giovedì, settembre 08, 2011
L’arte è capace di esprimere e rendere visibile il bisogno dell’uomo di andare oltre ciò che si vede, manifesta la sete e la ricerca dell’infinito

di Carlo Mafera

I legami trasversali, cioè quei collegamenti tra ciò che noi stiamo pensando e gli avvenimenti quotidiani, sono stati scoperti recentemente da Jung durante una psicoterapia che il grande psicanalista stava conducendo. Così, mentre riflettevo e discutevo con un amico sul senso ultimo delle cose, anche in considerazione della recente scomparsa della mia cara mamma, ecco che ci è apparsa una porticina di una chiesa nel quartiere Esquilino di Roma, vicinissimo alla celebre basilica di Santa Maria Maggiore. Entrati, siamo stati letteralmente folgorati dalla bellezza dei mosaici che stavano all’interno della chiesa. Proprio nella parte absidale di Santa Prassede, questo era il nome della chiesa, c’era la risposta ai miei interrogativi. Infatti, dalle didascalie lette nei libri a disposizione risultava che gli splendidi mosaici che la adornavano furono commissionati da Papa Pasquale I intorno all’anno 822: quello absidale e dell’arco trionfale raffiguravano il ritorno di Cristo e l’adorazione dell’Agnello. Le raffigurazioni musive mostravano la fede pasquale della Chiesa e per l’appunto il catino absidale segnava la direzione del cammino, il senso di marcia la cui meta è Cristo risorto, Colui che dice: Io vengo presto. Ecco, in quell’immagine il visitatore trova la consolazione del Cristo che ti osserva e ti dice “tornerò presto… sto preparando un posto anche per te nella casa del Padre come hanno trovato un posto quelli che ti hanno preceduto… non temere”. L’arte e la fede, la fantasia immaginifica e la teologia liturgica si fondono insieme in un’unica realtà nella visione dell’abside di Santa Prassede. L’Agnello ritto e immolato che sormonta Cristo trionfante raffigura la speranza della Chiesa. Gli sconvolgimenti della storia possono turbare l’animo dei credenti ma la fede nel ritorno di Cristo è la sicurezza che alla fine l’amore di Dio trionfa.
Sempre continuando nel pensiero trasversale sulla bellezza mi sono imbattuto nella catechesi del Santo Padre Benedetto XVI nell’udienza di mercoledì 31 agosto, circa una settimana fa: «Perché non raccogliere le tante testimonianze di quella “via della bellezza - via pulchritudinis” che ci possono sostenere nel cammino della vita, ridando all’uomo di oggi, in particolare ai giovani, il senso affascinante del compito della vita, della dignità del vivere, che tanto ci caratterizza?». Per esteso è bello riportare quanto Benedetto XVI ha detto qualche giorno fa e mi sembrava che parlasse proprio a me, a proposito di quanto mi era capitato nella visita “casuale” a Santa Prassede all’Esquilino: «Oggi vorrei soffermarmi brevemente su uno di questi canali che possono condurci a Dio ed essere anche di aiuto nell’incontro con Lui: è la via delle espressioni artistiche, parte di quella “via pulchritudinis” di cui ho parlato più volte e che l’uomo d’oggi dovrebbe recuperare nel suo significato più profondo. Forse vi è capitato qualche volta davanti ad una scultura, ad un quadro, ad alcuni versi di una poesia, o ad un brano musicale, di provare un’intima emozione, un senso di gioia, di percepire, cioè, chiaramente che di fronte a voi non c’era soltanto materia, un pezzo di marmo o di bronzo, una tela dipinta, un insieme di lettere o un cumulo di suoni, ma qualcosa di più grande, qualcosa che “parla”, capace di toccare il cuore, di comunicare un messaggio, di elevare l’animo. Un’opera d’arte è frutto della capacità creativa dell’essere umano, che si interroga davanti alla realtà visibile, cerca di scoprirne il senso profondo e di comunicarlo attraverso il linguaggio delle forme, dei colori, dei suoni. L’arte è capace di esprimere e rendere visibile il bisogno dell’uomo di andare oltre ciò che si vede, manifesta la sete e la ricerca dell’infinito. Anzi, è come una porta aperta verso l’infinito, verso una bellezza e una verità che vanno al di là del quotidiano. E un’opera d’arte può aprire gli occhi della mente e del cuore, sospingendoci verso l’alto». E’ proprio ciò che è successo a me!

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