Il docente di fisica teorica all’Università dell’Insubria ed esperto di teoria quantistica, Ugo Moschella, ha descritto l’interessante “contro-rivoluzione copernicana”, che vede la scienza riportare sempre più l’uomo al centro dell’universo: questo fenomeno si chiama principio antropico.
Uccr - Il nichilismo ateo di Bertrand Russell lo portò a sostenere che l’enorme e vuota vastità dell’universo è il segno evidente della sua ostilità alla vita. Tuttavia, proprio le conquiste della scienza che sono venute dopo potrebbero invece indicare che le cose stanno diversamente e che l’universo “ama” la vita. Innanzitutto le dimensioni enormi dell’Universo sono state necessarie per lo sviluppo della vita. Infatti, dopo il Big Bang -spiega lo scienziato- gli elementi chimici necessari alla vita non c’erano ancora e si sarebbero formati più tardi all’interno di un’intera generazione di stelle e dispersi per tutto il cosmo. L’intero processo ha richiesto centinaia di milioni di anni e quindi la necessità che l’universo sia molto vecchio e di conseguenza sia molto grande. Ha contato molto anche il ritmo di espansione, che -se fosse stato più lento- avrebbe fatto collassare l’universo su se stesso. Se invece fosse stato più rapido nessuna struttura si sarebbe formata, perché l’espansione avrebbe soltanto diluito e raffreddato il gas cosmico primordiale.
Ma non sarebbe comunque bastato a far emergere la vita. Le leggi della fisica dipendono da un insieme di centinaia di costanti fondamentali della natura, ma il loro valore non è determinato da nulla. La velocità della luce, ad esempio, vale 300mila Km/s ma potrebbe benissimo valere 100 km/h, non c’è nessuna ragione perché abbia un valore rispetto ad un altro. a priori per scegliere un valore o l’altro. Un mistero però si cela dietro a queste costanti: se anche una soltanto di esse avesse un valore leggermente diverso da quello che ha, non potrebbe esserci vita nell’universo. I cosmologi chiamano tutto questo “fine tuning“, cioè “sintonizzazione fine”. Il principio fisico è chiamato: principio antropico. Tutta la struttura cosmica -continua Moschella-interviene in maniera decisiva e al contempo fragilissima affinché la vita possa svilupparsi da qualche parte nell’universo.
Pur essendo nato in ambito scientifico, non si può dire che il principio antropico faccia parte della scienza né come strumento di indagine né come legge della natura. Tuttavia le coincidenze misteriose restano. In molti fanno notare che questo argomento incredibile ha portato a molte conversioni tra gli scienziati. Postulare una fenomeno casuale (seppure in così tanto tempo a disposizione), infatti, non ha più senso di fronte alle migliaia di eventi concatenati assolutamente impossibili e che invece si sono tutti verificati alla perfezione. E’ proprio il progredire della scienza ad eliminare l’ipotesi del “caso” come spiegazione.
Citiamo ad esempio le parole di uno degli scienziati più importanti a livello internazione, Paul Davies. Ebbe a dire: «Siamo di fronte ad un meraviglioso esempio di come la scienza stia ispirando il dibattito teologico in maniera crescente. Secondo la mia opinione, la scoperta che la vita e l’intelletto siano emersi come parte dell’esecuzione naturale delle leggi dell’universo, sarà una forte prova della presenza di uno scopo più profondo nell’esistenza fisica. Poiché è facile immaginare altri universi e altri insiemi di leggi fisiche che non rendano possibile la vita, il fatto che il nostro universo sia così ingegnosamente benevolo verso di essa sarebbe certo un fatto della massima importanza. Invocare un miracolo per spiegare la vita è esattamente quello di cui non c’è bisogno per avere la prova di un scopo divino nell’universo» (dalla conferenza pronunciata a Filadelfia su invito della John Templeton Foundation e diffusa da Meta List on Science and Religion).
Uccr - Il nichilismo ateo di Bertrand Russell lo portò a sostenere che l’enorme e vuota vastità dell’universo è il segno evidente della sua ostilità alla vita. Tuttavia, proprio le conquiste della scienza che sono venute dopo potrebbero invece indicare che le cose stanno diversamente e che l’universo “ama” la vita. Innanzitutto le dimensioni enormi dell’Universo sono state necessarie per lo sviluppo della vita. Infatti, dopo il Big Bang -spiega lo scienziato- gli elementi chimici necessari alla vita non c’erano ancora e si sarebbero formati più tardi all’interno di un’intera generazione di stelle e dispersi per tutto il cosmo. L’intero processo ha richiesto centinaia di milioni di anni e quindi la necessità che l’universo sia molto vecchio e di conseguenza sia molto grande. Ha contato molto anche il ritmo di espansione, che -se fosse stato più lento- avrebbe fatto collassare l’universo su se stesso. Se invece fosse stato più rapido nessuna struttura si sarebbe formata, perché l’espansione avrebbe soltanto diluito e raffreddato il gas cosmico primordiale.
Ma non sarebbe comunque bastato a far emergere la vita. Le leggi della fisica dipendono da un insieme di centinaia di costanti fondamentali della natura, ma il loro valore non è determinato da nulla. La velocità della luce, ad esempio, vale 300mila Km/s ma potrebbe benissimo valere 100 km/h, non c’è nessuna ragione perché abbia un valore rispetto ad un altro. a priori per scegliere un valore o l’altro. Un mistero però si cela dietro a queste costanti: se anche una soltanto di esse avesse un valore leggermente diverso da quello che ha, non potrebbe esserci vita nell’universo. I cosmologi chiamano tutto questo “fine tuning“, cioè “sintonizzazione fine”. Il principio fisico è chiamato: principio antropico. Tutta la struttura cosmica -continua Moschella-interviene in maniera decisiva e al contempo fragilissima affinché la vita possa svilupparsi da qualche parte nell’universo.
Pur essendo nato in ambito scientifico, non si può dire che il principio antropico faccia parte della scienza né come strumento di indagine né come legge della natura. Tuttavia le coincidenze misteriose restano. In molti fanno notare che questo argomento incredibile ha portato a molte conversioni tra gli scienziati. Postulare una fenomeno casuale (seppure in così tanto tempo a disposizione), infatti, non ha più senso di fronte alle migliaia di eventi concatenati assolutamente impossibili e che invece si sono tutti verificati alla perfezione. E’ proprio il progredire della scienza ad eliminare l’ipotesi del “caso” come spiegazione.
Citiamo ad esempio le parole di uno degli scienziati più importanti a livello internazione, Paul Davies. Ebbe a dire: «Siamo di fronte ad un meraviglioso esempio di come la scienza stia ispirando il dibattito teologico in maniera crescente. Secondo la mia opinione, la scoperta che la vita e l’intelletto siano emersi come parte dell’esecuzione naturale delle leggi dell’universo, sarà una forte prova della presenza di uno scopo più profondo nell’esistenza fisica. Poiché è facile immaginare altri universi e altri insiemi di leggi fisiche che non rendano possibile la vita, il fatto che il nostro universo sia così ingegnosamente benevolo verso di essa sarebbe certo un fatto della massima importanza. Invocare un miracolo per spiegare la vita è esattamente quello di cui non c’è bisogno per avere la prova di un scopo divino nell’universo» (dalla conferenza pronunciata a Filadelfia su invito della John Templeton Foundation e diffusa da Meta List on Science and Religion).
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