Nel Giappone ferito dai terribili eventi naturali e colpito dal disastro nucleare, si assiste a un forte risveglio religioso: è quanto dice all’Agenzia Fides p. Olmes Milani CS, missionario Scalabriniano brasiliano che vive a Tokyo, attento osservatore della realtà giapponese.
Agenzia Fides - “C’è un evidente ritorno alla preghiera e ai valori spirituali, in una società normalmente considerata materialista e puntata solo sulla produzione e sul profitto” nota il missionario. Secondo i sondaggi – continua – l’86% dei giapponesi non crede a nulla, ma “la catastrofe che ha colpito il paese ha risvegliato le coscienze, i bisogni e i valori spirituali. La gente si ferma a pregare nei santuari buddisti e scintoisti. Tutti pregano: i volontari dell’esercito come le vittime dello tsunami che vengono assistite. Anche nelle nostre chiese cattoliche c’è un afflusso di persone che non sono cattoliche che si fermano in preghiera” racconta p. Olmes. Si fanno strada, rimarca il missionario, “valori come la fraternità e la solidarietà, a fronte dell’individualismo esasperato che domina i rapporti sociali”. Per questo “tutti sono convinti che questa tragedia avrà un forte impatto sulla società nipponica del futuro: i giapponesi saranno più aperti e bendisposti verso gli altri, anche verso gli stranieri”.
“Colpiscono molto, ad esempio – spiega p. Milani – gli aiuti che stanno arrivando da paesi ritenuti ‘ostili’ come la Cina, la Corea del Sud e anche la Corea del Nord, che ha messo a disposizione le sue riserve di acqua. Questo è il bene che può nascere da questa tragedia: imparare a vedere gli altri come fratelli”.
Sul fatto che tale risveglio possa diventare una opportunità di evangelizzazione, il missionario dice a Fides che “la fede cristiana resta sempre, a livello culturale, una religione straniera e dunque sarà difficile superare tale barriera. Ma intanto sta crescendo la cooperazione e la collaborazione fra credenti delle diverse religioni, nella coscienza di contribuire al bene della società”.
Mentre le allarmanti notizie sul disastro nucleare (forse giunto al livello di guardia “7”), “fanno crescere i timori, le ansie, il senso di impotenza e precarietà nella popolazione”, la piccola Chiesa cattolica giapponese (lo 0,7% della popolazione) “trae forza dalla preghiera per la sua missione, si affida alla Provvidenza”. Resta lodevole e molto apprezzato, sottolinea p. Milani, lo sforzo di solidarietà prodotto da tutte le diocesi, per l’accoglienza dei profughi dello tsunami e per il costante sostegno fornito alla Caritas Giappone, impegnata nell’assistenza tramite il con il “Centro di Aiuto” istituito a Sendai. “Vanno ricordati – conclude il missionario – anche tutti gli immigrati che, restando in Giappone a condividere le sorti della nazione, sono stati fra i primi a recarsi come volontari per aiutare le vittime, nelle zone colpite dal disastro”.
Agenzia Fides - “C’è un evidente ritorno alla preghiera e ai valori spirituali, in una società normalmente considerata materialista e puntata solo sulla produzione e sul profitto” nota il missionario. Secondo i sondaggi – continua – l’86% dei giapponesi non crede a nulla, ma “la catastrofe che ha colpito il paese ha risvegliato le coscienze, i bisogni e i valori spirituali. La gente si ferma a pregare nei santuari buddisti e scintoisti. Tutti pregano: i volontari dell’esercito come le vittime dello tsunami che vengono assistite. Anche nelle nostre chiese cattoliche c’è un afflusso di persone che non sono cattoliche che si fermano in preghiera” racconta p. Olmes. Si fanno strada, rimarca il missionario, “valori come la fraternità e la solidarietà, a fronte dell’individualismo esasperato che domina i rapporti sociali”. Per questo “tutti sono convinti che questa tragedia avrà un forte impatto sulla società nipponica del futuro: i giapponesi saranno più aperti e bendisposti verso gli altri, anche verso gli stranieri”.
“Colpiscono molto, ad esempio – spiega p. Milani – gli aiuti che stanno arrivando da paesi ritenuti ‘ostili’ come la Cina, la Corea del Sud e anche la Corea del Nord, che ha messo a disposizione le sue riserve di acqua. Questo è il bene che può nascere da questa tragedia: imparare a vedere gli altri come fratelli”.
Sul fatto che tale risveglio possa diventare una opportunità di evangelizzazione, il missionario dice a Fides che “la fede cristiana resta sempre, a livello culturale, una religione straniera e dunque sarà difficile superare tale barriera. Ma intanto sta crescendo la cooperazione e la collaborazione fra credenti delle diverse religioni, nella coscienza di contribuire al bene della società”.
Mentre le allarmanti notizie sul disastro nucleare (forse giunto al livello di guardia “7”), “fanno crescere i timori, le ansie, il senso di impotenza e precarietà nella popolazione”, la piccola Chiesa cattolica giapponese (lo 0,7% della popolazione) “trae forza dalla preghiera per la sua missione, si affida alla Provvidenza”. Resta lodevole e molto apprezzato, sottolinea p. Milani, lo sforzo di solidarietà prodotto da tutte le diocesi, per l’accoglienza dei profughi dello tsunami e per il costante sostegno fornito alla Caritas Giappone, impegnata nell’assistenza tramite il con il “Centro di Aiuto” istituito a Sendai. “Vanno ricordati – conclude il missionario – anche tutti gli immigrati che, restando in Giappone a condividere le sorti della nazione, sono stati fra i primi a recarsi come volontari per aiutare le vittime, nelle zone colpite dal disastro”.
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