Come proteggere le specie del mondo ancora sconosciute? Parchi e più attenzione agli hot spot della biodiversità
Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas) pubblica lo studio "Biodiversity hotspots house most undiscovered plant species", nel quale ricercatori britannici delle università di Oxford, del Kent e di Duke University e della Microsoft Research spiegano che «per la maggior parte degli organismi, il numero di specie descritte sottovaluta notevolmente il numero di quelle esistenti.
GreenReport - Questo è di per sé un problema e causa complicazioni secondarie, dato il presente alto tasso di estinzione delle specie. Il numero noto di piante da fiore è alla base degli "hotspots" della biodiversità, luoghi in cui alti livelli di endemismo e perdita di habitat coincidono per produrre alti tassi di estinzione».
Lo studio si sviluppa partendo da una domanda: «quali sarebbero le diverse priorità di conservazione se la catalogazione fosse completa?», ed arriva ad evidenziare come «approssimativamente, più del 15% di piante da fiore sono probabilmente ancora da scoprire. Queste sono certamente rare e, a seconda di dove vivono, soffrono di un elevato rischio di estinzione, conseguente alla perdita di habitat e la perturbazione del clima globale. Utilizzando un modello che incorpora lo sforzo tassonomico nel corso del tempo, le regioni per le quali è previsto che contengano un gran numero di specie ancora da scoprire sono già una priorità per la conservazione. I nostri risultati lasciano la priorità di conservazione globale più o meno intatta, ma suggeriscono livelli più elevati di specie in pericolo di quanto sia stato riconosciuto in precedenza».
Quindi, secondo lo studio c'è anche una buona notizia: le recenti attività di salvaguardia hanno raggiunto i loro obiettivi e dovrebbero ridurre l'incertezza riguardo le priorità mondiali di protezione, ma la minaccia di estinzione per molte delle specie sconosciute è però peggiore di quanto si temesse.
Uno degli autori dello studio, Stuart Pimm, della Nicholas school of the environment della Duke University spiega: «abbiamo dimostrato che la maggior parte delle "specie mancanti" del mondo si nascondono in alcune delle aree più minacciate del mondo. Questo fa crescere considerevolmente il numero di specie minacciate e in pericolo in tutto il mondo».
Gli scienziati che si occupano della salvaguardia delle specie e in generale della biodiversità hanno a disposizione solitamente risorse limitate e che sembrano in calo, come dimostra anche la situazione italiana e le ricorrenti polemiche giornalistiche contro gli "sprechi" dei finanziamenti scientifici a ricerche su fauna e flora. Per questo i biologi stanno cercando di identificare zone in tutto il mondo dove azioni efficaci di salvaguardia potrebbero salvare la maggior parte delle specie. In questo scenario difficile, gli hot spot della biodiversità, con i tassi più alti di perdita di habitat e numeri insolitamente alti di specie endemiche, sono la priorità. La ricerca pubblicata su Pnas pone però un problema: «finora non sappiamo niente su molte delle specie del mondo».
Il principale autore dello studio, Lucas Joppa della Microsoft Research, spiega: «sappiamo di avere un catalogo della vita incompleto; se non sappiamo quante specie ci sono, o dove vivono, come possiamo dare la priorità alle aree da salvaguardare? E se i luoghi che tralasciamo adesso si rivelassero quelli con il maggior numero di specie sconosciute?»
I ricercatori britannici hanno realizzato un modello che comprende gli effetti tassonomici nel tempo per stimare quante specie di piante da fiore restano da scoprire in tutte le regioni del mondo. Hanno poi confrontato le stime ottenute con le regioni attualmente identificate come priorità mondiali di conservazione, gli hotspot della biodiversità, ed hanno scoperto che questi due gruppi combaciano.
Secondo i modelli, sei hot spot già identificati (Messico-America centrale; Colombia, Ecuador-Perù, Paraguay- Cile; Africa meridionale e Australia) ospitano il 70% di tutte le specie mancanti previste. Solo due regioni con alte stime di specie mancanti, dall'Angola allo Zimbabwe e il Paleartico del nord, che comprende aree dell' Europa e dell'Asia, non conterrebbero hot spot della biodiversità.
David Roberts, dell'Università del Kent, è soddisfatto dei risultati e delle prospettive che apre lo studio: «È stato un enorme sollievo scoprire che questi posti, nei quali stiamo già investendo le nostre risorse, sono anche quelli che ospitano la maggior parte delle specie sconosciute del mondo. Poteva anche non essere così!».
Insomma, parchi, aree marine protette, riserve naturali e ricerca scientifica interessano già i luoghi più appropriati, ma gli autori dello studio sottolineano che «i risultati dello studio apportano un maggiore senso di urgenza alla crisi mondiale dell'estinzione. Risultati come questi rendono ancora più importante la protezione di ampie aree della Terra. Il messaggio è chiaro: anche se non possiamo salvare una specie che non sappiamo se esiste, possiamo proteggere i luoghi dove pensiamo che possa vivere».
GreenReport - Questo è di per sé un problema e causa complicazioni secondarie, dato il presente alto tasso di estinzione delle specie. Il numero noto di piante da fiore è alla base degli "hotspots" della biodiversità, luoghi in cui alti livelli di endemismo e perdita di habitat coincidono per produrre alti tassi di estinzione».
Lo studio si sviluppa partendo da una domanda: «quali sarebbero le diverse priorità di conservazione se la catalogazione fosse completa?», ed arriva ad evidenziare come «approssimativamente, più del 15% di piante da fiore sono probabilmente ancora da scoprire. Queste sono certamente rare e, a seconda di dove vivono, soffrono di un elevato rischio di estinzione, conseguente alla perdita di habitat e la perturbazione del clima globale. Utilizzando un modello che incorpora lo sforzo tassonomico nel corso del tempo, le regioni per le quali è previsto che contengano un gran numero di specie ancora da scoprire sono già una priorità per la conservazione. I nostri risultati lasciano la priorità di conservazione globale più o meno intatta, ma suggeriscono livelli più elevati di specie in pericolo di quanto sia stato riconosciuto in precedenza».
Quindi, secondo lo studio c'è anche una buona notizia: le recenti attività di salvaguardia hanno raggiunto i loro obiettivi e dovrebbero ridurre l'incertezza riguardo le priorità mondiali di protezione, ma la minaccia di estinzione per molte delle specie sconosciute è però peggiore di quanto si temesse.
Uno degli autori dello studio, Stuart Pimm, della Nicholas school of the environment della Duke University spiega: «abbiamo dimostrato che la maggior parte delle "specie mancanti" del mondo si nascondono in alcune delle aree più minacciate del mondo. Questo fa crescere considerevolmente il numero di specie minacciate e in pericolo in tutto il mondo».
Gli scienziati che si occupano della salvaguardia delle specie e in generale della biodiversità hanno a disposizione solitamente risorse limitate e che sembrano in calo, come dimostra anche la situazione italiana e le ricorrenti polemiche giornalistiche contro gli "sprechi" dei finanziamenti scientifici a ricerche su fauna e flora. Per questo i biologi stanno cercando di identificare zone in tutto il mondo dove azioni efficaci di salvaguardia potrebbero salvare la maggior parte delle specie. In questo scenario difficile, gli hot spot della biodiversità, con i tassi più alti di perdita di habitat e numeri insolitamente alti di specie endemiche, sono la priorità. La ricerca pubblicata su Pnas pone però un problema: «finora non sappiamo niente su molte delle specie del mondo».
Il principale autore dello studio, Lucas Joppa della Microsoft Research, spiega: «sappiamo di avere un catalogo della vita incompleto; se non sappiamo quante specie ci sono, o dove vivono, come possiamo dare la priorità alle aree da salvaguardare? E se i luoghi che tralasciamo adesso si rivelassero quelli con il maggior numero di specie sconosciute?»
I ricercatori britannici hanno realizzato un modello che comprende gli effetti tassonomici nel tempo per stimare quante specie di piante da fiore restano da scoprire in tutte le regioni del mondo. Hanno poi confrontato le stime ottenute con le regioni attualmente identificate come priorità mondiali di conservazione, gli hotspot della biodiversità, ed hanno scoperto che questi due gruppi combaciano.
Secondo i modelli, sei hot spot già identificati (Messico-America centrale; Colombia, Ecuador-Perù, Paraguay- Cile; Africa meridionale e Australia) ospitano il 70% di tutte le specie mancanti previste. Solo due regioni con alte stime di specie mancanti, dall'Angola allo Zimbabwe e il Paleartico del nord, che comprende aree dell' Europa e dell'Asia, non conterrebbero hot spot della biodiversità.
David Roberts, dell'Università del Kent, è soddisfatto dei risultati e delle prospettive che apre lo studio: «È stato un enorme sollievo scoprire che questi posti, nei quali stiamo già investendo le nostre risorse, sono anche quelli che ospitano la maggior parte delle specie sconosciute del mondo. Poteva anche non essere così!».
Insomma, parchi, aree marine protette, riserve naturali e ricerca scientifica interessano già i luoghi più appropriati, ma gli autori dello studio sottolineano che «i risultati dello studio apportano un maggiore senso di urgenza alla crisi mondiale dell'estinzione. Risultati come questi rendono ancora più importante la protezione di ampie aree della Terra. Il messaggio è chiaro: anche se non possiamo salvare una specie che non sappiamo se esiste, possiamo proteggere i luoghi dove pensiamo che possa vivere».
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