Riprendono le fiabe del nostro Silvio Foini. La prima è un monito per tutti i bambini, a pochi giorni dall'inizio della scuola...
Le scuole erano finite, l’estate era tornata con tutti i suoi profumi e colori e Carletto era impaziente che arrivasse il giorno di partire per il mare con i suoi genitori e la sorellina. Aveva finito di frequentare la quarta classe elementare ed era stato promosso: l’anno venturo sarebbe stato in quinta. Non adorava la scuola nel vero senso della parola, però nemmeno gli dispiaceva: era bello stare in compagnia dei suoi amici, la maestra non era mai troppo severa e poi poteva imparare un sacco di cose nuove. L’unico neo che aveva la vita scolastica erano i compiti. Non parliamo poi di quelli per le vacanze. Se era in vacanza, perché doveva perdere tempo a farli? La vacanza era il tempo di giocare o no?
Era il quindici luglio e papà aveva caricato in macchina le valige. Si partiva per il mare. Evviva!
“Carletto hai messo nella borsa il libro delle letture?”, gli aveva domandato la mamma. “No di certo. Non vorrei sciuparlo leggendolo sulla spiaggia. Quando torneremo a casa lo leggerò e farò anche le cento operazioni da aritmetica. E anche l’analisi logica. Tanto ce n’è di tempo prima di tornare a scuola”. La mamma aveva fatto una smorfia curiosa a manifestare il disappunto.
I giorni sulla spiaggia trascorsero lieti e spensierati. Carletto non si ricordava nemmeno più della scuola e così nemmeno la sua sorellina, di un anno minore di lui. Poi venne il momento di salutare il mare dandogli appuntamento all’anno venturo e l’automobile di papà riportò la famigliola a casa.
“Ora però è tempo di cominciare a fare i compiti delle vacanze, vero bambini?”, disse la mamma qualche giorno dopo. “Agosto fra una festa e l’altra passerà presto e a settembre si tornerà in classe. Coraggio, fuori i libri e i quaderni. Da bravi”. Gaia, questo il nome della sorellina, aprì la cartella e ne trasse il quaderno su cui doveva scrivere delle frasi e un piccolo racconto di come aveva trascorso le vacanze. Carletto aprì il suo quaderno di aritmetica su cui doveva eseguire addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni e si accinse al compito. In quel preciso momento squillò il telefono. Era un suo compagno di scuola che lo invitava alla festa del proprio compleanno. Carletto guardò la mamma e disse: “Alberto mi ha chiesto se posso andare alla sua festa. Posso? Tanto per i compiti c’è ancora tanto tempo...”. La mamma fece una smorfia curiosa di rassegnazione: “Vai pure… ma i compiti?”. “Dopo, dopo. Ciao”, e uscì di casa saltando sulla bicicletta.
Qualche giorno dopo la nonna dei due fratellini finì all’ospedale per una brutta caduta dalle scale e la famigliola di Carletto ebbe l’impegno di andare quotidianamente ad assisterla. Poi, verso i primi di settembre la nonnina tornò a casa. Mica si poteva lasciarla sola, no? Carletto si diede un gran da fare: i compiti potevano aspettare, la nonna invece aveva necessità di qualcuno presso di lei e lui era sempre a disposizione, essendo un bambino molto buono e servizievole…
Quel mattino di metà settembre la campanella della scuola suonò il primo giorno e lui, mano a mano con la sorellina, si affrettò. I compiti avevano aspettato troppo. Con sua grande sorpresa, in classe entrò una nuova maestra dal cipiglio severo e comunicò ai bambini che la vecchia insegnante era andata in pensione e che quindi lei era la nuova maestra. “Ora che ci siamo presentati, vediamo i compiti delle vacanze”. Carletto si sentì avvampare: non li aveva nemmeno cominciati! La burbera insegnante, una donna all’antica, quando sentì che lui non li aveva fatti fu inflessibile: “Domattina mi porterai duecento operazioni di aritmetica e cento frasi. Vedi di non deludermi o ti boccerò!” . Carletto tornò a casa piangendo. Come fare? La mamma lo guardò sorridendo soddisfatta: “Cosa ti avevo detto Carletto? Tu mi dicevi che c’era tanto tempo! Adesso incominciamo con le operazioni. Questa volta ti aiuterò io ma che ti serva di lezione per il futuro. Non aspettare mai di fare domani ciò che puoi fare oggi. Chi ha tempo, non aspetti tempo!”.
Le scuole erano finite, l’estate era tornata con tutti i suoi profumi e colori e Carletto era impaziente che arrivasse il giorno di partire per il mare con i suoi genitori e la sorellina. Aveva finito di frequentare la quarta classe elementare ed era stato promosso: l’anno venturo sarebbe stato in quinta. Non adorava la scuola nel vero senso della parola, però nemmeno gli dispiaceva: era bello stare in compagnia dei suoi amici, la maestra non era mai troppo severa e poi poteva imparare un sacco di cose nuove. L’unico neo che aveva la vita scolastica erano i compiti. Non parliamo poi di quelli per le vacanze. Se era in vacanza, perché doveva perdere tempo a farli? La vacanza era il tempo di giocare o no?
Era il quindici luglio e papà aveva caricato in macchina le valige. Si partiva per il mare. Evviva!
“Carletto hai messo nella borsa il libro delle letture?”, gli aveva domandato la mamma. “No di certo. Non vorrei sciuparlo leggendolo sulla spiaggia. Quando torneremo a casa lo leggerò e farò anche le cento operazioni da aritmetica. E anche l’analisi logica. Tanto ce n’è di tempo prima di tornare a scuola”. La mamma aveva fatto una smorfia curiosa a manifestare il disappunto.
I giorni sulla spiaggia trascorsero lieti e spensierati. Carletto non si ricordava nemmeno più della scuola e così nemmeno la sua sorellina, di un anno minore di lui. Poi venne il momento di salutare il mare dandogli appuntamento all’anno venturo e l’automobile di papà riportò la famigliola a casa.
“Ora però è tempo di cominciare a fare i compiti delle vacanze, vero bambini?”, disse la mamma qualche giorno dopo. “Agosto fra una festa e l’altra passerà presto e a settembre si tornerà in classe. Coraggio, fuori i libri e i quaderni. Da bravi”. Gaia, questo il nome della sorellina, aprì la cartella e ne trasse il quaderno su cui doveva scrivere delle frasi e un piccolo racconto di come aveva trascorso le vacanze. Carletto aprì il suo quaderno di aritmetica su cui doveva eseguire addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni e si accinse al compito. In quel preciso momento squillò il telefono. Era un suo compagno di scuola che lo invitava alla festa del proprio compleanno. Carletto guardò la mamma e disse: “Alberto mi ha chiesto se posso andare alla sua festa. Posso? Tanto per i compiti c’è ancora tanto tempo...”. La mamma fece una smorfia curiosa di rassegnazione: “Vai pure… ma i compiti?”. “Dopo, dopo. Ciao”, e uscì di casa saltando sulla bicicletta.
Qualche giorno dopo la nonna dei due fratellini finì all’ospedale per una brutta caduta dalle scale e la famigliola di Carletto ebbe l’impegno di andare quotidianamente ad assisterla. Poi, verso i primi di settembre la nonnina tornò a casa. Mica si poteva lasciarla sola, no? Carletto si diede un gran da fare: i compiti potevano aspettare, la nonna invece aveva necessità di qualcuno presso di lei e lui era sempre a disposizione, essendo un bambino molto buono e servizievole…
Quel mattino di metà settembre la campanella della scuola suonò il primo giorno e lui, mano a mano con la sorellina, si affrettò. I compiti avevano aspettato troppo. Con sua grande sorpresa, in classe entrò una nuova maestra dal cipiglio severo e comunicò ai bambini che la vecchia insegnante era andata in pensione e che quindi lei era la nuova maestra. “Ora che ci siamo presentati, vediamo i compiti delle vacanze”. Carletto si sentì avvampare: non li aveva nemmeno cominciati! La burbera insegnante, una donna all’antica, quando sentì che lui non li aveva fatti fu inflessibile: “Domattina mi porterai duecento operazioni di aritmetica e cento frasi. Vedi di non deludermi o ti boccerò!” . Carletto tornò a casa piangendo. Come fare? La mamma lo guardò sorridendo soddisfatta: “Cosa ti avevo detto Carletto? Tu mi dicevi che c’era tanto tempo! Adesso incominciamo con le operazioni. Questa volta ti aiuterò io ma che ti serva di lezione per il futuro. Non aspettare mai di fare domani ciò che puoi fare oggi. Chi ha tempo, non aspetti tempo!”.
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È presente 1 commento
Saggezza antica che dovrebbe valere anche per il presente e le cose cambierebbero.
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