venerdì, luglio 08, 2011
In un clima quasi surreale, alla Stazione Termini di Roma le ore si susseguono con lo stesso ritmo e la stessa nota caratteristica: la fretta e l’indifferenza. Ciò che dovrebbe essere straordinario rischia di diventare ordinario e accettato come inevitabile dalla maggior parte di noi.

di Monica Cardarelli

Ore 16.00 di un giorno qualunque: la stazione è affollata, si cammina con passo spedito cercando di schivare gli altri e di non essere colpiti. La folla imponente e disordinata potrebbe far pensare ad un giorno caotico di spostamenti, scioperi o altri disagi ma veniamo tranquillizzati: non è così, è un giorno qualunque. Arriva il treno, saliamo e dobbiamo oltrepassare più di 4, forse 5 scompartimenti prima di trovare un sedile che non sia eccessivamente sporco , macchiato, che non sia sventrato, rotto e su cui sono stati lasciati giornali, bottiglie vuote o altro. Gli odori che permeano i vagoni sono molto forti, intensificati dal caldo. Il treno parte, puntuale, la voce metallica annuncia il percorso e le fermate. Tutto nella norma.

Ore 8.30 di una calda giornata infrasettimanale. Il treno arriva sonnecchiando in stazione. Si aprono le porte e veniamo catapultati nel caldo umido che si sprigiona dai binari. Una folla di gente ci sfreccia accanto: prendiamo il ritmo giusto, per non rischiare di essere spintonati mentre il pensiero va ai bambini o alle persone anziane che mal resistono ad una simile situazione.
Dopo un lungo tragitto finalmente si arriva ai binari della metropolitana. Fiumi di folla si riversano sulle pensiline e ancora ne continuano ad arrivare tanto da pensare che i binari della metro non potranno contenere tutta quella gente. Qualcuno ci strattona, qualcun altro ci spintona, altri riescono a schivarci. Qualcuno ci guarda dall’alto in basso, passandoci accanto: ci ha visti, non siamo invisibili! Arrivano i treni della metropolitana e fiumi di gente continuano a scendere e a salire, a salire e a scendere e ad arrivare…

Le scene appena descritte non si sono svolte in un lontano paese in via di sviluppo ma a Roma, alla Stazione Termini. Non stiamo parlando di un piccolo centro abitato da poche decine di famiglie, semplici e ignoranti. No, non si tratta di questo… anzi, forse in quel caso ci sarebbe più rispetto per l’altro e ci si comporterebbero con maggiore civiltà. Parliamo di Roma, la Capitale, la città che è scesa nelle strade e nelle piazze per festeggiare con orgoglio i 150 dell’Unità d’Italia. La stessa città che ha assistito incredula al pestaggio a morte di un giovane musicista che, in pieno centro storico, a due passi dal Colosseo, aveva terminato il suo lavoro in un locale.

A pensarci bene, però, si tratta della stessa città e della stessa gente che ha accolto ordinatamente e con calore le migliaia di pellegrini provenienti da tutto il mondo in occasione della beatificazione di Giovanni Paolo II o che, le sere precedenti la morte del pontefice, sfilava silenziosa nelle proprie auto, come in una lunga processione, per le strade limitrofe a Piazza San Pietro; la radio spenta, nel traffico che allora sembrava silenzioso in forma di rispetto.
È sempre a Roma che i numerosi volontari delle varie associazioni si prodigano giorno e notte donando ore ed ore del proprio tempo per assistere barboni, vecchi, ammalati, bambini, tossicodipendenti… Ed è la stessa città che vede aprire nuovi Centri culturali, Biblioteche, Teatri nei quartieri periferici.

Pensando a tutto questo, c’è solo da augurarsi che prevalga sempre più e in ogni occasione la civiltà e il rispetto piuttosto che la violenza, l’aggressività e l’indifferenza, l’inciviltà e il degrado morale e materiale. Solo così riusciremo a trasformare la sopravvivenza in efficienza, la pulizia in civiltà. E soprattutto, l’indifferenza in attenzione verso l’altro in quanto persona, chiunque essa sia. Allora, forse, ci meraviglieremmo e ci indigneremmo se succedesse ancora qualcosa di simile a quanto descritto, che non può e non deve essere considerato normale...

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