venerdì, luglio 29, 2011
Continua il nostro appuntamento con Silvio Foini e il teatrino della politica italiana

di Silvio Foini

In un tempo lontano, un tempo in cui chi scrive era uno speranzoso giovinotto che attendeva solo il futuro, immaginandoselo pieno di promesse e di successi, un simpatico motivetto portato alla ribalta da una giovane Orietta Berti invitava sommessamente a lasciare che la barca andasse senza remare. Abbiamo fatto volentieri tesoro di quelle parole e la barca è andata, e noi forse non abbiamo remato mai. Così, onda su onda, il mare ci ha portato qui. Ma non ci ha depositati su un’isola felice: siamo approdati alle italiche sponde i cui mari ora sono inquinati e puzzolenti di petrolio e pullulanti di carrette di sfortunati peggio di noi che vedono la penisola come un ultimo Eden.

Nessuno sa di certo il futuro che l’attende. Procediamo alla spera in Dio attendendo una manzoniana Divina Provvidenza che ancora non si vede. I nocchieri cui abbiamo democraticamente affidata la barra del timone si guardano in cagnesco litigando fra loro al par dei polli di Lorenzo Tramaglino. Per la cronaca, costui non era un politico ma un poveretto che si trovò in situazioni paragonabili alle nostre, vittima di prepotenze e soprusi da parte dei potenti dell’epoca sua. Il lupo muta il pelo ma non il vizio!

Le spese di questi continui litigi poi le stiamo pagando sulla nostra pelle. Lo scorrere delle generazioni non ha mutato gli scenari: i vari signori che si sono affacciati alla res publica presentandosi come uomini nuovi e promettendo miracoli degni degli antichi profeti sono falliti miseramente; si stanno accorgendo di esser di vetro e non di cristallo e si inalberano se alcuni li invitano a venir giù dal piedistallo! Leggi, leggine, controleggi, manovre e manovrine aggiunte, decreti leggi. Signori miei, questi son seducenti esercizi di dimostrazione di una capacità governativa che non c’è… e tali rimangono.

Né a destra né a sinistra esiste quel che una volta si chiamava il pensiero del buon padre di famiglia. La famiglia sta andando a rotoli: chissenefrega? L’importante è la lotta per il possesso del timone, poi, se anche andiamo al naufragio, ancora una volta: chissenefrega? Noi annegheremo nel mare del debito pubblico, il terzo del mondo. Noi ancora a versar lacrime e sangue. Ma è davvero questo il nostro infausto destino? Noi che dobbiamo ogni mattina inventarci un lavoro, o sperare che chi ce l’ha dato si sia svegliato mettendo sul pavimento il piede giusto, e soprattutto non si lasci sedurre dalla chimera dei paesi oltre confine dove il lavoro ha un costo che è metà del nostro e il guadagno è il doppio.

Io, scusatemi, ho ancora in mente il comportamento del buon padre di famiglia che dei mercati esclama a guisa di altri: chissenefrega! Forse sarà meglio cominciare a remare!!!

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