venerdì, marzo 18, 2011
dalla nostra corrsipondente a Roma Monica Cardarelli

Se nella notte del 16 marzo molti italiani hanno accolto l’invito a partecipare alla Notte Bianca Tricolore di Roma, la giornata della Festa Nazionale ha visto le strade e le piazze del centro gremite e affollate come non mai. I monumenti e numerosi palazzi del centro erano stati illuminati con i colori della bandiera e il tricolore sventolava alle finestre di molte abitazioni e nelle vetrine dei negozi. Nonostante la pioggia, numerosi gli italiani che si sono recati al Quirinale, a Piazza Venezia, al Gianicolo o davanti a Montecitorio in occasione della seduta congiunta delle Camere alla presenza del Capo dello Stato. Numerosi anche alla Santa Messa a Santa Maria degli Angeli, presieduta dal Cardinal Bagnasco. Sì, italiani, non romani, perché per le strade di Roma si udivano accenti diversi, caratteristici di varie regioni italiane.

Queste giornate di festa hanno registrato una grande affluenza anche nelle visite ai palazzi del Senato e della Camera dei Deputati, aperti per la circostanza. Non solo musei, però: anche molte chiese aperte, e poi concerti, bande e fuochi d’artificio. Non solamente cerimonie celebrative ma soprattutto il desiderio di molti di riscoprire quel “forte cemento nazionale unitario", unica "condizione della salvezza comune" come ha detto il Presidente Napolitano nel suo discorso al Parlamento.

In fondo questa festa non è solo nostra ma anche di tutti coloro che ci hanno permesso di giungere fin qui e diventare ciò che siamo. "Nessun impaccio è giustificabile - ha affermato il Presidente Napolitano - nessun impaccio può trattenerci dal manifestare, lo dobbiamo anche a quanti con la bandiera tricolore operano e rischiano la vita nelle missioni internazionali, la nostra fierezza nazionale, il nostro attaccamento alla patria italiana, per tutto quel che di nobile e citale la nostra nazione ha espresso nel corso della sua lunga storia". Ha poi aggiunto: "Potremo tanto meglio manifestare la nostra fierezza nazionale quanto più ciascuno di noi saprà mostrare umiltà nell’assolvere i propri doveri pubblici, nel servire ad ogni livello lo Stato ed i cittadini".

Il Presidente della Repubblica ha concluso il suo discorso alla Camera con un augurio e un incitamento a proseguire e a non perdere la fiducia per ricominciare: "Non so quando e come ciò accadrà, confido che accada; convinciamoci tutti, nel profondo, che questa è ormai la condizione della salvezza comune, del comune progresso. Viva la Repubblica, viva l’Italia unita".


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