Zygmunt Bauman al Festival della Mente si inoltra nella differenza tra comunità e rete
GreenReport - «Tra i momenti più difficili che la vita ci mette davanti ci sono quelli in cui ci troviamo ad esitare. In linguaggio filosofico si parla piuttosto di situazioni ambivalenti, quando non sappiamo se la cosa che abbiamo davanti ci attrae o ci respinge: o meglio, fa entrambe le cose. È una situazione che ci capita abbastanza spesso, ed un tipico caso di ambivalenza si trova in quel binomio formato dal desiderio di libertà e quello di sicurezza». Un equilibrio sfuggente, difficile da individuare ed imbastire. Proseguendo con le parole del prof. Bauman durante l'evento clou programmato per la prima serata del Festival della Mente, a Sarzana, «avere sia libertà che sicurezza e nella giusta proporzione è estremamente difficile; avere grande libertà senza però qualcosa di solido sotto i piedi su cui fare affidamento è paralizzante, neanche permette di sfruttare tale libertà. Al contrario, avere molta sicurezza implica rinunciare a gran parte della nostra libertà, col risultato di sentirci in prigione. È molto difficile trovare il giusto equilibrio ed anche io, che pure ho vissuto abbastanza, ancora non l'ho trovato».
Questa riflessione non può non riportare l'attenzione verso quel welfare state che si pone proprio come bilancia tra libertà e sicurezza. Non è sufficiente garantire uguali condizioni di partenza ai cittadini perché possa essere propiziato uno sviluppo armonico, esaltando solo i pur fondamentali diritti all'uguaglianza formale e sostanziale; lo Stato deve estendere la sua tutela durante il corso di tutta la vita dell'individuo, che rinuncia a una fetta della sua libertà per sfruttare appieno il resto della torta che gli rimane, con una rete sempre pronta sotto i suoi piedi per attutire la sua caduta dovesse inciampare durante il percorso della sua esistenza che, senza bisogno di filosofeggiare, è per tutti una passeggiata da equilibrista sul filo di un rasoio. Un modello che offra insomma il sostegno dello Stato al cittadino dalla culla alla tomba, come si usa dire nei Paesi scandinavi, all'avanguardia su questo fronte.Mentre proprio il welfare state subisce una forte crisi sotto i colpi dell'ideologia ultraliberista, e da marchio politico che tradizionalmente contraddistingue l'Europa ormai è lasciato sempre più sbiadire, un'altra e più effimera alternativa si propone di esaudire in altro modo la promessa di bilanciare libertà e sicurezza nei rapporti sociali, ed è avanzata dalla rete ed i social network in particolare.«Che cosa offre Zuckemberg? (fondatore di facebook, ndr) A tutti gli effetti, la promessa di non essere mai più soli: lo stesso slogan col quale veniva venduto il walkman!
Con i social network puoi aggiungere continuamente amici, ma senza farti troppi problemi al loro proposito - continua il sociologo polacco - La comunità, ora, è venuta ad identificarsi con il termine "rete" nel modo comune di esprimersi. La mia tesi è però che tale rete che si forma sul web sia ben diversa da una comunità, che si basa su legami intimi, opinioni condivise, il correre in soccorso gli uni verso gli altri, rapporti ravvicinati; gli amici su facebook non ti fanno sgarbi, e neanche ti limitano nelle tue scelte... ma poi ci saranno nel momento del bisogno?».Su che piano confrontare, dunque, queste due diverse modalità di relazionarsi con l'altro? Se la comunità batte la rete sull'aspetto della sicurezza e sappiamo che rappresenterà un punto di riferimento tutto sommato stabile, la rete va in vantaggio sul piano della libertà personale: mentre è l'individuo ad appartenere ad una comunità, lo stesso individuo diviene il padrone di un network.«Siamo di fronte a quel conflitto, a quella contraddizione fondamentale a cui abbiamo accennato prima - articola ancora Bauman - e che si mostra sotto molteplici aspetti: il nostro desiderio di essere indipendenti e padroni di noi stessi si contrappone alla nostra volontà di appartenere ad un tutto più grande, come il nostro bisogno di essere riconosciuti come individui unici si scontra con la necessità di essere riconosciuti dagli altri, per non sentirci soli ed isolati nella nostra unicità».«Che cosa s'è perso (o guadagnato), dunque, in questo passaggio tra la comunità e la rete? Innanzi tutto c'è stato un deficit nei riguardi della sicurezza e della stabilità dei rapporti, con un indebolimento dei vincoli che ci legano agli altri esseri umani, che si fanno ora più facilmente revocabili: se ci abituiamo alle caratteristiche proprie delle amicizie su internet, facciamo si che questo modus operandi diventi la norma anche per gli amici offline».Dato che parliamo di scelte, anche nel caso che vede contrapposte sicurezza e libertà, è implicito che non è possibile ottenere proprio tutto, ma limitarsi ad individuare il giusto compromesso. È meglio appartenere ad una comunità o ad una rete?«Il repentino ed enorme successo di quelle invenzione che sono i social network, con Facebook (che raccoglie oggi circa 1 miliardo di utenti, un'enorme corsa verso un rapporto interpersonale più libero) devono gran parte della loro ascesa alla promessa di conciliare il binomio tra libertà e sicurezza di cui dicevamo - conclude Bauman - In parte, secondo me, sono riusciti a mantenere il loro intento, con un'avvertenza però: i rapporti che avevamo anche prima sono cambiati in un modo che dobbiamo forzatamente tenere di conto.«I social network sono al passo coi nostri tempi, con individui che vogliono con meno sforzo una soddisfazione che sia istantanea. Però, questa tentazione è davvero soddisfacente? Una vita comoda, agevole e senza sforzi vale la pena di essere vissuta? Vi lascio questa domanda, a cui ognuno può fornire una propria e legittima risposta».
Luca Aterini
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