martedì, aprile 12, 2011
A Lampedusa i migranti rimasti sono un centinaio, una nave ancorata al molo è pronta a imbarcarli per una destinazione ancora ignota, l’isola è stata ripulita e i giorni in cui migliaia di persone di diversi paesi africani si accalcavano per un piatto di pasta sono alle spalle.

Agenzia Misna - E' l’istantanea tracciata da Gianluigi Lopes, responsabile delle comunicazioni di Medici senza frontiere (Msf) raggiunto dalla MISNA sull’isola siciliana divenuta simbolo di speranza per migliaia di migranti africani.
“Certo – aggiunge Lopes – restiamo pronti a qualunque evenienza, non dimentichiamo che durante l’ultimo fine settimana sono arrivate molte imbarcazioni”. Quando i migranti arrivano, Lampedusa lascia la sua veste di località turistica e diventa cartina di tornasole delle crisi e delle situazioni di difficoltà che vive il continente africano. “Arrivano i tunisini per motivi economici – aggiunge Lopes – perché sostengono di non credere alle promesse della rivoluzione che ha portato alla fine del regime di Ben Ali; ma dalla Libia arrivano soprattutto persone originarie del Corno d’Africa, Somalia ed Eritrea in particolare. Sono sfortunati due volte: in fuga dalla guerra e dalla povertà dei rispettivi paesi, sono ora costretti a lasciare la Libia per gli stessi motivi. Negli ultimi giorni è aumentato il numero dei cittadini ivoriani e di quelli del Bangladesh”. I primi hanno lasciato un paese dove solo ieri il confronto tra Alassane Ouattara e Laurent Gbagbo – che rivendicavano entrambi la presidenza – si è concluso con l’arresto di quest’ultimo e comunque con una situazione ancora in evoluzione e incerta; i secondi avevano trovato lavoro in Libia, dove era più facile entrare che non nella ‘fortezza’ europea, e si vedono ora costretti a forzare quella fortezza per salvare almeno la vita. “Questa è Lampedusa” conclude Lopes mentre sull’isola cala la notte e lontane sembrano le polemiche dei governi europei su chi e come accogliere.

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