«Con un nuovo governo, la situazione dei cristiani in Siria potrebbe peggiorare». Monsignor Samir Mazloum del Patriarcato maronita di Antiochia, condivide con Aiuto alla Chiesa che Soffre la sua preoccupazione per l’evoluzione politica in questa Repubblica Araba.
ACS-Italia - «La Chiesa ha sempre guardato con apprensione a quanto accadeva nei Paesi vicini – ha dichiarato il vescovo – perché è possibile che un nuovo regime possa essere anche più dittatoriale ed estremista di quello di Assad». Monsignor Mazloum è particolarmente preoccupato dal Partito dei Fratelli Musulmani, «molto forte e ben preparato a prendere il potere». Un’eventualità questa che il presule teme possa comportare l’introduzione della legge coranica come unica fonte di diritto applicata anche ai cristiani. «Una tale scelta renderebbe i cristiani cittadini di seconda categoria, ai quali sarebbero negati l’uguaglianza giuridica e il diritto a una vita normale». Nel Paese vivono circa un milione e seicentomila cristiani (35mila dei quali maroniti) e la Siria, con il Libano, è tuttora l’unico Paese arabo dove l’islam non è formalmente definito religione di Stato né la fede religiosa è riportata sulle Carte d’Identità.
Il presule auspica dei cambiamenti che portino alla democratizzazione del Paese e garantiscano i diritti umani «come i giovani hanno chiesto nelle piazze», ma è preoccupato di possibili rappresaglie contro i cristiani. In caso di un cambio di guida al potere, i rapporti «accettabili» avuti dalla Chiesa con il regime di Assad potrebbero essere facilmente interpretati come una cooperazione con la dittatura generando ritorsioni. «Ovviamente non vi è stata alcuna collaborazione, il regime non ha discriminato nessuna minoranza, non fosse altro perché esso stesso appartiene ad un gruppo religioso minoritario, quello degli alauiti».
Monsignor Mazloum non è l’unico a temere l’ascesa di movimenti estremisti, in caso di caduta del regime di Assad. Anche monsignor Beshara Rai, in una sua recente visita all’Eliseo, ha espresso al Presidente francese Nicolas Sarkozy, forte preoccupazione per il futuro della comunità cristiana in Siria. Quella di una deriva estremista è una prospettiva temuta da gran parte dell’episcopato cattolico siriano che, in più di un’occasione, si è pronunciato in favore della famiglia Assad. Una linea ecclesiale comune verrà tracciata nei prossimi giorni nel corso della riunione dell'Assemblea della gerarchia cattolica in Siria – la prima tenuta dopo gli avvenimenti del 15 marzo scorso – nella quale saranno valutate le indicazioni della Santa Sede.
Intanto il 27 settembre in Libano, nella sede ufficiale del Gran Muftì sunnita a Dar El-Fatwa, su iniziativa del Patriarcato maronita si è svolto il vertice islamo-cristiano sulla Siria. Nel Documento finale si insiste sulla «necessità di proteggere i movimenti di emancipazione che stanno nascendo nel mondo arabo da ogni deriva estremista che li snaturerebbe e potrebbe suscitare inquietudini».
La possibilità che nel lungo termine i cambiamenti in atto nel mondo arabo possano portare a un ritorno dell’Islam tradizionale è per monsignor Samir Nassar, una delle sfide che si trova oggi ad affrontare la Chiesa in Medio Oriente. «Dobbiamo trovare nuovi modi di dialogo e riuscire a dare speranza – ha detto ad ACS l’arcivescovo maronita di Damasco – perché c’è sempre una soluzione, anche quando la croce sembra troppo pesante da sostenere».
Monsignor Nassar racconta come nei cristiani sia diffusa la paura che si possa verificare una situazione analoga a quella dell’Iraq. Il presule la chiama «sindrome irachena», motivata dal fatto che dall’inizio della guerra nel 2003 sono arrivati in Siria migliaia di rifugiati iracheni, tra cui molti cristiani. I segni della paura sono evidenti: la pratica religiosa è diminuita del 50-60%, i bambini non frequentano il catechismo, turisti e pellegrini sono pressoché scomparsi, la gente non esce la sera e le strade sono vuote. Per aiutare i fedeli monsignor Nassar ritiene che il primo passo da compiere sia istaurare un dialogo con l’Islam moderato, evitando radicali posizioni anti-islamiche.
«È un momento delicato per le Chiese Orientali, il cui silenzio e neutralità sono visti con sospetto sia da chi detiene il potere sia dai rivoltosi. Ma questo - aldilà delle differenze - deve unire tutte le Chiese cristiane sulla base tracciata dal Sinodo del Medio Oriente», ha concluso monsignor Nassar.
Il sostegno di Aiuto alla Chiesa che Soffre ai cattolici in Siria è significativo: riguarda il restauro di alcune chiese, come quella a Zouetiné, nella diocesi di Lattaquie, o la costruzione di edifici religiosi, tra cui il Centro di catechesi a Toumine, nella diocesi di Homs, e il monastero di San Simeone Stilita a Dioc (Lattaquie). ACS è molto attiva anche per seminaristi e sacerdoti e lo scorso anno ha contribuito alla realizzazione del primo Congresso sulla Famiglia tenutosi in Siria.
“Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), Opera di diritto pontificio fondata nel 1947 da padre Werenfried van Straaten, si contraddistingue come l’unica organizzazione che realizza progetti per sostenere la pastorale della Chiesa laddove essa è perseguitata o priva di mezzi per adempiere la sua missione. Nel 2010 ha raccolto oltre 65 milioni di dollari nei 17 Paesi dove è presente con Sedi Nazionali e ha realizzato oltre 5.500 progetti in 153 nazioni.
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