Diplomati, laureati, ragazzi in cerca di lavoro e pieni di aspettative che troppo spesso vengono disattese. Le scelte che sono state fatte nel corso degli anni da parte della politica avevano il nobile intento di rendere più versatile e dinamico il mercato del lavoro, ma hanno finito soltanto per incrementare il precariato e chi ci lucra.
di Irene Poli
Quando si parla di lavoro, è sempre il datore a tenere il coltello dalla parte del manico. I tirocini per esempio sono sfruttati per avere dei dipendenti a tempo determinato a costo zero, e si può contare su un rimborso spese solo quando va bene. L'assunzione poi dovrebbe seguire lo stage come naturale evoluzione e consolidamento del rapporto di lavoro, ma spesso non è così: si viene rimpiazzati con un altro tirocinante (con altrettante speranze per il suo futuro) e si riparte quindi con la ricerca di un nuovo impiego. Ricerca questa che non riguarda solo i neolaureati ovviamente, ma anche persone che si sono ritrovate disoccupate per gli inevitabili tagli delle aziende e una situazione economica mondiale progressivamente peggiorata fino ad arrivare a un passo dal collasso.
Nel corso degli anni anche il proliferare di corsi univesitari e interfacoltà dai nomi fantasiosi e dai propositi ancor più ambiziosi ha dato una mano a peggiorare la situazione. Molti sono i giovani allettati dall'idea di seguire un corso di studi al passo con i tempi, incentrato sulle nuove tecnologie e foriero di opportunità lavorative, ma non sempre - anzi, quasi mai - i risultati sono quelli sperati, e chi esce da queste lauree si ritrova a margine del mercato del lavoro, un mercato sempre più chiuso e difficile. Si è cercato anche qui di porre un freno, di abolire percorsi di studio messi insieme come castelli di sabbia, di aumentare controlli e vincoli... ma la legge in questo caso non può essere retroattiva e la questione resta per chi sta pagando errori altrui.
Non è un paese per giovani... che siano disposti ad arrendersi. La difficile crisi, le mille incognite che si presentano ogni giorno sulla strada di chi si affaccia nel mondo del lavoro non fanno altro che segnare un confine: c'è chi si lascia andare e chi non si arrende. Ci sono giovani determinati a fare la propria parte nella società, che si accontentano di lavori minori rispetto a quelli per cui hanno studiato, pur di non pesare ulteriormente sulle spalle della famiglia, intenzionati a crearsi una propria indipendenza economica per realizzare i loro sogni, ad affermarsi come individui e parte integrante della società.
"La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto." - Art. 4 della Costituzione Italiana. Lavorare è un nostro diritto, oltre che dovere. Non riuscire a esercitarlo è un'assurdità.
di Irene Poli
Quando si parla di lavoro, è sempre il datore a tenere il coltello dalla parte del manico. I tirocini per esempio sono sfruttati per avere dei dipendenti a tempo determinato a costo zero, e si può contare su un rimborso spese solo quando va bene. L'assunzione poi dovrebbe seguire lo stage come naturale evoluzione e consolidamento del rapporto di lavoro, ma spesso non è così: si viene rimpiazzati con un altro tirocinante (con altrettante speranze per il suo futuro) e si riparte quindi con la ricerca di un nuovo impiego. Ricerca questa che non riguarda solo i neolaureati ovviamente, ma anche persone che si sono ritrovate disoccupate per gli inevitabili tagli delle aziende e una situazione economica mondiale progressivamente peggiorata fino ad arrivare a un passo dal collasso.
Nel corso degli anni anche il proliferare di corsi univesitari e interfacoltà dai nomi fantasiosi e dai propositi ancor più ambiziosi ha dato una mano a peggiorare la situazione. Molti sono i giovani allettati dall'idea di seguire un corso di studi al passo con i tempi, incentrato sulle nuove tecnologie e foriero di opportunità lavorative, ma non sempre - anzi, quasi mai - i risultati sono quelli sperati, e chi esce da queste lauree si ritrova a margine del mercato del lavoro, un mercato sempre più chiuso e difficile. Si è cercato anche qui di porre un freno, di abolire percorsi di studio messi insieme come castelli di sabbia, di aumentare controlli e vincoli... ma la legge in questo caso non può essere retroattiva e la questione resta per chi sta pagando errori altrui.
Non è un paese per giovani... che siano disposti ad arrendersi. La difficile crisi, le mille incognite che si presentano ogni giorno sulla strada di chi si affaccia nel mondo del lavoro non fanno altro che segnare un confine: c'è chi si lascia andare e chi non si arrende. Ci sono giovani determinati a fare la propria parte nella società, che si accontentano di lavori minori rispetto a quelli per cui hanno studiato, pur di non pesare ulteriormente sulle spalle della famiglia, intenzionati a crearsi una propria indipendenza economica per realizzare i loro sogni, ad affermarsi come individui e parte integrante della società.
"La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto." - Art. 4 della Costituzione Italiana. Lavorare è un nostro diritto, oltre che dovere. Non riuscire a esercitarlo è un'assurdità.
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È presente 1 commento
E' purtroppo tutto vero quanto scritto nell'articolo: ho un figlio disoccupato e ogni anno parte alla ricerca di un corso (ne ha fatti 4 e l'ultimo sembrava gli aprisse le porte ad un lavoro, invece niente solo elogi per il lavoro svolto senza una piccola ricompensa ) e quando chiede aiuto a chi potrebbe si sente dire che c'è chi ha più bisogno di lui che ha i genitori con una discreta pensione. Ma la dignità della persona ? Speriamo che qualcuno rispolveri l'articolo della COSTITUZIONE ma soprattutto speriamo aumentino le opportunità di lavoro anche se stando così le cose non ci sono speranze e nessuna volontà da parte della politica.Quello che importa è :salvare i conti e l'economia virtuale
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