Il boss sembra più vecchio dei suoi anni, ma è ancora considerato il capo di Cosa nostra
Liberainformazione - Ad un paio di anni dal primo identikit eccone un secondo per il super boss latitante Matteo Messina Denaro. Il capo mafia di Trapani, boss di Castelvetrano per eredità, figlio del defunto patriarca della mafia belicina Francesco Messina Denaro, è latitante dal giugno del 1993. Compirà 50 anni l’aprile dell’anno prossimo, contro di lui una sfilza di ergastoli già diventati definitivi, come quelli per le stragi di Roma, Milano e Firenze del ’93, ma anche per le guerre di mafia nel trapanese, e una serie di delitti per offese che lui ha ritenuto potersi lavare solo col sangue, come quando a Palermo fece uccidere il direttore di un albergo di Selinunte, Nicola Consales, che aveva osato disturbare una ragazza austriaca che era amica del boss e aveva pubblicamente definito lui, Matteo Messina Denaro, e gli amici che lo accompagnavano di solito nelle calde serate d’estate, quattro mafiosetti che presto avrebbe buttato fuori dal suo albergo.
Oggi Matteo Messina Denaro è a capo di un holding di imprese, tutte sotto il controllo di Cosa nostra, è il propugnatore della mafia sommersa, quella che non commette più efferati fatti di sangue, una mafia che non spara, perché in questo momento si trova garantita dentro le istituzioni, una mafia che parla con la politica, condiziona l’economia, riesce a controllare flussi di denaro pubblico. Una mafia che nel trapanese alle estorsioni ha preferito assumere via via il controllo di attività imprenditoriali in tutti i settori, da quello edilizio, a quello agricolo, sino a quello turistico. Il primo identikit di Matteo Messina Denaro fu elaborato grazie alle testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia, gli ultimi ad averlo incontrato. Adesso questa nuova immagine realizzata interamente in modo informatico, presenta non più il volto di un giovane, ma di un Matteo Messina Denaro invecchiato, quasi che dimostra più dei suoi 50 anni, si è tenuto conto delle voci su una sua possibile malattia agli occhi, e di qualche altro malanno, spesso si è sentito dire che potrebbe avere problemi ai reni.
Certamente il volto di una persona che trascorre da qualche tempo una latitanza forse non più dorata come un tempo. Contro di lui nel corso di un anno la Polizia ha messo a segno due operazioni, denominati Golem, che hanno fatto terra bruciata attorno al latitante, colpendo la cerchia di favoreggiatori più vicini a lui, quelli che garantivano lo smistamento dei pizzini, e i contatti tra i più diretti tra il latitante ed il territorio. Tra quelli a finire in manette anche suo fratello, Salvatore Messina Denaro, ex preposto di banca, la Banca Sicula, e con lui soggetti più o meno in vista di Castelvetrano, si sentivano insospettabili, ma proprio così non era. Da queste indagini emerge l’accortezza del latitante che non preferisce i contatti diretti, solo in rare occasioni si è mosso per incontrare i suoi complici. E' oggi Matteo Messina Denaro il nuovo fantasma della mafia, un fantasma che però gode ancora di appoggi e aiuti secondo investigatori e inquirenti di grande spessore in un territorio, quello della provincia di Trapani, dove il boss ha vissuto e vive di una sorta di venerazione. Il numero uno oggi è lui, è stato sentito dire nel corso delle indagini Golem dai soggetti intercettati a parlare di Matteo Messina Denaro, è lui la testa dell’acqua, è lui il nuovo capo della mafia siciliana. Un capo che oggi custodisce l’archivio segreto di Totò Riina, forse anche l’originale di quel papello che fa parte del mistero della trattativa tra mafia e Stato. Una trattativa che non si sarebbe interrotta.
Liberainformazione - Ad un paio di anni dal primo identikit eccone un secondo per il super boss latitante Matteo Messina Denaro. Il capo mafia di Trapani, boss di Castelvetrano per eredità, figlio del defunto patriarca della mafia belicina Francesco Messina Denaro, è latitante dal giugno del 1993. Compirà 50 anni l’aprile dell’anno prossimo, contro di lui una sfilza di ergastoli già diventati definitivi, come quelli per le stragi di Roma, Milano e Firenze del ’93, ma anche per le guerre di mafia nel trapanese, e una serie di delitti per offese che lui ha ritenuto potersi lavare solo col sangue, come quando a Palermo fece uccidere il direttore di un albergo di Selinunte, Nicola Consales, che aveva osato disturbare una ragazza austriaca che era amica del boss e aveva pubblicamente definito lui, Matteo Messina Denaro, e gli amici che lo accompagnavano di solito nelle calde serate d’estate, quattro mafiosetti che presto avrebbe buttato fuori dal suo albergo.
Oggi Matteo Messina Denaro è a capo di un holding di imprese, tutte sotto il controllo di Cosa nostra, è il propugnatore della mafia sommersa, quella che non commette più efferati fatti di sangue, una mafia che non spara, perché in questo momento si trova garantita dentro le istituzioni, una mafia che parla con la politica, condiziona l’economia, riesce a controllare flussi di denaro pubblico. Una mafia che nel trapanese alle estorsioni ha preferito assumere via via il controllo di attività imprenditoriali in tutti i settori, da quello edilizio, a quello agricolo, sino a quello turistico. Il primo identikit di Matteo Messina Denaro fu elaborato grazie alle testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia, gli ultimi ad averlo incontrato. Adesso questa nuova immagine realizzata interamente in modo informatico, presenta non più il volto di un giovane, ma di un Matteo Messina Denaro invecchiato, quasi che dimostra più dei suoi 50 anni, si è tenuto conto delle voci su una sua possibile malattia agli occhi, e di qualche altro malanno, spesso si è sentito dire che potrebbe avere problemi ai reni.
Certamente il volto di una persona che trascorre da qualche tempo una latitanza forse non più dorata come un tempo. Contro di lui nel corso di un anno la Polizia ha messo a segno due operazioni, denominati Golem, che hanno fatto terra bruciata attorno al latitante, colpendo la cerchia di favoreggiatori più vicini a lui, quelli che garantivano lo smistamento dei pizzini, e i contatti tra i più diretti tra il latitante ed il territorio. Tra quelli a finire in manette anche suo fratello, Salvatore Messina Denaro, ex preposto di banca, la Banca Sicula, e con lui soggetti più o meno in vista di Castelvetrano, si sentivano insospettabili, ma proprio così non era. Da queste indagini emerge l’accortezza del latitante che non preferisce i contatti diretti, solo in rare occasioni si è mosso per incontrare i suoi complici. E' oggi Matteo Messina Denaro il nuovo fantasma della mafia, un fantasma che però gode ancora di appoggi e aiuti secondo investigatori e inquirenti di grande spessore in un territorio, quello della provincia di Trapani, dove il boss ha vissuto e vive di una sorta di venerazione. Il numero uno oggi è lui, è stato sentito dire nel corso delle indagini Golem dai soggetti intercettati a parlare di Matteo Messina Denaro, è lui la testa dell’acqua, è lui il nuovo capo della mafia siciliana. Un capo che oggi custodisce l’archivio segreto di Totò Riina, forse anche l’originale di quel papello che fa parte del mistero della trattativa tra mafia e Stato. Una trattativa che non si sarebbe interrotta.
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È presente 1 commento
I signori si sbagliano! Lui ha fatto la chirurgia plastica. È diventato ... invisibile!
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