I dati del 2010 confermano la crescente riduzione dei giovani sotto i 14 anni e l’aumento di chi ha oltre 60 anni. Oltre 220 milioni di persone vivono e lavorano come migranti. Il Partito Comunista ribadisce la politica del figlio-unico, nonostante le crescenti critiche.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La popolazione cinese si sposta sempre più nelle città ed è sempre più vecchia, secondo i dati del censimento 2010 resi noti oggi dal governo. Il 49,7% degli 1,34 miliardi di abitanti vive ora in città, rispetto al 36% circa di 10 anni fa. Per la prima volta il censimento registra i migranti nella città dove lavorano e vivono, anziché nel villaggio natale dove mantengono la residenza ufficiale. Nel 2010 sono stati contati oltre 220 milioni di migranti, che lavorano lontano da casa per oltre 6 mesi (ma anche per l’intero anno). La forte urbanizzazione è conseguenza delle maggiori possibilità di lavoro e dei migliori servizi sanitari e scolastici assicurati nella città, rispetto alle campagne.
I giovani sotto i 14 anni sono il 16,6% della popolazione, con una diminuzione del 6,3% rispetto al 2000. Il 13,3% della popolazione ha oltre 60 anni, circa il 3% in più rispetto a 10 anni fa.
Il rapido invecchiamento dell’età media fa temere che presto la Cina non sarà più in grado di sostenere la robusta crescita economica degli scorsi 30 anni, fondata in gran parte sul lavoro di migranti nelle fabbriche e nei cantieri edili, dato che un numero sempre minore di giovani dovrà sostenere anche i bisogni dei molti anziani.
Il dato è ritenuto conseguenza diretta della politica del figlio-unico e le abitazioni sono ora occupate in media da famiglie di 3,1 persone, rispetto alle 3,44 persone del 2000. Anche per questo timore, da tempo i media e la popolazione discutono se vada sospesa la politica del figlio-unico, introdotta negli anni ’80 come misura temporanea per controllare la crescita demografica quando lo sviluppo economico era molto inferiore e la povertà assai più diffusa.
Il presidente Hu Jintao, parlando di recente a un incontro dei vertici del Partito Comunista, ha espresso parere favorevole a mantenere l’attuale basso tasso di crescita della popolazione. Peraltro esperti ritengono già “molto significativo” che il problema sia stato anche soltanto affrontato, dato che finora tale politica demografica è sempre stata data per scontata senza bisogno di verifica.
Pechino ritiene che questa politica ha evitato almeno 400 milioni di nascite e favorito la crescita economica e la riduzione della povertà. Tuttavia analisti pensano che ciò ha creato grandi danni alla stessa struttura della famiglia cinese, estesa per tradizione, causando una generazione di figli unici che dovranno occuparsi dei genitori. Problema riconosciuto dallo stesso Hu il quale, secondo l'agenzia Xinhua, il 26 aprile ha ammesso che i servizi di sicurezza sociale e per gli anziani devono essere migliorati.
La politica del figlio unico ha anche favorito aborti selettivi dei feti femminili e ora nascono 6 maschi per ogni 5 bambine. Spesso le autorità l’hanno applicata anche con la violenza, costringendo le donne ad aborti forzati.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La popolazione cinese si sposta sempre più nelle città ed è sempre più vecchia, secondo i dati del censimento 2010 resi noti oggi dal governo. Il 49,7% degli 1,34 miliardi di abitanti vive ora in città, rispetto al 36% circa di 10 anni fa. Per la prima volta il censimento registra i migranti nella città dove lavorano e vivono, anziché nel villaggio natale dove mantengono la residenza ufficiale. Nel 2010 sono stati contati oltre 220 milioni di migranti, che lavorano lontano da casa per oltre 6 mesi (ma anche per l’intero anno). La forte urbanizzazione è conseguenza delle maggiori possibilità di lavoro e dei migliori servizi sanitari e scolastici assicurati nella città, rispetto alle campagne.
I giovani sotto i 14 anni sono il 16,6% della popolazione, con una diminuzione del 6,3% rispetto al 2000. Il 13,3% della popolazione ha oltre 60 anni, circa il 3% in più rispetto a 10 anni fa.
Il rapido invecchiamento dell’età media fa temere che presto la Cina non sarà più in grado di sostenere la robusta crescita economica degli scorsi 30 anni, fondata in gran parte sul lavoro di migranti nelle fabbriche e nei cantieri edili, dato che un numero sempre minore di giovani dovrà sostenere anche i bisogni dei molti anziani.
Il dato è ritenuto conseguenza diretta della politica del figlio-unico e le abitazioni sono ora occupate in media da famiglie di 3,1 persone, rispetto alle 3,44 persone del 2000. Anche per questo timore, da tempo i media e la popolazione discutono se vada sospesa la politica del figlio-unico, introdotta negli anni ’80 come misura temporanea per controllare la crescita demografica quando lo sviluppo economico era molto inferiore e la povertà assai più diffusa.
Il presidente Hu Jintao, parlando di recente a un incontro dei vertici del Partito Comunista, ha espresso parere favorevole a mantenere l’attuale basso tasso di crescita della popolazione. Peraltro esperti ritengono già “molto significativo” che il problema sia stato anche soltanto affrontato, dato che finora tale politica demografica è sempre stata data per scontata senza bisogno di verifica.
Pechino ritiene che questa politica ha evitato almeno 400 milioni di nascite e favorito la crescita economica e la riduzione della povertà. Tuttavia analisti pensano che ciò ha creato grandi danni alla stessa struttura della famiglia cinese, estesa per tradizione, causando una generazione di figli unici che dovranno occuparsi dei genitori. Problema riconosciuto dallo stesso Hu il quale, secondo l'agenzia Xinhua, il 26 aprile ha ammesso che i servizi di sicurezza sociale e per gli anziani devono essere migliorati.
La politica del figlio unico ha anche favorito aborti selettivi dei feti femminili e ora nascono 6 maschi per ogni 5 bambine. Spesso le autorità l’hanno applicata anche con la violenza, costringendo le donne ad aborti forzati.
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