Potrebbe presto finire davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la brutale repressione delle manifestazioni antigovernative in Siria
Radio Vaticana - Intanto, il governo di Damasco denuncia la strage di oltre 120 appartenenti alle forze di sicurezza, mentre resta altissima la tensione con lo Stato di Israele dopo gli incidenti di domenica sulle alture del Golan. Il servizio di Marco Guerra: ascolta
Il presidente Assad ha perso la legittimità necessaria per restare al potere. È una presa di posizione netta e senza precedenti quella espressa dal ministro degli Esteri francese, Alain Juppè, secondo il quale “in Siria il processo di riforme è finito” e ora di “far procedere” una bozza di risoluzione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che condanna Damasco le sua dura repressione del dissenso. Il capo della diplomazia francese ne ha parlato ieri a Washington con il segretario di stato Usa, Hillary Clinton. Ma la possibilità che l’organo dell’Onu adotti la risoluzione non è scontata. La Russia, infatti, potrebbe opporre il veto. Un rischio, che Juppè si dice pronto a correre. Intanto in Siria non si fermano le violenze. Questa volta a farne le spese sono stati almeno 123 agenti delle forze di sicurezza uccisi in un agguato da uomini armati nella città di al-Shughur, nel nordovest del Paese. Il governo ha attribuito la strage a gruppi terroristici stranieri. Vittime anche tra i dissidenti. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani di Londra, almeno 40 persone sono state uccise ieri nell'ambito delle operazioni delle forze di sicurezza contro chi manifesta per la democrazia. E resta altissima la tensione con Israele dopo gli scontri, domenica, sulle alture del Golan, presso il confine tra i due Stati, che hanno provocato 23 vittime, tra siriani e palestinesi, e il richiamo della comunità internazionale che ha chiesto a Damasco di astenersi da provocazioni e a Israele di non eccedere nelle risposte. Il ritorno della violenza al confine con lo Stato ebraico ha inoltre provocato un duro scontro all’interno della comunità palestinese presente in Siria. Ieri, almeno 14 persone sono morte nella sparatoria nel campo profughi di Yarmuk che ha coinvolto miliziani palestinesi di fronti politici opposti a margine dei funerali di alcune vittime degli incidenti sul Golan. Da segnalare infine la fuga in Turchia di oltre 50 persone in fuga dalla repressione. Secondo una fonte diplomatica turca venti di loro sono in cura per ferite di vario genere.
E la Siria è anche sotto osservazione da parte dell’Aiea. L’Agenzia internazionale per l'energia atomica, riunita a Vienna, ha accusato Damasco di non aver spiegato la vera natura del sito di Dair Alzour, dove forse le autorità siriane avrebbero costruito un reattore nucleare. Secondo l’Aiea, l’Iran avrebbe proseguito, fino a poco tempo fa, il suo programma di sviluppo di armi nucleari.
Radio Vaticana - Intanto, il governo di Damasco denuncia la strage di oltre 120 appartenenti alle forze di sicurezza, mentre resta altissima la tensione con lo Stato di Israele dopo gli incidenti di domenica sulle alture del Golan. Il servizio di Marco Guerra: ascolta
Il presidente Assad ha perso la legittimità necessaria per restare al potere. È una presa di posizione netta e senza precedenti quella espressa dal ministro degli Esteri francese, Alain Juppè, secondo il quale “in Siria il processo di riforme è finito” e ora di “far procedere” una bozza di risoluzione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che condanna Damasco le sua dura repressione del dissenso. Il capo della diplomazia francese ne ha parlato ieri a Washington con il segretario di stato Usa, Hillary Clinton. Ma la possibilità che l’organo dell’Onu adotti la risoluzione non è scontata. La Russia, infatti, potrebbe opporre il veto. Un rischio, che Juppè si dice pronto a correre. Intanto in Siria non si fermano le violenze. Questa volta a farne le spese sono stati almeno 123 agenti delle forze di sicurezza uccisi in un agguato da uomini armati nella città di al-Shughur, nel nordovest del Paese. Il governo ha attribuito la strage a gruppi terroristici stranieri. Vittime anche tra i dissidenti. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani di Londra, almeno 40 persone sono state uccise ieri nell'ambito delle operazioni delle forze di sicurezza contro chi manifesta per la democrazia. E resta altissima la tensione con Israele dopo gli scontri, domenica, sulle alture del Golan, presso il confine tra i due Stati, che hanno provocato 23 vittime, tra siriani e palestinesi, e il richiamo della comunità internazionale che ha chiesto a Damasco di astenersi da provocazioni e a Israele di non eccedere nelle risposte. Il ritorno della violenza al confine con lo Stato ebraico ha inoltre provocato un duro scontro all’interno della comunità palestinese presente in Siria. Ieri, almeno 14 persone sono morte nella sparatoria nel campo profughi di Yarmuk che ha coinvolto miliziani palestinesi di fronti politici opposti a margine dei funerali di alcune vittime degli incidenti sul Golan. Da segnalare infine la fuga in Turchia di oltre 50 persone in fuga dalla repressione. Secondo una fonte diplomatica turca venti di loro sono in cura per ferite di vario genere.
E la Siria è anche sotto osservazione da parte dell’Aiea. L’Agenzia internazionale per l'energia atomica, riunita a Vienna, ha accusato Damasco di non aver spiegato la vera natura del sito di Dair Alzour, dove forse le autorità siriane avrebbero costruito un reattore nucleare. Secondo l’Aiea, l’Iran avrebbe proseguito, fino a poco tempo fa, il suo programma di sviluppo di armi nucleari.
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