Circa 800 milioni di persone nel mondo non sono in grado di leggere e scrivere: è quanto denuncia l’Unesco oggi, nella Giornata Internazionale dell’Alfabetizzazione, sottolineando che i bambini analfabeti sono circa 70 milioni.
Radio Vaticana - Ieri a New Delhi sono stati consegnati i Premi internazionali dell’Unesco assegnati a quanti promuovono con diverse iniziative l’alfabetizzazione. Quest’anno sono stati premiati, tra gli altri, un progetto per l’istruzione di base in Burundi; uno a favore delle minoranze linguistiche negli Stati Uniti; un’iniziativa in Congo che unisce didattica e promozione della cultura della pace. Tema di quest’anno, infatti, è proprio “l’alfabetizzazione per la pace”. Nell’intervista di Fausta Speranza, il presidente dell’Opera di promozione dell’alfabetizzazione nel mondo, Opam, mons. Aldo Martini, spiega la scelta del tema: ascolta
R. – Indica – direi - la finalità ultima dell’alfabetizzazione: rendere le persone libere. L’alfabetizzazione è fondamentale per la pace: se non c’è libertà, non c’è vita vivibile, non c’è vita dignitosa. Le cifre parlano chiaro: oltre alle cifre ufficiali, ci sono oltre 50 milioni di bambini invisibili, che non vengono registrati all’anagrafe. Si calcola che ogni anno un terzo delle persone che nascono non venga censito, perché molti Stati non hanno un’anagrafe, perché molte minoranze non sono considerate. La maggior parte di queste persone sono donne: l’85 per cento degli analfabeti è rappresentato da donne. E’ una situazione veramente insostenibile! Se pensiamo che una persona su sei praticamente è analfabeta, non ha accesso ad uno dei diritti fondamentali, sancito anche dalle Carte degli Nazioni Unite. Molte cose scompaiono di fronte ai censimenti… Molti Stati hanno anche l’interesse a far apparire più alfabetizzati di quanti, forse, ce ne siano realmente, o comunque persone che possono essere in grado di gestirsi la vita, perché hanno ricevuto un’istruzione.
D. – Diciamo che, purtroppo, l’alfabetizzazione fa rima con povertà…
R. – Certamente, perché l’obiettivo del millennio – garantire la scuola a tutti – è ben lontano dall’essere raggiunto. Una delle cause sono gli investimenti in armamenti: dove aumentano, diminuiscono gli investimenti in istruzione.
D. – Che cosa fa l’Opam, l’Opera di promozione dell’alfabetizzazione nel mondo?
R. – L’Opam è una associazione nata 40 anni fa e quindi abbiamo – diciamo - una certa storia alle spalle. E’ nata dall’intuizione di un missionario, don Carlo Muratore, che, tornando in Italia, si è posto come obiettivo quello di insistere non tanto e sugli aiuti materiali da mandare alle popolazioni, anche quelle con le quali aveva lavorato, ma piuttosto creare le condizioni affinché una persona possa camminare con le proprie gambe: creare libertà attraverso l’istruzione! In concreto l’Opam ha cominciato a fare progetti di sviluppo per esempio con piccole scuole agrarie in America Latina, da dove proveniva questo missionario; piccoli progetti di alfabetizzazione per dare la possibilità ai ragazzi di coltivare la terra, di rendere autonomi loro e le loro famiglie, di crearsi un futuro. Sono progetti finanziati essenzialmente da privati e quindi da persone alle quali inviamo il nostro bollettino mensile, persone che vengono contattate con il passaparola o con qualche spot radiofonico o televisivo. Non sono i grandi ricchi che ci aiutano, non sono neanche i governi: non facciamo progetti di partenariato con i governi. E questo perché vogliamo realizzare piccoli progetti, micro-realizzazioni, che siano gestibili dalla gente in loco: piccoli progetti di 5mila o 15mila euro gestibili dal missionario locale… Aiutiamo molto la formazione dei maestri, perché ci rendiamo conto che non basta dire che esiste una scuola, ma bisogna che esistano maestri in grado di insegnare qualcosa ai ragazzi. (mg)
Radio Vaticana - Ieri a New Delhi sono stati consegnati i Premi internazionali dell’Unesco assegnati a quanti promuovono con diverse iniziative l’alfabetizzazione. Quest’anno sono stati premiati, tra gli altri, un progetto per l’istruzione di base in Burundi; uno a favore delle minoranze linguistiche negli Stati Uniti; un’iniziativa in Congo che unisce didattica e promozione della cultura della pace. Tema di quest’anno, infatti, è proprio “l’alfabetizzazione per la pace”. Nell’intervista di Fausta Speranza, il presidente dell’Opera di promozione dell’alfabetizzazione nel mondo, Opam, mons. Aldo Martini, spiega la scelta del tema: ascolta
R. – Indica – direi - la finalità ultima dell’alfabetizzazione: rendere le persone libere. L’alfabetizzazione è fondamentale per la pace: se non c’è libertà, non c’è vita vivibile, non c’è vita dignitosa. Le cifre parlano chiaro: oltre alle cifre ufficiali, ci sono oltre 50 milioni di bambini invisibili, che non vengono registrati all’anagrafe. Si calcola che ogni anno un terzo delle persone che nascono non venga censito, perché molti Stati non hanno un’anagrafe, perché molte minoranze non sono considerate. La maggior parte di queste persone sono donne: l’85 per cento degli analfabeti è rappresentato da donne. E’ una situazione veramente insostenibile! Se pensiamo che una persona su sei praticamente è analfabeta, non ha accesso ad uno dei diritti fondamentali, sancito anche dalle Carte degli Nazioni Unite. Molte cose scompaiono di fronte ai censimenti… Molti Stati hanno anche l’interesse a far apparire più alfabetizzati di quanti, forse, ce ne siano realmente, o comunque persone che possono essere in grado di gestirsi la vita, perché hanno ricevuto un’istruzione.
D. – Diciamo che, purtroppo, l’alfabetizzazione fa rima con povertà…
R. – Certamente, perché l’obiettivo del millennio – garantire la scuola a tutti – è ben lontano dall’essere raggiunto. Una delle cause sono gli investimenti in armamenti: dove aumentano, diminuiscono gli investimenti in istruzione.
D. – Che cosa fa l’Opam, l’Opera di promozione dell’alfabetizzazione nel mondo?
R. – L’Opam è una associazione nata 40 anni fa e quindi abbiamo – diciamo - una certa storia alle spalle. E’ nata dall’intuizione di un missionario, don Carlo Muratore, che, tornando in Italia, si è posto come obiettivo quello di insistere non tanto e sugli aiuti materiali da mandare alle popolazioni, anche quelle con le quali aveva lavorato, ma piuttosto creare le condizioni affinché una persona possa camminare con le proprie gambe: creare libertà attraverso l’istruzione! In concreto l’Opam ha cominciato a fare progetti di sviluppo per esempio con piccole scuole agrarie in America Latina, da dove proveniva questo missionario; piccoli progetti di alfabetizzazione per dare la possibilità ai ragazzi di coltivare la terra, di rendere autonomi loro e le loro famiglie, di crearsi un futuro. Sono progetti finanziati essenzialmente da privati e quindi da persone alle quali inviamo il nostro bollettino mensile, persone che vengono contattate con il passaparola o con qualche spot radiofonico o televisivo. Non sono i grandi ricchi che ci aiutano, non sono neanche i governi: non facciamo progetti di partenariato con i governi. E questo perché vogliamo realizzare piccoli progetti, micro-realizzazioni, che siano gestibili dalla gente in loco: piccoli progetti di 5mila o 15mila euro gestibili dal missionario locale… Aiutiamo molto la formazione dei maestri, perché ci rendiamo conto che non basta dire che esiste una scuola, ma bisogna che esistano maestri in grado di insegnare qualcosa ai ragazzi. (mg)
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