mercoledì, settembre 28, 2011
Nel suo libro edito dalle Edizioni Paoline, Vincenzo Noja ci conduce passo per passo, con l’aiuto dei massimi filosofi e teologi di tutte le grandi religioni, a superare il timore atavico della morte

di Carlo Mafera

La vita vissuta in pieno, ma anche nel pieno adempimento della volontà del Creatore e nel rispetto della nostra natura umana: questo è il compito che l’autore di questa antologia si prefigge. Per la Lettera agli Ebrei, non solo noi siamo stati liberati dalla morte, ma anche dal timore di essa che ci teneva schiavi per tutta la vita. Liberati insieme dalla morte e dalla schiavitù permanente del suo pensiero. E proprio da questo ossessivo pensiero che dobbiamo liberarci. Lo sapeva bene Cesare Pavese che diceva: “La morte è il riposo, ma il pensiero della morte è il disturbatore di ogni riposo”. Vincenzo Noja ci conduce passo passo, con l’aiuto dei massimi filosofi e teologi di tutte le grandi religioni, a superare questo timore atavico. E’ significativo osservare come ci siano molti punti in comune tra le più grandi religioni. Per esempio si può ricordare il cenotafio di Gialal ed-Din Rumi, il grande poeta mistico musulmano del XIII secolo. In esso si legge: "Dio mio, concedimi di morire nel desiderio di incontrarti. Concedimi di prepararmi al giorno dell'Incontro". Tali parole ci svelano una delle tante coincidenze spirituali tra le grandi religioni che testimoniano la trasversalità dell’inconscio collettivo.

Allo stesso modo ricordo un vecchio film del 1990, “Sogni” di Akira Kurosawa, realizzato ad episodi. Uno di questi era il racconto della festosa processione del vecchietto del villaggio che era per l’appunto passato a miglior vita. Sicuramente in oriente hanno ben più sviluppato di noi occidentali il senso dell’eternità. Il retaggio che ci portiamo dietro è ancora molto pesante e secoli di paura della morte non si possono cancellare in pochi decenni. La morte è un tabù come il sesso nell’era vittoriana; fu detto e ripetuto a suo tempo che l’era vittoriana era finita ma il tabù era rimasto in piedi, anzi si era fatto ancora più intoccabile e inavvicinabile.

Il libro di Vincenzo Noja “Verso la luce” contribuirà a dare una spallata a questa rimozione incancrenita nel tempo? Io ne sono sicuro. Intanto ogni cristiano, come ogni altro seguace di altre religioni, non solo non dovrebbe aver paura della morte, ma essere capace di pensare ad essa in termini positivi e di testimoniare la gioia della resurrezione in termini di speranza. In questo modo dobbiamo saper guardare i nostri morti che vivono nella luce di Dio. Mia madre, morta recentemente, ha perciò cambiato soltanto dimensione e adesso sta continuando a vivere la vita eterna che stava vivendo su questa terra; ora però solo in spirito, in attesa della resurrezione dei corpi che avverrà alla fine dei tempi. Un episodio che mi ha lasciato lietamente sorpreso è stato la reazione di un’anziana signora che, sentendo la mia richiesta di un sacerdote per l’estrema unzione nella parrocchia salesiana di Santa Maria della Speranza in Roma, ha esclamato con gioia: “Beata lei che va in paradiso, anch’io non vedo l’ora di andarci!”. Ecco la prova di una grande fede consapevole del fine ultimo della nostra vita terrena.

Il libro di Vincenzo Noja “Verso la luce” ci invita a riflettere su tutto ciò e sarebbe una vera mancanza non leggerlo e impedire alla nostra anima di fare un grande salto di qualità.

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