Libera - Alle quattro del mattino, nel buio ancora della notte che non vuole finire, la tangenziale est di Milano non è quel girone infernale in cui si trasforma durante il resto della giornata. Ecco perché ci vogliono solo poche decine di minuti per andare da un capo all’altro della città. L’appuntamento è nei pressi di piazzale Lotto, dove si ritrovano i furgoni della carovana antimafia e i rappresentanti delle associazioni e dei sindacati che organizzano le tappe in Lombardia. Dopo sei anni, si ritorna nelle piazze di Milano dove, proprio in occasione di una precedente edizione di Carovana, era stato denunciato il moderno caporalato che, nella metropoli milanese, gestiva l’antico mercato delle braccia, riproducendo le condizioni di una nuova schiavitù nei cantieri della città e della regione.
Da piazzale Lotto a piazza Maciachini
Una prima ricognizione fatta da una sola auto misura il vuoto in piazzale Lotto, forse perché nei paraggi si aggira una macchina della guardia di finanza o forse solo perché è ancora presto. Nei pressi del consolato della Romania, due piccoli gruppi di persone si trovano a sostare, ma non si capisce se siano alla ricerca di permessi fuori orario – gli uffici sono stranamente illuminati a quando non sono ancora le cinque e mezzo si intravede dalle finestre aperte sulla strada del personale che si muove nelle stanze – oppure se attendano di essere caricati dai caporali che arrivano con auto e furgoni per portarli nei cantieri di destinazione. Dopo un poco, forse intimoriti dal via vai, spariscono definitivamente dalla nostra vista.
Dopo più di mezz’ora di attesa, di fronte all’assenza di movimenti sospetti e al passaggio in piazza di un paio di volanti della polizia – forse proprio in funzione deterrente per i caporali, ma non ci è dato di saperlo – viene deciso di cambiare destinazione e il grosso della carovana si mette in movimento. Nel frattempo è arrivata anche la troupe del TG Rai regionale e proprio una delle ultime auto, con a bordo alcuni degli organizzatori e il collega della Rai, nello spostarsi incrocia proprio a piazzale Lotto un furgone blu che carica in fretta tre persone, ripartendo a tutta velocità. A nulla serve il tentativo di bloccare il veicolo per parlare con loro e quindi si raggiungono auto e furgoni per arrivare insieme a piazzale Maciachini. È qui che si trova un bar, dove, a detta dei sindacalisti della Cisl e della Cgil, si danno appuntamento i moderni schiavi. Appena arrivati in piazza, sembra che tutto sia tranquillo. Qualche avventore per il primo caffè della giornata, due senza tetto che dormono ancora nei pressi dell’ingresso della metropolitana, ma è calma apparente. Nel giro di un quarto d’ora arrivano alla spicciolata diverse persone, per lo più di etnia nord africana o asiatica. Alcuni sembrano essere lì per caso, ma li tradisce lo zainetto o la più comune borsa di plastica nella quale custodiscono il pranzo della giornata.
Libera la tua libertà
Mentre alcuni di loro iniziano a rispondere alle domande dei giornalisti e dei carovanieri, aiutati da un bravo sindacalista di origine egiziana, parte anche il volantinaggio tra i presenti e i passanti: è stato predisposto, infatti, un volantino che offre informazioni utili ai lavoratori in nero che volessero denunciare gli abusi subiti. Si legge, tra l’altro, nel testo distribuito: «Il lavoro nero, il lavoro senza diritti, senza tutele, senza protezione sociale non solo è da contrastare perché è illegale ed eticamente non corretto, ma a volte è lo strumento per riciclare denaro sporco, per svolgere attività illecite ed è lo strumento usato dalle imprese malavitose per prosperare. Talvolta è anche lo strumento che permette di praticare l’estorsione che è l’ingiusto profitto con altrui danno. Le forme illecite di comportamento costituiscono soprusi a cui le persone più deboli devono sottostare». Da qui l’invito a reagire alle prevaricazioni, al mancato riconoscimento dei diritti: «C’è sempre una linea sottile tra il tacere ed il subire. Rivolgiti a chi ti tutela, non subire». A seguire gli indirizzi delle sedi Fillea Cgil, Filca Cisl e Arci, alle quali poter accedere per avere un supporto e anche l’indicazione dello Sportello SOS Giustizia, aperto da Libera Milano proprio per venire incontro alle nuove domande di giustizia. «Libera la tua libertà. Denuncia chi te la toglie»: è questo lo slogan scelto per la campagna di sensibilizzazione e informazione. Un equipe di esperti volontari è già all’opera dall’inizio dell’anno per risolvere problemi piccoli e grandi che nascono dall’incontro con il complesso mondo della giustizia.
Le cifre della vergogna
Prima timidamente e poi con maggior convinzione, alcuni dei lavoratori che attendono, fuori dal bar di questa piazza centrale di Milano, di essere portati a destinazione, raccontano la loro storia. Nei loro racconti imbarazzati, alcuni sono elementi costanti e altri invece sono delle particolarità: il quadro umano che ne esce è però sconvolgente. Il lavoro è scarsamente retribuito: dai 3 ai 5 euro all’ora, a fronte dei 9, 10 previsti dai contratti collettivi. La chiamata al cantiere per il giorno dopo ormai viene fatta via sms nel pomeriggio precedente e chi non si adegua è fuori. Ci sono mesi in cui si riesce a lavorare anche venti giorni e mesi in cui i giorni lavorati sono al massimo dieci, questo soprattutto in inverno. Inutile lamentarsi per la mancata osservanza della normativa antiinfortunistica o per il rispetto delle scadenze per i pagamenti: essere lavoratori in nero significa essere stranieri nella terra dei diritti, come ripete spesso Don Luigi Ciotti. Il cantiere non è mai lo stesso, se non per pochi giorni. Oggi Milano, domani Como o Varese. Chi si lamenta non verrà più chiamato per qualche giorno, fino a quando non sarà ridotto dalla fame e dal bisogno a più miti consigli. Allora il caporale sarà certo di aver vinto le ultime resistenze.
La maggior parte di loro sono stranieri – non manca qualche italiano che si tiene prudentemente alla larga dall’assembramento che si è creato nel frattempo – e alcuni anche clandestini. Per loro la mancanza di fiducia nei confronti degli italiani è purtroppo la regola, viste le tante umiliazioni e minacce che hanno dovuto subire proprio dai nostri connazionali.
Quando inizia a fare giorno, alcuni di loro se ne vanno a bordo delle auto e dei furgoni che accostano velocemente, per poi ripartire subito, vista l’ingombrante e imprevista presenza della carovana antimafia. Alcuni dei caporali nemmeno si fermano quando vedono le telecamere e i volantini; rallentano e vista la situazione ripartono all’istante. E quelli che dovevano essere prelevati da loro si allontanano di corsa per non vedere la giornata di lavoro andare in fumo. Uno di loro, a telecamere spente, ammette di aver pagato 5.000 euro per un permesso di soggiorno.
E poi la Fiera
Ultima tappa della mattinata per i carovanieri sono i terreni in cui sorgeranno i padiglioni dell’Expo, nei pressi della fiera di Rho. Lo scenario, alle sette e mezza del mattino, è completamente cambiato, sembra più consono alla proverbiale laboriosità meneghina: macchine in colonna, arterie stradali intasate e clacson che suonano all’impazzata.
Quando si arriva davanti alla fiera, in uno dei parcheggi lateral, troviamo casualmente un gruppo di lavoratori in nero che attende ancora l’arrivo del caporale. Quest’ultimo è ancora in ritardo e loro sono ancora lì, casualmente appunto. Parlando con loro, infatti, viene alla luce un’ulteriore dipendenza che hanno nei confronti di chi li sfrutta quotidianamente sul cantiere: è un altro diritto, quello alla casa che diventa oggetto di contrattazione. Uno di loro, infatti, confessa di versare ogni mese al suo caporale 250 euro per l’affitto di un monolocale che divide con altri. Se non avesse il suo sfruttatore, non saprebbe a chi rivolgersi per avere un tetto sotto cui riposare, seppure in qualche modo.
Un colpo di clacson annuncia l’arrivo del furgone; l’uomo alla guida, anche lui straniero, rifiuta il volantino e, dopo aver caricato i quattro uomini, parte lanciando qualche imprecazione. La giornata per lui non è partita bene.
Sono ormai le otto e mezza di una mattina qualunque alla fiera di Rho e arrivano gli espositori con i primi visitatori che, senza troppa convinzione, ritirano il volantino consegnato loro dai sindacati e dalle associazioni.
Forse loro non sono costretti a mendicare ogni giorno il lavoro come favore, sono abituati ad esercitare il proprio diritto ad averlo.
Forse loro non sono mai stati in piazza alle cinque del mattino, in attesa che ti carichi un furgone per portarti dove non vuoi, a lavorare come non avresti mai pensato di fare. A lavorare, con un peso nel cuore per la lontananza dalla tua terra e al collo le catene di una moderna schiavitù, che per quanto siano metaforiche, ti soffocano comunque l’esistenza.
Link:
http://
http://www.libera.it/flex/cm/
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.