martedì, agosto 02, 2011
Il gigante dell'elettronica taiwanese Foxconn sembra aver trovato il modo per mettere fine all'epidemia di suicidi nella metropoli-fabbrica cinese di Shenzhen: entro tre anni rimpiazzerà i suoi operai con un milione di robot.

GreenReport - Foxconn nella Cina continentale ha già 10mila robot e intende portarli a 30mila nel 2012 e ad un milione entro tre anni, «per ridurre i costi crescenti del lavoro e migliorare l'efficienza. I robot saranno utilizzati per realizzare dei lavori semplici e correnti, quali la verniciatura a spruzzo, la saldatura e l'assemblaggio che sono oggi effettuati dagli operai», ha detto il fondatore e presidente della multinazionale, Terry Gou, all'agenzia Xinhua, l'organo stampa ufficiale della Repubblica popolare Cinese, che quei lavoratori dovrebbe non solo difenderli ma farli governare.

Sembra di essere arrivati alla liberazione dal lavoro vagheggiata come meta finale del comunismo, ma in realtà siamo ad una nuova fase della globalizzazione capitalista che, resi troppo costosi perfino gli operai cinesi, esporta nella madrepatria robot dalla ribelle isola nazionalista di Taiwan, trasformando gli investimenti sul continente in pura tecnologia e in una fabbrica/scatola completamente disumanizzata, priva persino degli alienati operai che il comunismo aveva promesso di liberare. Il problema è che Pechino non può questa volta nemmeno protestare contro le rapaci aziende straniere, visto che, non corrisposta, considera Taiwan una sua provincia insulare.

In realtà Foxconn Technology Group è il più grande produttore di componenti per computer del mondo, che assembla prodotti per Apple, Sony e Nokia. Foxconn fabbrica iPhone, iPad per Apple e Nokia, computer per la Dell e componenti per tutte le multinazionali dell'elettronica. Sono questi i committenti ed i veri padroni, gli utilizzatori finali, delle fabbriche cinesi nelle quali si suicidano gli operai a causa di condizioni di lavoro difficilissime. E' questo il prezzo della globalizzazione delle merci e della delocalizzazione alla ricerca di posti dove i diritti e gli stipendi dei lavoratori siano bassi, così bassi da poterli/doverli sostituire con i robot.

Attualmente l'impresa di Taiwan impiega un milione e 200 mila operai, i robot li manderanno a casa tutti meno i tecnici più qualificati. Agli operai di Shenzen rimarranno tre opzioni: tornare a fare la fame in campagna, arrabattarsi in cerca di un altro lavoro, suicidarsi perché non lo trovano. Infatti una rivoluzione tecnica del genere produrrà uno sconvolgimento sociale nella città-fabbrica dio Shenzen.

E pensare che solo a giugno Foxconn aveva annunciate l'aumento dei suoi investimenti nelle sue fabbriche nella provincia cinese di Henan, dopo che nel 2010 aveva dismesso le sue fabbriche ad Henan e nel Sichuan. Ora si pensa che anche nei 19 nuovi progetti per produrre lenti per fotocamere, sistemi di illuminazione Led e imprese di vendita al dettaglio, il tasso di robotizzazione sarà molto spinto.

Gli operai "comunisti" cinesi ormai sono diventati un fastidioso elemento produttivo per i loro compatrioti "nazionalisti" di Taiwan: il 20 maggio due persone sono morte ed altre 16 sono state gravemente ferite in un'esplosione in una fabbrica Foxconn nel Sichuan, la Hongfujin Precision Electronics di Chengdu, aperta solo nell'ottobre 2010 e dove la multinazionale di Taiwan ha investito 2 miliardi di dollari.

Nell'agosto 2010 la Co. Ltd, una filiale della Foxconn, aveva aperto un'altra fabbrica nell'Henan, la Futaihua Precision Electronics (Zhengzhou), investendo 100 milioni di dollari per produrre soprattutto gli iPhone della Apple e dove, probabilmente in attesa dei robot, attualmente lavorano 500 persone in un'area ceduta dal governo municipale. La maggior parte di questi lavoratori sono migranti, originari dell'Henan dove lavoravano proprio in una fabbrica di Shenzhen che è stata chiusa. Attualmente la fabbrica dovrebbe produrre circa 200mila iPhone al giorno e gli operai vivono in un edificio di 7 piani situato a poche centinaia di metri dalla fabbrica, che fornisce loro anche un campo di calcio e una sala di lettura, per realizzare quel modello claustrofobico di vita/fabbrica che ha provocato l'ondata di suicidi a Shenzhen.

Resta da capire, quando alla fine sarà conclusa questa disumanizzazione del lavoro, quando sarà compiuta la globalizzazione delle merci e definitivamente sepolta quella dei diritti, quando l'invasione dei robot di Taiwan si prenderà la rivincita sulla lunga marcia maoista, chi comprerà i computer e i gingilli elettronici prodotti dalla Foxconn per i giganti dell'elettronica di consumo. Anche perché la Foxconn intende rivolgersi al mercato interno cinese, sta aprendo una catena di 2mila negozi solo nella provincia dell'Henan, «nel quadro della diversificazione delle attività», per vendere elettronica di consumo nei villaggi, dove gli operai licenziati potranno guardare in vetrina le meraviglie elettroniche costruite dai robot che li hanno sostituiti.

La cosa avverrà addirittura con il sostegno del governo comunista cinese: ogni negozio aperto benefici di un contributo di 6mila yuan e di una sovvenzione governativa fino al 13 per cento per l'acquisto di prodotti selezionati dal ministero cinese del commercio.

di Umberto Mazzantini

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