I primi a esultare saranno proprio coloro che hanno serie difficoltà con il senso della vista: è ufficiale la presentazione di un concept scientifico che presto, si spera, sarà realtà impiantabile, ossia la prima lente a contatto bionica capace di sostituirsi a buona parte di un percorso visivo disabile.
Nbtimes - L’ha presentata ieri Duilio Siravo, presidente dell’Accademia Italiana Oftalmologia Legale, in occasione del nono Congresso Internazionale della Società Oftamologica Italiana. Il principio di funzionamento è abbastanza semplice: si tratta a tutti gli effetti di una micro-webcam, dislocata sopra il cristallino. Essa raccoglie l’immagine e, ovviamente via wireless, la trasmette al sistema di raccolta impiantato sul fondo dell’occhio, trasmettendola direttamente al nervo ottico. Ciò significa superare problemi invalidanti, quali l’opacità del cristallino, la perdita di trasparenza degli umori, i casi di distacco di retina e tutte quelle patologie connesse con uno scarso o manchevole esercizio di quella che, nel corpo umano, è “l’ottica di ripresa”.
Per il momento sono due Atenei italiani a impegnarsi per la sperimentazione: l’Alma Mater di Bologna e la Seconda Università degli studi di Napoli. Finora, le prove sono state condotte su animali e per brevi periodi con ottimi risultati.
Gli studi sul tema, peraltro, sono in atto da anni in tutto il mondo, trattandosi di patologie molto diffuse e, nei casi gravi, estremamente invalidanti, i cui risultati hanno iniziato a concretizzarsi con le prime approvazioni di strutture come la Food and Drug Administration statunitense.
Nel vero senso della parola, dunque, uno spiraglio di luce sembra prospettarsi in concreto per chi, sfortunatamente, non dispone della vista o ne dispone parzialmente.
Nbtimes - L’ha presentata ieri Duilio Siravo, presidente dell’Accademia Italiana Oftalmologia Legale, in occasione del nono Congresso Internazionale della Società Oftamologica Italiana. Il principio di funzionamento è abbastanza semplice: si tratta a tutti gli effetti di una micro-webcam, dislocata sopra il cristallino. Essa raccoglie l’immagine e, ovviamente via wireless, la trasmette al sistema di raccolta impiantato sul fondo dell’occhio, trasmettendola direttamente al nervo ottico. Ciò significa superare problemi invalidanti, quali l’opacità del cristallino, la perdita di trasparenza degli umori, i casi di distacco di retina e tutte quelle patologie connesse con uno scarso o manchevole esercizio di quella che, nel corpo umano, è “l’ottica di ripresa”.
Per il momento sono due Atenei italiani a impegnarsi per la sperimentazione: l’Alma Mater di Bologna e la Seconda Università degli studi di Napoli. Finora, le prove sono state condotte su animali e per brevi periodi con ottimi risultati.
Gli studi sul tema, peraltro, sono in atto da anni in tutto il mondo, trattandosi di patologie molto diffuse e, nei casi gravi, estremamente invalidanti, i cui risultati hanno iniziato a concretizzarsi con le prime approvazioni di strutture come la Food and Drug Administration statunitense.
Nel vero senso della parola, dunque, uno spiraglio di luce sembra prospettarsi in concreto per chi, sfortunatamente, non dispone della vista o ne dispone parzialmente.
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