Prosegue il ciclo di fiabe per bambini del nostro Silvio Foini
Tanti e tanti secoli fa, in un povero villaggio di contadini nel nord dell’Italia, viveva un bambino di nome Bortolo. Naturalmente in quel tempo non c’erano le scuole ed i piccoli apprendevano ciò che serviva alla sopravvivenza direttamente dalla voce dei grandi. Fra tante altre cose c’era da imparare, e alla svelta, ad aver prudenza e ad evitare, quanto più possibile, incontri con alcune belve molto pericolose, quali orsi e lupi che si aggiravano per le vallate in cerca di cibo. I lupi in particolare costituivano il pericolo maggiore e la loro ferocia era ormai diventata proverbiale: se capitava loro di incontrare nel bosco un agnellino che si era perduto staccandosi dal gregge, oppure un bambino imprudente, si poteva essere certi che questi malcapitati non sarebbero tornati a casa.
Quel pomeriggio di autunno il nostro Bortolo era andato poco lontano dalla sua casupola con il tetto di paglia e mota per raccogliere i gustosi frutti marroni caduti a terra dai grandi alberi e racchiusi nei ricci pungenti. Noi oggi le chiamiamo castagne, mentre una volta non si chiamavano così ma eran dette “ rosd ” e come tramandava la leggenda erano state donate agli uomini da un generoso mago tanti anni prima, quando i raccolti erano stati bruciati dalla siccità, affinché vi fosse del cibo per l’inverno.
Oltre alle castagne Bortolo era un esperto raccoglitore di funghi. Il sole era al tramonto e le ombre della sera si stavano allungando sul bosco. Il fuoco del camino era già stato acceso dalla mamma. Lo poteva osservare dalla porticina d’accesso alla sua casa. Si chinò per raccogliere un grosso fungo profumato e quando si rialzò in piedi rimase come pietrificato: un enorme lupo dal mantello grigio e nero lo stava fissando dritto negli occhi, ma nessun brontolio minaccioso o aggressivo usciva dalla sua gola. Il lupo si passò la lingua sul muso, quasi a leccarsi i baffi, e si avvicinò a piccoli passi a Bortolo che non riusciva quasi più nemmeno a respirare dal terrore che lo aveva ghermito. Nessun pensiero passava nella sua mente, Bortolo guardava annichilito quell’animale di cui aveva sentito raccontare storie terribili. Nessuno dei due si mosse per qualche lungo minuto, ma rimasero ad osservarsi reciprocamente. Bortolo si stava sentendo via via sempre meno terrorizzato mentre il lupo piegava la possente testa ora a destra ora a manca. Incuriosito lo si sarebbe potuto definire.
Il nostro Bortolo, riacquistata un pochino di sicurezza, compì qualche breve passo all’indietro e il lupo lo seguì, tanto che la distanza tra il bimbo e l’animale rimase costante. “Non mi vuoi mangiare messer Lupo?” domandò Bortolo rassicurato dall’atteggiamento della belva. Quest’ultima, con enorme stupore del bambino parlò con voce quasi umana: “Non desidero mangiarti. No, assolutamente. Voglio solo conoscerti e diventare un tuo amico, giocare con te e correre nei prati. Tu lo vuoi?”. Bortolo stentava a credere alle sue orecchie. Non aveva mai sentito raccontare di lupi che parlavano con gli uomini: “ Parli davvero o sto sognando, oppure mi hai già mangiato e io sono morto?”. “Io sono il signore di tutti i lupi e son venuto da te per portare la pace. Io posso parlare. Solo io. I miei fratelli non sono in grado di farlo. Comunque noi desideriamo vivere accanto a voi. Potremo aiutarvi in tante vostre attività, sai? Non vedete che non siete in grado di raccogliere le pecore e radunarle? Noi possiamo farlo in un attimo. Possiamo fare la guardia alle vostre case quando andate a lavorare nei campi e tanto ancora d’altro. Porta il mio messaggio a tuo padre e che lui lo dica a tutti. Io e te poi diverremo amici inseparabili e giocheremo sempre insieme. D’accordo piccolo uomo?”. Bortolo tese una mano e il lupo a sua volta tese la poderosa zampa. Il bambino lo abbracciò e insieme rotolarono sul prato felici.
Alcuni del villaggio avevano osservato tutta la scena sicuri che Bortolo avrebbe fatto una brutta fine, ma quando compresero che un ponte era stato gettato fra il popolo degli uomini e quello dei lupi fecero una grande festa. Da quel giorno lupi e uomini vissero sempre gli uni accanto agli altri e, cari bambini, dovete sapere che anche il vostro cane, quello che vive in casa vostra e che vi ama tantissimo e sopporta a volte anche certi dispettucci che gli fate, è un discendente di quel magico lupo, e voi di quel coraggioso bambino che aveva nome Bortolo. Rispettate sempre tutti gli animali: il buon Dio li ha voluti mettere accanto a noi per farci compagnia!
Tanti e tanti secoli fa, in un povero villaggio di contadini nel nord dell’Italia, viveva un bambino di nome Bortolo. Naturalmente in quel tempo non c’erano le scuole ed i piccoli apprendevano ciò che serviva alla sopravvivenza direttamente dalla voce dei grandi. Fra tante altre cose c’era da imparare, e alla svelta, ad aver prudenza e ad evitare, quanto più possibile, incontri con alcune belve molto pericolose, quali orsi e lupi che si aggiravano per le vallate in cerca di cibo. I lupi in particolare costituivano il pericolo maggiore e la loro ferocia era ormai diventata proverbiale: se capitava loro di incontrare nel bosco un agnellino che si era perduto staccandosi dal gregge, oppure un bambino imprudente, si poteva essere certi che questi malcapitati non sarebbero tornati a casa.
Quel pomeriggio di autunno il nostro Bortolo era andato poco lontano dalla sua casupola con il tetto di paglia e mota per raccogliere i gustosi frutti marroni caduti a terra dai grandi alberi e racchiusi nei ricci pungenti. Noi oggi le chiamiamo castagne, mentre una volta non si chiamavano così ma eran dette “ rosd ” e come tramandava la leggenda erano state donate agli uomini da un generoso mago tanti anni prima, quando i raccolti erano stati bruciati dalla siccità, affinché vi fosse del cibo per l’inverno.
Oltre alle castagne Bortolo era un esperto raccoglitore di funghi. Il sole era al tramonto e le ombre della sera si stavano allungando sul bosco. Il fuoco del camino era già stato acceso dalla mamma. Lo poteva osservare dalla porticina d’accesso alla sua casa. Si chinò per raccogliere un grosso fungo profumato e quando si rialzò in piedi rimase come pietrificato: un enorme lupo dal mantello grigio e nero lo stava fissando dritto negli occhi, ma nessun brontolio minaccioso o aggressivo usciva dalla sua gola. Il lupo si passò la lingua sul muso, quasi a leccarsi i baffi, e si avvicinò a piccoli passi a Bortolo che non riusciva quasi più nemmeno a respirare dal terrore che lo aveva ghermito. Nessun pensiero passava nella sua mente, Bortolo guardava annichilito quell’animale di cui aveva sentito raccontare storie terribili. Nessuno dei due si mosse per qualche lungo minuto, ma rimasero ad osservarsi reciprocamente. Bortolo si stava sentendo via via sempre meno terrorizzato mentre il lupo piegava la possente testa ora a destra ora a manca. Incuriosito lo si sarebbe potuto definire.
Il nostro Bortolo, riacquistata un pochino di sicurezza, compì qualche breve passo all’indietro e il lupo lo seguì, tanto che la distanza tra il bimbo e l’animale rimase costante. “Non mi vuoi mangiare messer Lupo?” domandò Bortolo rassicurato dall’atteggiamento della belva. Quest’ultima, con enorme stupore del bambino parlò con voce quasi umana: “Non desidero mangiarti. No, assolutamente. Voglio solo conoscerti e diventare un tuo amico, giocare con te e correre nei prati. Tu lo vuoi?”. Bortolo stentava a credere alle sue orecchie. Non aveva mai sentito raccontare di lupi che parlavano con gli uomini: “ Parli davvero o sto sognando, oppure mi hai già mangiato e io sono morto?”. “Io sono il signore di tutti i lupi e son venuto da te per portare la pace. Io posso parlare. Solo io. I miei fratelli non sono in grado di farlo. Comunque noi desideriamo vivere accanto a voi. Potremo aiutarvi in tante vostre attività, sai? Non vedete che non siete in grado di raccogliere le pecore e radunarle? Noi possiamo farlo in un attimo. Possiamo fare la guardia alle vostre case quando andate a lavorare nei campi e tanto ancora d’altro. Porta il mio messaggio a tuo padre e che lui lo dica a tutti. Io e te poi diverremo amici inseparabili e giocheremo sempre insieme. D’accordo piccolo uomo?”. Bortolo tese una mano e il lupo a sua volta tese la poderosa zampa. Il bambino lo abbracciò e insieme rotolarono sul prato felici.
Alcuni del villaggio avevano osservato tutta la scena sicuri che Bortolo avrebbe fatto una brutta fine, ma quando compresero che un ponte era stato gettato fra il popolo degli uomini e quello dei lupi fecero una grande festa. Da quel giorno lupi e uomini vissero sempre gli uni accanto agli altri e, cari bambini, dovete sapere che anche il vostro cane, quello che vive in casa vostra e che vi ama tantissimo e sopporta a volte anche certi dispettucci che gli fate, è un discendente di quel magico lupo, e voi di quel coraggioso bambino che aveva nome Bortolo. Rispettate sempre tutti gli animali: il buon Dio li ha voluti mettere accanto a noi per farci compagnia!
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È presente 1 commento
Che bella favola Questa sì porta i bambini in quel mondo a loro idoneo cioè delle favole che insegnano sempre qualcosa ! E imparano anche un linguaggio corretto e gentile, senza parolacce come spesso si sente nei cartoni animati (per lo più giappone )dove spesso vince il più forte con qualsiasi mezzo
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