'E’ successo un anno e mezzo fa. Per sei mesi non riuscii a pagare e allora la banca mi prese la casa. All’inizio stavo da amici ma è stato per poco. Sono finito per strada'.
PeaceReporter - Ad Atene, a ridosso del centro storico, c’è un viale percorso dai binari della ferrovia; là si trova una casa piccola, dipinta di rosso e giallo, con un giardino oltre la soglia: tavolini di metallo, sedie di paglia intorno, un bicchiere d’acqua ghiacciata. Un’oasi nel caldo torrido del pomeriggio, un rifugio per la decina di senza tetto che vivono qui, uno dei ricoveri di ‘’Klimaka’’, la Ong che, dal 2001, si occupa anche di loro. Ti accolgono con un sorriso, salutano allegri: sono quasi tutti uomini, giovani o di mezza età, greci o stranieri.
Poi riprendono a giocare a tavli; il rumore dei dadi scandisce un tempo altro, quello di un presente senza passato né futuro. Panaghiotis si fa avanti timido: fra poco deve andare a un colloquio di lavoro ma il suo sguardo non nasconde rassegnazione e un vago imbarazzo. Ha quaranta anni e per diciotto era cuoco. Viveva bene, amava il suo lavoro, aveva amici, si innamorava, girava il mondo. E comprò casa, con un mutuo decennale. Per sei anni pagò le rate puntualmente, riuscendo a restituire il 60 per cento del debito contratto ma poi perse il lavoro. Presto il suo appartamento fu espropriato dalla banca e per Panaghiotis cambiò tutto.
E’ successo un anno e mezzo fa. Per sei mesi non riuscii a pagare e allora la banca mi prese la casa. All’inizio stavo da amici ma è stato per poco. Sono finito per strada. Ero sotto shock e avevo paura. Per la mia incolumità fisica in primo luogo. Trovai un edificio abbandonato, lontano dal centro e mi ci infilai.
Tempo per trovare un nuovo lavoro non l’avevo, dovevo prima pensare a sopravvivere. Questo significava andare, due volte al giorno, alla mensa comunale e poi cercare il modo per rimanere pulito. Qui ad Atene non ci sono bagni pubblici, neanche a pagamento. E questo mi faceva soffrire più di tutto: essere sporco. Sono un cuoco, la pulizia è una questione vitale e, infatti, abbiamo l’obbligo di fare esami periodici. Dermatiti, epatiti e così via. Tutto sporco, come presentarmi come candidato chef?’’. Ho saputo, alla mensa del comune, dell’esistenza delle strutture di Klimaka. All’inizio venivo solo per lavarmi. Poi sono stato fortunato: si è liberato un posto e ora ho una casa. Questa. Qui cucino per tutti, sono pulito, ho un letto. E delle persone con cui parlare. Insomma, vivo una parvenza di normalità che mi permette di dedicarmi alla ricerca di un lavoro. Quando lo troverò, prenderò un monolocale in affitto e questa fase della mia vita sarà, finalmente, finita’’. >Eppure non è chiaro, dallo sguardo di Panaghiotis, se egli creda nel futuro.
Lo shock di trovarsi a vivere all’aperto è maggiore per quelli che sono definiti ‘neo senza tetto’, che per la tradizionale categoria composta, prevalentemente, da malati mentali o tossicodipendenti’’. Ada Alamanou, responsabile dei rapporti con la stampa di ‘’Klimaka’’ fa il punto della situazione.&C’è un dato impressionante: nell’ultimo anno si è registrata un’impennata del 25 per cento nel numero di senza casa in tutta la Grecia. Eppure, non si tratta solo di un mutamento quantitativo: è qualitativo il vero problema. I neo senza tetto sono, per la maggior parte, vittime della crisi economica, persone di istruzione medio – alta che, nel giro di poche settimane hanno perso tutto. Faccio un esempio: un uomo, Arghiris, ha divorziato e, lasciata la casa alla moglie e ai figli, ha perso anche il lavoro. I risparmi, in casi come questo e con l’incidere della crisi, finiscono presto. Lavori non se ne trovano e anche il fratello di Arghiris è disoccupato. Non avendo la possibilità di farsi ospitare per lunghi periodi, Arghiris e tanti come lui, finiscono per la strada, con tutti i rischi che questo comporta. L’insorgere di malattie psichiche, alienazione. E, ovviamente, povertà’’.
Lo Stato greco non ha mai affrontato il problema dei senza tetto. Solo alcuni comuni, come quello di Atene, si mobilitano ma quelle prescelte sono sempre misure filantropiche, la mensa, per esempio, che altro non fanno che riciclare il problema’’.
C’è un altro aspetto da tenere presente: perché un cittadino greco abbia diritto a medicine gratuite, deve dimostrare di essere povero ma per ottenere il libretto d’indigenza, la persona non deve avere debiti col Fisco e col Fondo delle pensioni. Tuttavia, si capisce che la maggior parte dei senza tetto hanno problemi, anche gravi, di debiti’’.
Malati mentali, neo – senza casa, immigrati: sono ancora in cortile, chiedono una sigaretta, contenti: Ada ha appena annunciato loro che Ghiannis ce l’ha fatta, ha trovato un lavoro, ‘’e ora gli cerchiamo casa’’. Perché, per Ghiannis, il tempo riprenda a scorrere.
PeaceReporter - Ad Atene, a ridosso del centro storico, c’è un viale percorso dai binari della ferrovia; là si trova una casa piccola, dipinta di rosso e giallo, con un giardino oltre la soglia: tavolini di metallo, sedie di paglia intorno, un bicchiere d’acqua ghiacciata. Un’oasi nel caldo torrido del pomeriggio, un rifugio per la decina di senza tetto che vivono qui, uno dei ricoveri di ‘’Klimaka’’, la Ong che, dal 2001, si occupa anche di loro. Ti accolgono con un sorriso, salutano allegri: sono quasi tutti uomini, giovani o di mezza età, greci o stranieri.
Poi riprendono a giocare a tavli; il rumore dei dadi scandisce un tempo altro, quello di un presente senza passato né futuro. Panaghiotis si fa avanti timido: fra poco deve andare a un colloquio di lavoro ma il suo sguardo non nasconde rassegnazione e un vago imbarazzo. Ha quaranta anni e per diciotto era cuoco. Viveva bene, amava il suo lavoro, aveva amici, si innamorava, girava il mondo. E comprò casa, con un mutuo decennale. Per sei anni pagò le rate puntualmente, riuscendo a restituire il 60 per cento del debito contratto ma poi perse il lavoro. Presto il suo appartamento fu espropriato dalla banca e per Panaghiotis cambiò tutto.
E’ successo un anno e mezzo fa. Per sei mesi non riuscii a pagare e allora la banca mi prese la casa. All’inizio stavo da amici ma è stato per poco. Sono finito per strada. Ero sotto shock e avevo paura. Per la mia incolumità fisica in primo luogo. Trovai un edificio abbandonato, lontano dal centro e mi ci infilai.
Tempo per trovare un nuovo lavoro non l’avevo, dovevo prima pensare a sopravvivere. Questo significava andare, due volte al giorno, alla mensa comunale e poi cercare il modo per rimanere pulito. Qui ad Atene non ci sono bagni pubblici, neanche a pagamento. E questo mi faceva soffrire più di tutto: essere sporco. Sono un cuoco, la pulizia è una questione vitale e, infatti, abbiamo l’obbligo di fare esami periodici. Dermatiti, epatiti e così via. Tutto sporco, come presentarmi come candidato chef?’’. Ho saputo, alla mensa del comune, dell’esistenza delle strutture di Klimaka. All’inizio venivo solo per lavarmi. Poi sono stato fortunato: si è liberato un posto e ora ho una casa. Questa. Qui cucino per tutti, sono pulito, ho un letto. E delle persone con cui parlare. Insomma, vivo una parvenza di normalità che mi permette di dedicarmi alla ricerca di un lavoro. Quando lo troverò, prenderò un monolocale in affitto e questa fase della mia vita sarà, finalmente, finita’’. >Eppure non è chiaro, dallo sguardo di Panaghiotis, se egli creda nel futuro.
Lo shock di trovarsi a vivere all’aperto è maggiore per quelli che sono definiti ‘neo senza tetto’, che per la tradizionale categoria composta, prevalentemente, da malati mentali o tossicodipendenti’’. Ada Alamanou, responsabile dei rapporti con la stampa di ‘’Klimaka’’ fa il punto della situazione.&C’è un dato impressionante: nell’ultimo anno si è registrata un’impennata del 25 per cento nel numero di senza casa in tutta la Grecia. Eppure, non si tratta solo di un mutamento quantitativo: è qualitativo il vero problema. I neo senza tetto sono, per la maggior parte, vittime della crisi economica, persone di istruzione medio – alta che, nel giro di poche settimane hanno perso tutto. Faccio un esempio: un uomo, Arghiris, ha divorziato e, lasciata la casa alla moglie e ai figli, ha perso anche il lavoro. I risparmi, in casi come questo e con l’incidere della crisi, finiscono presto. Lavori non se ne trovano e anche il fratello di Arghiris è disoccupato. Non avendo la possibilità di farsi ospitare per lunghi periodi, Arghiris e tanti come lui, finiscono per la strada, con tutti i rischi che questo comporta. L’insorgere di malattie psichiche, alienazione. E, ovviamente, povertà’’.
Lo Stato greco non ha mai affrontato il problema dei senza tetto. Solo alcuni comuni, come quello di Atene, si mobilitano ma quelle prescelte sono sempre misure filantropiche, la mensa, per esempio, che altro non fanno che riciclare il problema’’.
C’è un altro aspetto da tenere presente: perché un cittadino greco abbia diritto a medicine gratuite, deve dimostrare di essere povero ma per ottenere il libretto d’indigenza, la persona non deve avere debiti col Fisco e col Fondo delle pensioni. Tuttavia, si capisce che la maggior parte dei senza tetto hanno problemi, anche gravi, di debiti’’.
Malati mentali, neo – senza casa, immigrati: sono ancora in cortile, chiedono una sigaretta, contenti: Ada ha appena annunciato loro che Ghiannis ce l’ha fatta, ha trovato un lavoro, ‘’e ora gli cerchiamo casa’’. Perché, per Ghiannis, il tempo riprenda a scorrere.
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