, un 20% di quel che costano come incentivazione, che andrebbe sommato agli altri benefici economici e ambientali.
Le rinnovabili possono essere allora usate per contenere il caro energia? “L'impennata del petrolio nel 2008 determinò, in un anno, una crescita della fattura energetica italiana dello 0,8% del Pil; dal 2010 siamo sullo stesso pericoloso sentiero, dopo la pausa del 2009 effetto della crisi finanziaria. Basta una Libia qualunque a metterci paura, un'Algeria a terrorizzarci. Stiamo trasferendo ricchezza ai Paesi esportatori, mentre il sostegno alle rinnovabili è, per parte rilevante, una redistribuzione interna di risorse (senza perdita di reddito disponibile, base imponibile, impatto di bilancia dei pagamenti). Insomma, o incentiviamo regimi autocratici, che mostrano ogni giorno la loro fragilità, oppure la nostra indipendenza. Costa di più, ma magari ne vale la pena.”
Una visione diametralmente opposta a quella che ha animato il decreto, dietro cui Durante e Artizzu vedono “nessun complotto, ma attenta gestione dell'esistente: delle riserve di oligopolio nel mercato elettrico, delle rendite, dell'equilibrio nel mercato del gas già minacciato da troppi rigassificatori”.
I settori che sarebbero danneggiati dal ruolo crescente delle rinnovabili? “I turbogas prima di tutto: il solare nelle ore di picco della domanda ne aggredisce la quota di mercato. Il parco convenzionale in alcuni mercati zonali, dove i colli di bottiglia della rete trattengono sacche di oligopolio, è spiazzato dalle rinnovabili che riducono lo spazio per comportamenti collusivi. Carbone e grande idroelettrico (domani il nucleare) vedono ridursi la rendita, visto che il solare abbatte il prezzo della domanda di picco. E ancora, a monte, i contratti gas take-or-pay di lungo termine sono sotto pressione da una concorrenza mai osservata prima.”
di Giulio Meneghello
Qualenergia - Le energie rinnovabili non sono un fardello per il sistema energetico italiano ma portano grandi benefici. Oltre al risparmio sui combustibili fossili e sulle emissioni il loro crescente contributo sta tenendo bassi i prezzi dell'elettricità: al 2013 taglierebbero il Prezzo Unico Nazionale di circa 1,9 euro per MWh favorendo un risparmio di 660 milioni di euro. È uno dei dati interessanti portati da Giuseppe Artizzu e Carlo Durante nel presentare un recente studio realizzato da Aper, l'associazione dei produttori di rinnovabili, assieme a Pöyry Management Consulting (vedi sintesi in allegato).
Diminuire il peso delle rinnovabili in bolletta, come sappiamo, è stata la motivazione addotta dal Ministro Romani ai tagli agli incentivi introdotti con il decreto di recepimento della direttiva. Occorre, aveva detto il Ministro nell'annunciare il provvedimento, “ridurre il costo dell’energia per aziende e cittadini, che oggi si attesta a circa +30% rispetto agli altri paesi europei”. Gli aiuti alle rinnovabili, come indicato anche dalla Comunità europea, infatti devono venire dalle bollette e non dalla fiscalità generale e sulle nostre iniziano ad avere un certo peso. L'ultimo allarme lo ha dato l'Autorità per l'Energia: nel 2010 gli oneri in bolletta destinati a supportare le fonti pulite sono stati 2,7 miliardi di euro, se il fotovoltaico e le altre continueranno a crescere così (“rischio” sventato dal decreto), la cifra nel 2011 potrebbe arrivare a 4,8 miliardi. Che questo carico non sia un peso morto su queste pagine lo abbiamo scritto più volte: produce occupazione, ricchezza e dunque entrate fiscali, vantaggi ambientali e sanitari e potrebbe evitarci le sanzioni che spettano al nostro paese nel caso non rispetti gli impegni in materia di energie pulite ed emissioni.
Il contributo delle rinnovabili al Sistema Paese però va oltre. Diamo un'occhiata ai dati che Artizzu e Durante illustrano a Qualenergia.it. A spaventare l'Autorità è stato soprattutto il grande sviluppo del fotovoltaico; si è parlato di 7mila MW installati (dato ritenuto esagerato da alcune associazioni). “Tenendolo per buono - spiegano i due esperti - farebbero 8,5 TWh annui sicuri per 25 anni, cioè il consumo di oltre 2,5 milioni di famiglie, ossia il 2,5% del fabbisogno annuo di elettricità, il 5,5% della produzione termoelettrica a gas. E ancora, una volta e mezzo l'incremento dei consumi elettrici nazionali del 2010; l'equivalente di una centrale nucleare di oltre 1.000 MW oppure 1,7 miliardi di metri cubi di gas risparmiati ossia il 2% del nostro fabbisogno, il 18% delle importazioni perse dalla Libia o il 7% di quelle vulnerabili dall'Algeria.
Insomma, è come come scoprire un giacimento di gas un po' caro, ma pari al 65% delle riserve nazionali, il 20% in più dell'incremento delle riserve certe di Eni nel 2010, in tutto il mondo. In un concetto, nel 2010 fotovoltaico ha contribuito più di una major alla sicurezza energetica.”
Un contributo che sta già facendo sentire i suoi benefici sul sistema elettrico: già durante l'inverno, stimando 4mila megawatt installati, il fotovoltaico ha tagliato il picco del fabbisogno elettrico fra l'1 e il 2%. Adesso siamo al 3-4%, e in estate la percentuale ovviamente salirà. Chiaro allora l'impatto sul prezzo dell'elettricità che è fissato dal prezzo dell'impianto marginale (fonti come eolico e FV hanno costi marginali nulli, le biomasse relativamente bassi). “Se un paio di punti percentuali già contano, una manciata muta gli equilibri.” spiegano i due studiosi. “In uno scenario pre-decreto con ipotesi di laboratorio dove tutti si comportano da bravi ragazzi e il potere di mercato non esiste, le rinnovabili (al 2013, ndr) taglierebbero il Prezzo Unico Nazionale di circa 1,9 euro per MWh: cioè 660 milioni di euro di meno in bolletta. Per gran parte dovuti al fotovoltaico.” Le fonti pulite, si legge nello studio, restituirebbero tramite il risparmio che consentono sul costo dell'energia, un 20% di quel che costano come incentivazione, che andrebbe sommato agli altri benefici economici e ambientali.
Le rinnovabili possono essere allora usate per contenere il caro energia? “L'impennata del petrolio nel 2008 determinò, in un anno, una crescita della fattura energetica italiana dello 0,8% del Pil; dal 2010 siamo sullo stesso pericoloso sentiero, dopo la pausa del 2009 effetto della crisi finanziaria. Basta una Libia qualunque a metterci paura, un'Algeria a terrorizzarci. Stiamo trasferendo ricchezza ai Paesi esportatori, mentre il sostegno alle rinnovabili è, per parte rilevante, una redistribuzione interna di risorse (senza perdita di reddito disponibile, base imponibile, impatto di bilancia dei pagamenti). Insomma, o incentiviamo regimi autocratici, che mostrano ogni giorno la loro fragilità, oppure la nostra indipendenza. Costa di più, ma magari ne vale la pena.”
Una visione diametralmente opposta a quella che ha animato il decreto, dietro cui Durante e Artizzu vedono “nessun complotto, ma attenta gestione dell'esistente: delle riserve di oligopolio nel mercato elettrico, delle rendite, dell'equilibrio nel mercato del gas già minacciato da troppi rigassificatori”.
I settori che sarebbero danneggiati dal ruolo crescente delle rinnovabili? “I turbogas prima di tutto: il solare nelle ore di picco della domanda ne aggredisce la quota di mercato. Il parco convenzionale in alcuni mercati zonali, dove i colli di bottiglia della rete trattengono sacche di oligopolio, è spiazzato dalle rinnovabili che riducono lo spazio per comportamenti collusivi. Carbone e grande idroelettrico (domani il nucleare) vedono ridursi la rendita, visto che il solare abbatte il prezzo della domanda di picco. E ancora, a monte, i contratti gas take-or-pay di lungo termine sono sotto pressione da una concorrenza mai osservata prima.”
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