A San Paolo del Brasile, il Convegno internazionale per il 20.mo anniversario dell'Economia di Comunione
Il progetto dell’Economia di Comunione, condiviso nel mondo da circa 800 aziende, compie 20 anni

R. - Perché ha nei sui elementi portanti un orientamento chiaro per la trasformazione del sistema produttivo così come esiste oggi nel mondo, con tutti i suoi difetti e le sue deviazioni. La potenzialità dell’Economia di Comunione sta nell’orientare la trasformazione, da dentro, di questo sistema produttivo. Naturalmente soltanto la storia dirà se questo avverrà e se questa umanità di oggi sia in grado di accogliere questa intuizione che sta diventando ormai realtà.
D. - L’Economia di Comunione ha raggiunto imprenditori, ma anche studiosi di economia: qual è a questo livello il riscontro finora ottenuto? Che cosa dicono di questa idea?
R. - L’Economia di Comunione nasce da un’intuizione di Chiara Lubich, che chiede agli imprenditori di mettere i loro utili in comune e di inventare una gestione dell’impresa che sia di tipo comunionale. Da questa prassi, naturalmente, nasce un modello economico che in questi anni molti studiosi, di tante parti del mondo, stanno cercando di mettere a punto. Quello che mi sembra importante è che queste due realtà - teoria e prassi aziendale - si stanno confrontando.
D. - Nel suo saluto, l’arcivescovo di San Paolo del Brasile, cardinale Odilo Pedro Scherer, ha sottolineato la sintonia tra l’Economia di Comunione e ciò che propone la Dottrina sociale della Chiesa. Anzi ha detto che “l’economia di comunione rende visibili e concreti quei principi”…
R. - Certamente, perché nella Dottrina sociale della Chiesa si è sviluppata un’indicazione: un’indicazione per una prassi migliore. L’Economia di Comunione rende, appunto, storico ciò che la Dottrina sociale della Chiesa comprende alla luce del Vangelo, guardando le situazioni contingenti e storiche.
D. - Anche Benedetto XVI nella "Caritas in Veritate" ha citato l’economia di comunione…
R. - Il fatto che il Magistero della Chiesa indichi questa strada, ci incoraggia che non stiamo cercando di realizzare un’utopia: stiamo cercando la via maestra per donare a questa nostra umanità un’anima, che la porti fuori da questa tristezza - com’è stata chiamata l’economia, “una scienza triste” - e che la renda produttrice non soltanto di beni materiali, ma - dal suo stesso interno - sia capace di generare gratuità e comunione, che sono la fonte suprema della felicità.
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