Fallito il primo tentativo di trattare 150mila tonnellate di acqua contaminata che si è accumulata nei reattori nucleari di Fukushima, la gestione della crisi non fa che complicarsi e rafforzare al tempo stesso l’ostilità dei giapponesi nei confronti dell’atomo. Ancora scarse le informazioni ufficiali sulla contaminazione.
Qualenergia - La situazione a Fukushima resta sempre molto critica e sempre più difficile da gestire. In particolare il 17 giugno è fallito il primo tentativo di trattare le 150mila tonnellate di acqua altamente radioattiva che si sono accumulate nei reattori. E’ quanto spiega diversi testate internazionali tra cui Le Monde del 20 giugno in un articolo dell’inviato in Giappone. I tecnici della Tepco stanno tentando in ogni modo di ristabilire nel reattore n. 2 il sistema di raffreddamento e di installare un apparecchio per iniettare azoto all’interno in modo da ridurre i rischi di esplosione a causa dell’idrogeno. Al tempo stesso si è dovuto procedere a iniettare acqua nella piscina di stoccaggio del combustibile nucleare del reattore n. 4 per provare a ridurre le emissioni radioattive che sono state registrate in aumento dall’11 giugno scorso.
L’operazione fallita di trattare l’acqua radioattiva è dovuta al fatto che un elemento per l'estrazione del cesio ha raggiunto il limite di contaminazione di 4 millisievert solo dopo 5 ore di funzionamento, mentre i tecnici si aspettavano che tale soglia venisse raggiunta dopo un mese. Questa operazione è inoltre piuttosto costosa (circa 1840 € per tonnellata di acqua), ma essenziale a decontaminare l’acqua che dovrà poi essere utilizzata a raffreddare i reattori. Dunque a stabilizzare la situazione.
Ogni giorno la quantità di acqua che si accumula aumenta di 500 tonnellate, con il rischio di nuovi sversamenti in mare. Proprio per questo motivo è necessario che il processo di decontaminazione funzioni, anche se vi sono limiti nello stoccaggio (i serbatoi potrebbe essere riempiti in meno di una settimana). Ma a quanto pare, se l’operazione non andrà in porto, non risulta esserci ancora un piano B.
Poi rimane la spada di Damocle della radioattività sul territorio nipponico, aggravata dal fatto che le informazioni da parte delle autorità rimangano parziali e insoddisfacenti. Elevati sembrano essere i livelli di contaminazione addirittura di intere piantagioni di tè nella regione di Shizuoka, a sud di Tokyo, che però la prefettura si è guardata bene dal comunicare per non creare allarme nella popolazione.
Questa situazione non fa che rafforzare l’ostilità dei giapponesi nei confronti dell’atomo. Un recentissimo sondaggio, realizzato tra l’11 e 12 giugno dal quotidiano Tokyo Shimbun, ha rivelato che l’82% delle persone interpellate desiderano lo smantellamento (immediato o progressivo) di tutte le centrali nucleari giapponesi. Una posizione condivisa anche da 11 dei 47 governatori delle prefetture, mentre solo cinque di loro si dicono apertamente favorevoli all’atomo.
di Leonardo Berlen
Qualenergia - La situazione a Fukushima resta sempre molto critica e sempre più difficile da gestire. In particolare il 17 giugno è fallito il primo tentativo di trattare le 150mila tonnellate di acqua altamente radioattiva che si sono accumulate nei reattori. E’ quanto spiega diversi testate internazionali tra cui Le Monde del 20 giugno in un articolo dell’inviato in Giappone. I tecnici della Tepco stanno tentando in ogni modo di ristabilire nel reattore n. 2 il sistema di raffreddamento e di installare un apparecchio per iniettare azoto all’interno in modo da ridurre i rischi di esplosione a causa dell’idrogeno. Al tempo stesso si è dovuto procedere a iniettare acqua nella piscina di stoccaggio del combustibile nucleare del reattore n. 4 per provare a ridurre le emissioni radioattive che sono state registrate in aumento dall’11 giugno scorso.
L’operazione fallita di trattare l’acqua radioattiva è dovuta al fatto che un elemento per l'estrazione del cesio ha raggiunto il limite di contaminazione di 4 millisievert solo dopo 5 ore di funzionamento, mentre i tecnici si aspettavano che tale soglia venisse raggiunta dopo un mese. Questa operazione è inoltre piuttosto costosa (circa 1840 € per tonnellata di acqua), ma essenziale a decontaminare l’acqua che dovrà poi essere utilizzata a raffreddare i reattori. Dunque a stabilizzare la situazione.
Ogni giorno la quantità di acqua che si accumula aumenta di 500 tonnellate, con il rischio di nuovi sversamenti in mare. Proprio per questo motivo è necessario che il processo di decontaminazione funzioni, anche se vi sono limiti nello stoccaggio (i serbatoi potrebbe essere riempiti in meno di una settimana). Ma a quanto pare, se l’operazione non andrà in porto, non risulta esserci ancora un piano B.
Poi rimane la spada di Damocle della radioattività sul territorio nipponico, aggravata dal fatto che le informazioni da parte delle autorità rimangano parziali e insoddisfacenti. Elevati sembrano essere i livelli di contaminazione addirittura di intere piantagioni di tè nella regione di Shizuoka, a sud di Tokyo, che però la prefettura si è guardata bene dal comunicare per non creare allarme nella popolazione.
Questa situazione non fa che rafforzare l’ostilità dei giapponesi nei confronti dell’atomo. Un recentissimo sondaggio, realizzato tra l’11 e 12 giugno dal quotidiano Tokyo Shimbun, ha rivelato che l’82% delle persone interpellate desiderano lo smantellamento (immediato o progressivo) di tutte le centrali nucleari giapponesi. Una posizione condivisa anche da 11 dei 47 governatori delle prefetture, mentre solo cinque di loro si dicono apertamente favorevoli all’atomo.
di Leonardo Berlen
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