Sono ancora confusi i bilanci di una giornata di scontri (ieri) fra un gruppo di migranti e alcuni cittadini lampedusani. A far salire la tensione, il gesto estremo di un gruppo di tunisini che aveva rubato dal centro di primo soccorso e accoglienza (Cpsa) dell’isola alcune bombole di gas minacciando di farle saltare in aria nel porto vecchio.
Agenzia Misna - Nelle scorse settimane, il protrarsi del trattenimento dei migranti nel Centro, per legge limitato a non più di 48 ore, aveva determinato varie proteste e la fuga di alcuni detenuti. Per la maggioranza tunisini e nordafricani, circa mille migranti sono tuttora al Cpsa in condizioni rese più precarie dopo l’incendio doloso sviluppatosi ieri all’interno del Centro. “È forte la preoccupazione per la sicurezza di soggetti vulnerabili quali donne incinte e persone disabili che dovrebbero essere ospitate in strutture adeguate” ha detto alla MISNA un portavoce di Medici senza frontiere (Msf) che durante l’incendio ha contribuito alle operazioni di soccorso ed evacuazione. Più volte Msf aveva denunciato “le inadeguate condizioni igieniche e di accoglienza dei centri soprattutto in situazione di sovraffollamento”.
Concordi anche i rappresentati di altre associazioni: “La tensione è altissima: i lampedusani sono esasperati da una situazione ingestibile che dura da troppo tempo. Oltre ai migranti, sono a rischio anche i nostri operatori perché in qualche modo vengono identificati con chi li aiuta” dice alla MISNA Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell’Arci, associazione di volontariato presente a Lampedusa per fornire servizi di informazione e assistenza.
Il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), in una nota diffusa in queste ore, condanna ogni tipo di violenza che danneggia, innanzitutto, quanti arrivano a Lampedusa in cerca di protezione: “Ci chiediamo perché non sono stati fatti in tempi brevi i trasferimenti dei migranti da Lampedusa verso la terraferma. Considerando una situazione giorno dopo giorno più tesa, questo elemento è incomprensibile”.
Agenzia Misna - Nelle scorse settimane, il protrarsi del trattenimento dei migranti nel Centro, per legge limitato a non più di 48 ore, aveva determinato varie proteste e la fuga di alcuni detenuti. Per la maggioranza tunisini e nordafricani, circa mille migranti sono tuttora al Cpsa in condizioni rese più precarie dopo l’incendio doloso sviluppatosi ieri all’interno del Centro. “È forte la preoccupazione per la sicurezza di soggetti vulnerabili quali donne incinte e persone disabili che dovrebbero essere ospitate in strutture adeguate” ha detto alla MISNA un portavoce di Medici senza frontiere (Msf) che durante l’incendio ha contribuito alle operazioni di soccorso ed evacuazione. Più volte Msf aveva denunciato “le inadeguate condizioni igieniche e di accoglienza dei centri soprattutto in situazione di sovraffollamento”.
Concordi anche i rappresentati di altre associazioni: “La tensione è altissima: i lampedusani sono esasperati da una situazione ingestibile che dura da troppo tempo. Oltre ai migranti, sono a rischio anche i nostri operatori perché in qualche modo vengono identificati con chi li aiuta” dice alla MISNA Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell’Arci, associazione di volontariato presente a Lampedusa per fornire servizi di informazione e assistenza.
Il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), in una nota diffusa in queste ore, condanna ogni tipo di violenza che danneggia, innanzitutto, quanti arrivano a Lampedusa in cerca di protezione: “Ci chiediamo perché non sono stati fatti in tempi brevi i trasferimenti dei migranti da Lampedusa verso la terraferma. Considerando una situazione giorno dopo giorno più tesa, questo elemento è incomprensibile”.
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