La cerimonia di Beatificazione di Giovanni Paolo II avverrà nella Domenica della Divina Misericordia, ma domani, primo maggio, è anche la Festa dei Lavoratori.
Radio Vaticana - Alla realtà del lavoro, Papa Wojtyla ha dedicato tre Encicliche: Laborem Exercens, Sollecitudo rei socialis e Centesimus Annus e innumerevoli discorsi, alcuni pronunciati visitando delle fabbriche. La particolare sensibilità del prossimo Beato verso il mondo del lavoro affonda le radici in una sua esperienza personale: da giovane, infatti, Karol Wojtyla aveva lavorato in una cava di pietra e poi in una fabbrica chimica della Solvay. In questo servizio di Alessandro Gisotti, ritorniamo con la memoria al 9 dicembre 1978, giorno del primo incontro di Giovanni Paolo II con il mondo operaio, un gruppo di lavoratori cristiani: ascolta
Il Palazzo Apostolico in Vaticano non è certo una cornice consueta per gli operai della Montedison, dell’Alfa Romeo, della Pirelli. E tuttavia non si sentono a disagio. Ad incontrarli, infatti, in un lontano sabato di dicembre, c’è un Papa che conosce la fatiche del lavoro manuale e che subito entra in sintonia con i sentimenti, le preoccupazioni e aspirazioni di questo gruppo di lavoratori:
“Come sapete, anch’io sono stato un lavoratore: per un breve periodo della mia vita, durante l’ultimo conflitto mondiale, anch’io ho fatto un’esperienza diretta del lavoro in fabbrica. Conosco, quindi, ciò che significa l’impegno della fatica quotidiana alle dipendenze di altri; ne conosco la pesantezza e la monotonia; conosco i bisogni dei lavoratori e le loro giuste esigenze e legittime aspirazioni”.
Con la forza della sua esperienza, Giovanni Paolo II ricorda dunque quanto la Chiesa, “in mezzo ai travagli e alle tribolazioni della storia umana” abbia sempre difeso il lavoratore, “propugnando l’urgenza di un’autentica giustizia sociale”. E rivolgendosi ai lavoratori cristiani, il nuovo Beato invita “alla santificazione del lavoro”:
“Non sempre il lavoro è facile, piacevole, soddisfacente; talvolta può essere pesante, non valutato, non ben retribuito, perfino pericoloso. Bisogna allora ricordare che ogni lavoro è una collaborazione con Dio per perfezionare la natura da lui creata, ed è un servizio ai fratelli. Bisogna, perciò, lavorare con amore e per amore! Allora si sarà sempre contenti e sereni, e, pur se il lavoro stanca, si prende la croce insieme con Gesù Cristo e si sopporta la fatica con coraggio”.
“Sappiate – è la sua rassicurazione – che il Papa via ama, vi segue nelle vostre fabbriche e nelle vostre officine, vi porta nel cuore”. Poi, al momento dei saluti finali, il Papa che fu operaio mette da parte il testo scritto e a braccio confida i suoi sentimenti a quegli operai che sente così vicini al suo cuore:
“Voglio terminare con la consueta benedizione apostolica, ma devo dire che oggi la imparto per voi con una commozione molto profonda perché sono, almeno storicamente, se si prende la storia della mia vita, uno di voi!”
Radio Vaticana - Alla realtà del lavoro, Papa Wojtyla ha dedicato tre Encicliche: Laborem Exercens, Sollecitudo rei socialis e Centesimus Annus e innumerevoli discorsi, alcuni pronunciati visitando delle fabbriche. La particolare sensibilità del prossimo Beato verso il mondo del lavoro affonda le radici in una sua esperienza personale: da giovane, infatti, Karol Wojtyla aveva lavorato in una cava di pietra e poi in una fabbrica chimica della Solvay. In questo servizio di Alessandro Gisotti, ritorniamo con la memoria al 9 dicembre 1978, giorno del primo incontro di Giovanni Paolo II con il mondo operaio, un gruppo di lavoratori cristiani: ascolta
Il Palazzo Apostolico in Vaticano non è certo una cornice consueta per gli operai della Montedison, dell’Alfa Romeo, della Pirelli. E tuttavia non si sentono a disagio. Ad incontrarli, infatti, in un lontano sabato di dicembre, c’è un Papa che conosce la fatiche del lavoro manuale e che subito entra in sintonia con i sentimenti, le preoccupazioni e aspirazioni di questo gruppo di lavoratori:
“Come sapete, anch’io sono stato un lavoratore: per un breve periodo della mia vita, durante l’ultimo conflitto mondiale, anch’io ho fatto un’esperienza diretta del lavoro in fabbrica. Conosco, quindi, ciò che significa l’impegno della fatica quotidiana alle dipendenze di altri; ne conosco la pesantezza e la monotonia; conosco i bisogni dei lavoratori e le loro giuste esigenze e legittime aspirazioni”.
Con la forza della sua esperienza, Giovanni Paolo II ricorda dunque quanto la Chiesa, “in mezzo ai travagli e alle tribolazioni della storia umana” abbia sempre difeso il lavoratore, “propugnando l’urgenza di un’autentica giustizia sociale”. E rivolgendosi ai lavoratori cristiani, il nuovo Beato invita “alla santificazione del lavoro”:
“Non sempre il lavoro è facile, piacevole, soddisfacente; talvolta può essere pesante, non valutato, non ben retribuito, perfino pericoloso. Bisogna allora ricordare che ogni lavoro è una collaborazione con Dio per perfezionare la natura da lui creata, ed è un servizio ai fratelli. Bisogna, perciò, lavorare con amore e per amore! Allora si sarà sempre contenti e sereni, e, pur se il lavoro stanca, si prende la croce insieme con Gesù Cristo e si sopporta la fatica con coraggio”.
“Sappiate – è la sua rassicurazione – che il Papa via ama, vi segue nelle vostre fabbriche e nelle vostre officine, vi porta nel cuore”. Poi, al momento dei saluti finali, il Papa che fu operaio mette da parte il testo scritto e a braccio confida i suoi sentimenti a quegli operai che sente così vicini al suo cuore:
“Voglio terminare con la consueta benedizione apostolica, ma devo dire che oggi la imparto per voi con una commozione molto profonda perché sono, almeno storicamente, se si prende la storia della mia vita, uno di voi!”
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