martedì, agosto 23, 2011
In primo piano la Libia. Tripoli, ancora nel caos, è ormai caduta e dopo 41 anni al potere sembra essere il momento della fine per Muhammar Gheddafi. I ribelli dichiarano di controllare il 90 per cento della città. Conquistata anche la tv di stato, che ha interrotto le trasmissioni. Arrestati 3 figli del Raiss ma uno di loro, Mohammad, è riuscito a scappare con l'aiuto dei lealisti.

Radio Vaticana - “Fermare ora conflitto per evitare altro spargimento di sangue”, è l’appello del segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon, che ha convocato in settimana un vertice sulla Libia con i rappresentanti della Lega Araba e dell'Unione africana. Giovedì a Istanbul riunione del gruppo di contatto. Si moltiplicano, intanto, le voci sulla sorte del Colonnello: secondo fonti diplomatiche sarebbe nascosto nel suo bunker di Bab al-Aziziyah. Si troverebbe a Tripoli anche secondo il Pentagono, mentre stando alla tv Al Jazeera avrebbe raggiunto la Tunisia. Il servizio di Linda Giannattasio

A Paolo Quercia, analista di politica internazionale e strategie militari, Stefano Leszczynski ha chiesto quali siano stati gli elementi che hanno determinato questa improvvisa svolta nel conflitto libico:

R. - La campagna già è lunga, perché sono sei mesi che si combatte e molte delle risorse militari, ma anche economiche con cui Gheddafi teneva insieme tribù e tutta una serie di sostegni del suo regime, hanno iniziato a scarseggiare. Quindi c’è stato un logorio dovuto alla lunghezza di questa campana. Certo che la presa di Tripoli dimostra un aumento delle capacità militari e soprattutto della logistica, anche con sbarchi via mare, sorprendenti per quello che i ribelli erano riusciti a fare negli scorsi mesi.

D. - Preoccupa molto la presenza di mercenari al seguito dei ribelli: questo può essere un elemento critico per il dopo-Gheddafi?

R. - Sì, estremamente critico perché - ricordiamo - questa guerra ha avuto una sua legittimità proprio in virtù della necessità di proteggere i civili dalle ritorsioni indiscriminate che l’esercito di Gheddafi poneva in atto e speriamo che adesso la situazione rispetti le leggi sui prigionieri di guerra e non vi siano vendette indiscriminate. Quello che si può temere è che le tribù, che sono uno degli elementi costitutivi della società libica, approfitteranno dell’anarchia e della caduta del governo per modificare i rapporti di forza tra tribù.

D. - E’ possibile che questa accelerazione nel tentare di concludere al più presto il conflitto libico sia legata ad un aggravarsi della situazione in Siria e quindi alla necessità di volgere l’attenzione altrove?

R. - Sicuramente questo potrebbe essere un elemento che ha determinato anche l’accelerazione. La Nato recentemente aveva posto il 1.mo settembre come data per la fine delle proprie operazioni. Io credo che l’aggravarsi della situazione siriana ha sicuramente contributo, ma io direi anche una certa stanchezza nelle opinioni pubbliche che hanno sostenuto il conflitto, così come scadenze elettorali che si avvicinano, anche quella francese; e ancora l’aspetto economico perché la crisi e la recessione economica e la crisi finanziaria in Europa dell’Euro hanno sicuramente indotto ad una accelerazione. La guerra è molto costosa per le opinioni pubbliche che non vedono il beneficio di questi interventi. Anche l’Italia ha avuto dei dibattiti su questo tema. Io credo che, tutto sommato, l’accelerazione del conflitto sia stata positiva anche per questi aspetti.

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