sabato, luglio 23, 2011
Una ragazza cattolica indonesiana, Wilfrida Soik, accusata di aver ucciso la sua datrice di lavoro in Malaysia, rischia la condanna a morte.

Radio Vaticana - In sua difesa si sono mobilitate alcune organizzazioni non governative, in Indonesia e Malaysia, e la Chiesa indonesiana di Atambua. Il caso – riferisce l’agenzia Fides - necessita di chiarimenti a tutti i livelli. Inoltre Wilfrida è una ragazza disabile, vittima di trafficanti di esseri umani. La Chiesa cattolica di Atambua, attraverso il vescovo, mons. Dominikus Saku, ha segnalato il caso alla “Commissione per i Diritti Umani” dell’Indonesia e si sta impegnando per trovare le giuste strade e per chiedere la grazia in favore di Wilfrida. La sua – ricordano fonti locali - è una storia di povertà, emarginazione e sfruttamento. Wilfrida proviene da una famiglia molto povera. Nata nel 1993 nella provincia di Belu (provincia di Nusa Tenggara orientale), la ragazza dall'età di due anni comincia a soffrire di disturbi mentali. L’anno scorso è stata avvicinata da alcuni uomini che, attraverso l’Agenzia del Ministero del Lavoro di Belu, le hanno procurato un lavoro in Malaysia. Per farla espatriare hanno anche falsificato i suoi documenti, facendo risultare che Wifrida fosse maggiorenne. Di fatto Wilfrida è stata vittima di un’organizzazione che traffica esseri umani, soprattutto donne. Giunta in Malaysia, Wilfrida è stata impiegata come domestica nella città di Pasir Mas (nei pressi di Johor), nella casa di un’anziana signora, Yeap Seok Pen, a sua volta malata di morbo di Parkinson. La signora è stata ritrovata morta il 7 dicembre 2010. Wilfrida è stata accusata di omicidio e arrestata. Il tribunale di Pasir Mas il 9 maggio scorso ha tenuto un’udienza per accertare la colpevolezza della giovane ma, come rendono noto fonti locali, “il risultato non è tanto chiaro, né lo sono le prove a carico della ragazza”. Ma Wilfrida rischia la pena captale. La Coalizione contro la Pena di morte in Indonesia, che riunisce numerose associazioni, fra le quali la Comunità di Sant’Egidio, ha scritto al Ministero degli Esteri indonesiano. Il Presidente indonesiano, Susilo Bambang Yudhoyono, ha formato di recente la “Indonesian Migrant Workers Task Force”, proprio per trattare i casi spinosi di lavoratori migranti che condannati alla pena capitale all’estero. Charles Hector Fernandez, avvocato cattolico di Kuala Lumpur, responsabile dell’associazione “Malaysians Against Death Penalty and Torture”, spiega che in Malaysia ci sono oltre 640 detenuti nel braccio della morte, in attesa di esecuzione. “Le esecuzioni vanno avanti, non c’è una moratoria, ma sono state ridotte fino ad eseguirne solo 2 nel 2010. Sembra che il governo sia propenso e riesaminare la questione della pena di morte, almeno per rimuoverla come pena per alcuni reati, e togliere l’obbligatorietà per i giudici. Sarebbe un passo avanti, anche se noi speriamo in una completa abolizione”. (A.L.)

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