venerdì, settembre 30, 2011
Le vittime della tratta spesso temono di denunciare i loro aguzzini. Alcune associazioni toscane lavorano al recupero di queste persone

PeaceReporter - Trentamila persone ogni anno sono vittime della tratta. Quasi sempre sono donne, spesso, troppo spesso sono costrette a prostituirsi. Obbligate ascendere per le strade a vendere il loro corpo sotto la minaccia di da spietati aguzzini, soprattutto le donne provenienti dalla Nigeria sono un facile obiettivo. A loro le tradizioni nigeriane hanno insegnato che il Wodoo è potente e può far male. Per questo non si ribellano ai loro sfruttatori. A loro hanno fatto capire, quasi mai con le buone ma sempre più con le cattive maniere, che le famiglie rimaste in patria avrebbero pagato a caro prezzo una loro possibile ribellione. Anche per queste ragioni le denunce di sfruttamento scarseggiano.

Ma non solo. Oggi la tratta riguarda ambiti diversi come ad esempio il lavoro. Soprattutto nella regione Toscana, dove un gruppo di associazioni da molto tempo lavora per sostenere le persone vittime di tratta.

Ne abbiamo discusso con l'avvocato Francesca Nicodemi, che fa parte dell'Associazione Trame, un'organizzazione che coinvolge 11 enti del terzo settore.

"Ovviamente quando parliamo di tratta pensiamo sempre a persone che da fuori confine entrano nel nostro Paese. Non sempre è così e oggi possiamo vedere anche il nascere della tratta interna nata dalla necessità di spostamento ai fini dello sfruttamento in vari ambiti, come prostituzione, accattonaggio, lavoro e economie illegali. A volte anche di persone italiane ma in percentuale ridottissima. In ogni caso, la vittima di tratta nel senso prettamente giuridico è quella che viene condotta in Italia al fine di essere impiegata in condizioni di sfruttamento in determinati contesti" dice l'avvocato.

Ma nella regione Toscana la Trame Onlus lavoro con costanza e impegno per trovare soluzioni alla condizione di queste persone. "Certo all'inizio la cosa più conosciuta era lo sfruttamento della prostituzione. Questo grazie al flusso migratorio dei primi anni Novanta. La cosa era ben visibile a tutti. Di minore impatto invece poteva essere lo sfruttamento del lavoro, che è rimasto sommerso per molti anni e che solo adesso è iniziato a emergere. Come le vittime dell'accattonaggio ad esempio" continua la Nicodemo.

Ci sono anche altri ambiti di sfruttamento e quindi di tratta, non solo la prostituzione. "La regione Toscana sta sperimentando diversi progetti per portare sollievo a queste persone. Però siamo ancora ben lontani dal poter usare tutte le nostre potenzialità rispetto ad un fenomeno che noi sappiamo bene che esiste, come la manodopera cinese nella provincia di Prato. Inoltre, poi, dobbiamo anche scontrarci con la ritrosia delle vittime che in parte non si sentono vittime e in parte hanno un forte timore nei confronti delle organizzazioni criminali cinesi che gestiscono le loro vite e che sono davvero molto cattive. Quindi è un fenomeno che stenta a emergere se non quando ci sono episodi forti, traumatici, come ad esempio una vittima che non regge psicologicamente i ritmi lavorativi e magari, come già accaduto tenta il suicidio. Ecco, però, solo in casi estremi come questo vengono alla luce certe situazioni. In ogni caso sono persone che fanno molta fatica a rivolgersi a chiunque sia in grado di fornire loro dei servizi. Parlano solo quando ci sono operazioni di polizia. Penso che paradossalmente è più facile, perché ci sono molte strutture in grado di aiutare le persone, uscire dal giro della prostituzione che denunciare il datore di lavoro che ti sfrutta. Ma ci sono anche altre regioni dove lo sfruttamento del lavoro è molto più evidente, penso ad esempio agli stagionali che invadono i campi di Puglia e lavorano nel settore dell'agricoltura" conclude l'avvocato.

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