Graziella Campagna aveva solo diciassette anni quando fu strappata alla vita e all’amore dei suoi cari, che non l’hanno mai dimenticata e hanno continuato a lottare per far luce su una vicenda dai contorni poco chiari
di Chiara Bartoli
Graziella è una ragazza semplice e ingenua, con le aspirazioni e i sogni che ogni diciassettenne ha. Ha deciso di lasciare gli studi e di contribuire al bilancio della famiglia numerosa lavorando presso una tintoria a Villafranca Tirrena. Non guadagna molto, appena 150mila lire al mese, ma lavora con onestà e serietà, tanto da guadagnarsi presto la simpatia dei titolari della lavanderia e dei clienti. Il 12 dicembre 1985 sembra una giornata come le altre: Graziella esce da casa come sempre per recarsi al lavoro… ma quella sera non tornerà a casa. Invano la madre la attenderà alla fermata della corriera. Due giorni dopo il corpo esanime di Graziella è ritrovato nei pressi di Forte Campone e riconosciuto dal fratello, il carabiniere Pietro Campagna. La famiglia è distrutta dal dolore per una perdita cui non riesce a trovare una logica giustificazione e che comincia a delinearsi come un mistero. Graziella, infatti, frequentava una stretta cerchia di persone e l’unico spasimante la sera dell’omicidio si trovava a casa con i familiari. Chi ha deciso allora di uccidere con cinque colpi di fucile calibro dodici una ragazza innocente? E soprattutto perché?
Il mistero comincia a schiarirsi non appena Pietro scopre dei dettagli apparsi inizialmente non importanti. Graziella aveva trovato un documento nella tasca di un tale “ingegner Cannata”, che era solito frequentare la tintoria in cui Graziella lavorava. Il documento rivelava la vera identità dell’ingegnere, e cioè il latitante Gerlando Alberti junior, nipote del boss Gerlando Alberti senior. Da successive ricerche Pietro scopre che Gerlando Alberti, accortosi di aver dimenticato nel taschino della giacca il prezioso documento, insaponato (si trovava dal barbiere), fa ritorno in tintoria per recuperarlo.
Diventa allora chiaro a Pietro e alla sua famiglia il movente dell’omicidio: Gerlando Alberti, per paura di essere scoperto, aveva deciso di togliere la vita a una potenziale testimone. Alla giustizia ci vorranno però più di vent’anni per giungere alla medesima conclusione e condannare Gerlando Alberti junior e il suo guardaspalle, Giovanni Sutera. Emerge infatti fin da subito una fitta rete di collaborazione e protezione tra politici, uomini delle forze dell’ordine, mafiosi e gente comune. Una rete in cui tenta disperatamente di districarsi Pietro Campagna, un fratello per cui la ferita per la perdita della cara sorella non può rimarginarsi prima che sia fatta giustizia.
Le indagini vengono più volte depistate e i processi procedono a rilento. Come racconta Pietro Campagna: “Che ci fossero delle collusioni a livello istituzionale, fu subito chiaro. Contrariamente alla prassi istituzionale in casi analoghi, la Magistratura tolse la conduzione delle indagini alla Polizia, giunta per prima sul luogo del delitto e che aveva denunciato Gerlando Alberti jr. e Giovanni Sutera già un mese dopo l’omicidio di mia sorella, e la delegò al Nucleo Operativo dei Carabinieri di Messina”. Dopo una prima condanna avvenuta nel 2004, Gerlando Alberti torna a piede libero nel 2006, poiché la sentenza è stata depositata in ritardo. Tornerà in carcere nel 2008, condannato insieme a Sutera all’ergastolo dalla Corte d’Assise d’Appello di Messina. Nel 2009 la Cassazione respinge il ricorso e riconferma l’ergastolo ad Alberti e Sutera.
La storia di Graziella Campagna non deve essere dimenticata. “Parlare di mafia è importante, perché si deve sconfiggere ed eliminare”. Sono queste le parole di un uomo che ha lottato, insieme alla sua famiglia, per ben 24 anni prima di vedere condannati gli assassini della sorella. Pietro continua ancora oggi a lottare affinché la mafia venga estirpata: “Devono essere i politici e le forze dell’ordine a far cambiare le cose, emarginando le persone mafiose”.
di Chiara Bartoli
Graziella è una ragazza semplice e ingenua, con le aspirazioni e i sogni che ogni diciassettenne ha. Ha deciso di lasciare gli studi e di contribuire al bilancio della famiglia numerosa lavorando presso una tintoria a Villafranca Tirrena. Non guadagna molto, appena 150mila lire al mese, ma lavora con onestà e serietà, tanto da guadagnarsi presto la simpatia dei titolari della lavanderia e dei clienti. Il 12 dicembre 1985 sembra una giornata come le altre: Graziella esce da casa come sempre per recarsi al lavoro… ma quella sera non tornerà a casa. Invano la madre la attenderà alla fermata della corriera. Due giorni dopo il corpo esanime di Graziella è ritrovato nei pressi di Forte Campone e riconosciuto dal fratello, il carabiniere Pietro Campagna. La famiglia è distrutta dal dolore per una perdita cui non riesce a trovare una logica giustificazione e che comincia a delinearsi come un mistero. Graziella, infatti, frequentava una stretta cerchia di persone e l’unico spasimante la sera dell’omicidio si trovava a casa con i familiari. Chi ha deciso allora di uccidere con cinque colpi di fucile calibro dodici una ragazza innocente? E soprattutto perché?
Il mistero comincia a schiarirsi non appena Pietro scopre dei dettagli apparsi inizialmente non importanti. Graziella aveva trovato un documento nella tasca di un tale “ingegner Cannata”, che era solito frequentare la tintoria in cui Graziella lavorava. Il documento rivelava la vera identità dell’ingegnere, e cioè il latitante Gerlando Alberti junior, nipote del boss Gerlando Alberti senior. Da successive ricerche Pietro scopre che Gerlando Alberti, accortosi di aver dimenticato nel taschino della giacca il prezioso documento, insaponato (si trovava dal barbiere), fa ritorno in tintoria per recuperarlo.
Diventa allora chiaro a Pietro e alla sua famiglia il movente dell’omicidio: Gerlando Alberti, per paura di essere scoperto, aveva deciso di togliere la vita a una potenziale testimone. Alla giustizia ci vorranno però più di vent’anni per giungere alla medesima conclusione e condannare Gerlando Alberti junior e il suo guardaspalle, Giovanni Sutera. Emerge infatti fin da subito una fitta rete di collaborazione e protezione tra politici, uomini delle forze dell’ordine, mafiosi e gente comune. Una rete in cui tenta disperatamente di districarsi Pietro Campagna, un fratello per cui la ferita per la perdita della cara sorella non può rimarginarsi prima che sia fatta giustizia.
Le indagini vengono più volte depistate e i processi procedono a rilento. Come racconta Pietro Campagna: “Che ci fossero delle collusioni a livello istituzionale, fu subito chiaro. Contrariamente alla prassi istituzionale in casi analoghi, la Magistratura tolse la conduzione delle indagini alla Polizia, giunta per prima sul luogo del delitto e che aveva denunciato Gerlando Alberti jr. e Giovanni Sutera già un mese dopo l’omicidio di mia sorella, e la delegò al Nucleo Operativo dei Carabinieri di Messina”. Dopo una prima condanna avvenuta nel 2004, Gerlando Alberti torna a piede libero nel 2006, poiché la sentenza è stata depositata in ritardo. Tornerà in carcere nel 2008, condannato insieme a Sutera all’ergastolo dalla Corte d’Assise d’Appello di Messina. Nel 2009 la Cassazione respinge il ricorso e riconferma l’ergastolo ad Alberti e Sutera.
La storia di Graziella Campagna non deve essere dimenticata. “Parlare di mafia è importante, perché si deve sconfiggere ed eliminare”. Sono queste le parole di un uomo che ha lottato, insieme alla sua famiglia, per ben 24 anni prima di vedere condannati gli assassini della sorella. Pietro continua ancora oggi a lottare affinché la mafia venga estirpata: “Devono essere i politici e le forze dell’ordine a far cambiare le cose, emarginando le persone mafiose”.
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