Un parere dello psicologo Gennaro Iasevoli sugli autori del reato di stalking
Talvolta cresciuti tra alcool, videogiochi, stadi e discoteche, hanno una mente infantile e con l’andare degli anni, in assenza di un provvidenziale sostegno psicologico, non reggono più alle regole quotidiane del vivere civile e si ostinano a fare stalking. Perciò in molti casi, dopo lo stalking, i vandalismi ed i crimini, si scopre appunto che avevano bisogno di sostegno e di orientamento personale. Intanto a noi tocca quotidianamente guardare alla televisione il solito servizio realizzato dopo i delitti commessi dai cosiddetti bravi ragazzi, con i bravi giornalisti che bussano ai citofoni ed intervistano i vicini di casa dell’assassino di turno: l’uno chiede come si comportava e l’altro, per non impicciarsi, scrollando le spalle, risponde, generalizzando, che il criminale non ha mostrato mai apertamente atteggiamenti scorretti. Ma dopo questa presentazione telegrafica e sfuggente il processo mediatico e giuridico parte alla grande e si avvia a durare decenni.
Nei processi, non essendo obbligatoria, spesso non è richiesta dal Pubblico ministero una diagnosi psicologica riguardante l’autore del delitto, utile alle indagini perché generalmente risulta straricca di elementi: ad esempio descrive talvolta un’intelligenza scadente, poco evoluta dall’età di dodici anni, un carattere docile perché succube del branco frequentato, una personalità non ben strutturata, principi etici imprecisi od inesistenti, assenza di senso sociale dell’onestà, interessi egoistici particolarmente ossessivi, delusioni, angosce, fobie, manie, perversioni e molto altro ancora. Il lieve deficit intellettivo, chiamato anche blocco adolescenziale dell’intelligenza, ha riportato col passare degli anni il bravo ragazzo ad agire come un bambino o come un demente parziale che gioca freddamente con la vita degli altri e reagisce con inopportuni capricci alle difficoltà della vita adulta.
Il fenomeno dell’intelligenza bloccata alla fase adolescenziale assume oggi, numericamente, una dimensione spaventosa. Ho osservato personalmente nelle scuole secondarie, ma senza registrare i dati precisi, un orientamento spontaneo di ragazzi verso canali apprenditivi che richiedono intelligenze diverse, per dirla con le parole di Howard Gardner, ma alla fine ho notano migliaia di ragazzi già a tredici anni risultanti parzialmente incapaci, che non riescono a seguire i ritmi minimi di apprendimento per raggiungere le competenze previste dai programmati ministeriali di alcuni licei e che dopo il primo anno fanno anche il giro di trasferimento tra gli istituti per trovarne uno di ripiego che non metta a dura prova la loro resistenza personale nella risoluzione quotidiana di problematiche concettuali o teoriche o operazionali astratte (tipiche dello studio della matematica, fisica, chimica, filosofia, lingua straniera, latino, greco). Essi però scoprono chiaramente che ogni altro istituto ha una pari scientificità ordinamentale ed una complessità operativa che prevede un pari impegno di frequenza e di intelligenza, che nulla abbuona a questi adolescenti, pertanto abbondano gli insuccessi scolastici.
Nel prosieguo dell’adolescenza, della gioventù e della incipiente maturità sarà quanto mai utile l’aiuto psicologico di orientamento alla persona in tutte le situazioni di stress e di disagio che tali soggetti comunque riescono a segnalare o ad evidenziare. I deficitari dell’intelligenza, pure se nascondono col sorriso la loro condizione di parziale blocco mentale, non approfondiscono i codici, i saperi ed i sentimenti; pertanto riescono ad inserirsi con difficoltà nella società e nelle professioni e, pur vivendo da bravi ragazzi, sono volubili, plagiabili e presentano sempre il rischio di reagire in modo infantile con stalking a qualche situazione familiare, lavorativa o sociale, mettendo in atto delle scelte capricciose ed istintive, irrazionali, talvolta fiabesche, ma persino criminali ed autolesionistiche.
Però vi è una concreta speranza di evitare tanti inutili drammi quando funziona un’opera preventiva di sostegno psicologico a questi soggetti adulti, ora apparentemente completi, dopo che nella loro adolescenza hanno mostrato apertamente i loro limiti intellettivi (dimostrando solo alcune intelligenze nell’ambito della molteplicità) e quindi una chiara vulnerabilità nella naturale competizione scolastica. Ritornando a Howard Gardner, si potrebbe anche presumere che le persone che possiedono la molteplicità ottimale di capacità intellettive siano veramente poche, ma aggiungerei che tutte queste capacità non sono sufficienti ad assicurare una loro conseguente azione cristiana; di converso anche una persona con modeste capacità intellettive che vive cristianamente o secondo buoni principi religiosi di carità di un’altra confessione del mondo può vivere degnamente l’esperienza umana ed evitare le tentazioni criminali.
Talvolta cresciuti tra alcool, videogiochi, stadi e discoteche, hanno una mente infantile e con l’andare degli anni, in assenza di un provvidenziale sostegno psicologico, non reggono più alle regole quotidiane del vivere civile e si ostinano a fare stalking. Perciò in molti casi, dopo lo stalking, i vandalismi ed i crimini, si scopre appunto che avevano bisogno di sostegno e di orientamento personale. Intanto a noi tocca quotidianamente guardare alla televisione il solito servizio realizzato dopo i delitti commessi dai cosiddetti bravi ragazzi, con i bravi giornalisti che bussano ai citofoni ed intervistano i vicini di casa dell’assassino di turno: l’uno chiede come si comportava e l’altro, per non impicciarsi, scrollando le spalle, risponde, generalizzando, che il criminale non ha mostrato mai apertamente atteggiamenti scorretti. Ma dopo questa presentazione telegrafica e sfuggente il processo mediatico e giuridico parte alla grande e si avvia a durare decenni.
Nei processi, non essendo obbligatoria, spesso non è richiesta dal Pubblico ministero una diagnosi psicologica riguardante l’autore del delitto, utile alle indagini perché generalmente risulta straricca di elementi: ad esempio descrive talvolta un’intelligenza scadente, poco evoluta dall’età di dodici anni, un carattere docile perché succube del branco frequentato, una personalità non ben strutturata, principi etici imprecisi od inesistenti, assenza di senso sociale dell’onestà, interessi egoistici particolarmente ossessivi, delusioni, angosce, fobie, manie, perversioni e molto altro ancora. Il lieve deficit intellettivo, chiamato anche blocco adolescenziale dell’intelligenza, ha riportato col passare degli anni il bravo ragazzo ad agire come un bambino o come un demente parziale che gioca freddamente con la vita degli altri e reagisce con inopportuni capricci alle difficoltà della vita adulta.
Il fenomeno dell’intelligenza bloccata alla fase adolescenziale assume oggi, numericamente, una dimensione spaventosa. Ho osservato personalmente nelle scuole secondarie, ma senza registrare i dati precisi, un orientamento spontaneo di ragazzi verso canali apprenditivi che richiedono intelligenze diverse, per dirla con le parole di Howard Gardner, ma alla fine ho notano migliaia di ragazzi già a tredici anni risultanti parzialmente incapaci, che non riescono a seguire i ritmi minimi di apprendimento per raggiungere le competenze previste dai programmati ministeriali di alcuni licei e che dopo il primo anno fanno anche il giro di trasferimento tra gli istituti per trovarne uno di ripiego che non metta a dura prova la loro resistenza personale nella risoluzione quotidiana di problematiche concettuali o teoriche o operazionali astratte (tipiche dello studio della matematica, fisica, chimica, filosofia, lingua straniera, latino, greco). Essi però scoprono chiaramente che ogni altro istituto ha una pari scientificità ordinamentale ed una complessità operativa che prevede un pari impegno di frequenza e di intelligenza, che nulla abbuona a questi adolescenti, pertanto abbondano gli insuccessi scolastici.
Nel prosieguo dell’adolescenza, della gioventù e della incipiente maturità sarà quanto mai utile l’aiuto psicologico di orientamento alla persona in tutte le situazioni di stress e di disagio che tali soggetti comunque riescono a segnalare o ad evidenziare. I deficitari dell’intelligenza, pure se nascondono col sorriso la loro condizione di parziale blocco mentale, non approfondiscono i codici, i saperi ed i sentimenti; pertanto riescono ad inserirsi con difficoltà nella società e nelle professioni e, pur vivendo da bravi ragazzi, sono volubili, plagiabili e presentano sempre il rischio di reagire in modo infantile con stalking a qualche situazione familiare, lavorativa o sociale, mettendo in atto delle scelte capricciose ed istintive, irrazionali, talvolta fiabesche, ma persino criminali ed autolesionistiche.
Però vi è una concreta speranza di evitare tanti inutili drammi quando funziona un’opera preventiva di sostegno psicologico a questi soggetti adulti, ora apparentemente completi, dopo che nella loro adolescenza hanno mostrato apertamente i loro limiti intellettivi (dimostrando solo alcune intelligenze nell’ambito della molteplicità) e quindi una chiara vulnerabilità nella naturale competizione scolastica. Ritornando a Howard Gardner, si potrebbe anche presumere che le persone che possiedono la molteplicità ottimale di capacità intellettive siano veramente poche, ma aggiungerei che tutte queste capacità non sono sufficienti ad assicurare una loro conseguente azione cristiana; di converso anche una persona con modeste capacità intellettive che vive cristianamente o secondo buoni principi religiosi di carità di un’altra confessione del mondo può vivere degnamente l’esperienza umana ed evitare le tentazioni criminali.
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