Secondo il Census Bureau degli Stati Uniti, domani si può considerare la giornata in cui l’umanità raggiunge la cifra di 7 miliardi di persone.
Radio Vaticana - Secondo agenzie delle Nazioni Unite tale soglia si sarebbe raggiunta ad agosto o forse si raggiungerà a marzo prossimo. Data l’impossibilità di un censimento esatto al millesimo, una data precisa non può che essere convenzionale. In ogni caso, è l’occasione di una riflessione intorno ai temi della demografia. Per capire quale sia l’andamento della crescita della popolazione mondiale e quali le reali emergenze da affrontare, Fausta Speranza ha intervistato il prof. Giancarlo Blangiardo, direttore del Dipartimento di Statistica dell’Università Bicocca di Milano.
R. – In realtà, abbiamo popolazioni che viaggiano a velocità molto diverse, con cambiamenti non solo quantitativi ma anche strutturali, cioè qualitativi. E’ il caso classico della struttura per età della popolazione che è profondamente diversa nei Paesi più sviluppati che nei Paesi meno sviluppati. Ci sono tutti questi andamenti diversi che vanno seguiti e in qualche modo “pilotati” in modo ottimale per far sì che ovunque, nelle diverse aree, si abbia il massimo sviluppo e il minimo in termini di problematiche.
D. – Dunque si può dire che la demografia lancia un allarme sulla disparità di distribuzione delle risorse?
R. – Assolutamente! Cioè, la demografia ci dice che quella che – come si diceva una volta – era la bomba demografica, non c’è stata. Ci dice che ci sarà comunque un futuro che va seguito con molta attenzione e all’interno del quale bisognerà compiere azioni diversificate nelle diverse aree. Un caso classico è l’Africa sub sahariana: è certamente quella che riteniamo l’area più problematica rispetto alla dinamica demografica. Ebbene, anche nell’Africa subsahariana, se si riuscisse a valorizzare questa sua crescita di popolazione giovane come contributo allo sviluppo locale, mandando a questi giovani gli investimenti o assicurando le opportunità, probabilmente anche l’Africa potrebbe rapidamente decollare come hanno fatto gli altri Paesi. Quindi, ogni area ha i suoi problemi e noi dobbiamo cercare di intervenire con strumenti diversi per minimizzare i problemi e massimizzare il risultato, nei diversi Paesi e nelle diverse regioni del mondo.
D. – Parliamo di Occidente, dove invece è decrescita, e questa decrescita – a parte il solito discorso delle pensioni –crea diversi problemi …
R. – Sì crea diversi problemi: è una decrescita accompagnata appunto da invecchiamento della popolazione, quindi da mancanza di vitalità demografica. D’altra parte, la dimensione numerica non è così rilevante: pensi solo ai problemi legati alla domanda, al consumo … Inevitabilmente, le economie comunque reggono sulla domanda, reggono sulla produttività, sulla produzione. E quindi è chiaro che l’elemento umano è determinante e importante. A questo punto, è evidente che il mondo più sviluppato deve interrogarsi su queste cose e deve cercare anche qui, non solo attraverso l’immigrazione di arginare la decrescita, cioè l’importazione di persone da altri posti. Va detto che l’immigrazione ha una serie di elementi importanti, è un fenomeno interessante che indubbiamente va seguito e tenuto sotto controllo ma l’Occidente dovrebbe darsi da fare per riscattarsi dal punto di vista demografico, cercando di recuperare quella vitalità che ha perso.
D. – Secondo lei, si parla abbastanza di demografia in relazione allo sviluppo, che dovrebbe essere uno sviluppo sostenibile e per tutti?
R. – Si parla di demografia qualche volta – anzi, abbastanza spesso – a sproposito, da parte di “saggi” che poi saggi non sono, che continuano a cercare di lanciarci il concetto che la crescita demografica sia il grosso freno allo sviluppo del mondo e quindi in quanto tale si debba intervenire anche drasticamente per contenerla. Io ricordo solo una cosa: l’Africa subsahariana, che certamente non è un’area molto sviluppata, in questi ultimi anni ha avuto una crescita della popolazione proporzionale, cioè, la popolazione ha continuato a crescere, mentre il prodotto interno lordo per abitante è cresciuto più che proporzionalmente. Eppure, c’è la crescita demografica. Quindi, togliamoci dalla testa che il problema sia la popolazione: il problema è la distribuzione delle risorse, gli investimenti, gli aiuti a chi deve crescere. Allora, noi dobbiamo abbandonare le vecchie teorie largamente dimostratesi infondate e investire sull’uomo.
D. – Ci dice - se possibile - brevemente come fare?
R. – Investire sull’uomo vuol dire semplicemente riconoscere alle persone, ai popoli le loro capacità in termini di saper fare e poter fare delle cose; dare l’opportunità, la possibilità, gli aiuti – se necessario – perché le persone si attivino, si diano da fare; premiare chi si dà da fare e, insomma, riconoscere nella capacità dell’uomo la possibilità di venire fuori e di risolvere anche i grandi problemi a livello di distribuzione delle risorse. Io credo – e torno all’Africa – che l’Africa abbia, in questi anni, una grande opportunità, ed è il cosiddetto “dividendo demografico”: forse non tutti sanno cosa è. In sostanza l’Africa è una realtà in cui nei prossimi decenni ci saranno meno giovani che in passato e non ancora anziani, come invece succede nelle altre realtà del mondo. Quindi, avrà un grosso potenziale di popolazione in età lavorativa. Ebbene, se si riuscisse a favorire la valorizzazione di questo grosso potenziale di capitale umano, anche l’Africa – che di solito è citata come il grande problema del pianeta – avrebbe la possibilità di crescere e di svilupparsi come è successo ad altre aree del mondo.
Radio Vaticana - Secondo agenzie delle Nazioni Unite tale soglia si sarebbe raggiunta ad agosto o forse si raggiungerà a marzo prossimo. Data l’impossibilità di un censimento esatto al millesimo, una data precisa non può che essere convenzionale. In ogni caso, è l’occasione di una riflessione intorno ai temi della demografia. Per capire quale sia l’andamento della crescita della popolazione mondiale e quali le reali emergenze da affrontare, Fausta Speranza ha intervistato il prof. Giancarlo Blangiardo, direttore del Dipartimento di Statistica dell’Università Bicocca di Milano.
R. – In realtà, abbiamo popolazioni che viaggiano a velocità molto diverse, con cambiamenti non solo quantitativi ma anche strutturali, cioè qualitativi. E’ il caso classico della struttura per età della popolazione che è profondamente diversa nei Paesi più sviluppati che nei Paesi meno sviluppati. Ci sono tutti questi andamenti diversi che vanno seguiti e in qualche modo “pilotati” in modo ottimale per far sì che ovunque, nelle diverse aree, si abbia il massimo sviluppo e il minimo in termini di problematiche.
D. – Dunque si può dire che la demografia lancia un allarme sulla disparità di distribuzione delle risorse?
R. – Assolutamente! Cioè, la demografia ci dice che quella che – come si diceva una volta – era la bomba demografica, non c’è stata. Ci dice che ci sarà comunque un futuro che va seguito con molta attenzione e all’interno del quale bisognerà compiere azioni diversificate nelle diverse aree. Un caso classico è l’Africa sub sahariana: è certamente quella che riteniamo l’area più problematica rispetto alla dinamica demografica. Ebbene, anche nell’Africa subsahariana, se si riuscisse a valorizzare questa sua crescita di popolazione giovane come contributo allo sviluppo locale, mandando a questi giovani gli investimenti o assicurando le opportunità, probabilmente anche l’Africa potrebbe rapidamente decollare come hanno fatto gli altri Paesi. Quindi, ogni area ha i suoi problemi e noi dobbiamo cercare di intervenire con strumenti diversi per minimizzare i problemi e massimizzare il risultato, nei diversi Paesi e nelle diverse regioni del mondo.
D. – Parliamo di Occidente, dove invece è decrescita, e questa decrescita – a parte il solito discorso delle pensioni –crea diversi problemi …
R. – Sì crea diversi problemi: è una decrescita accompagnata appunto da invecchiamento della popolazione, quindi da mancanza di vitalità demografica. D’altra parte, la dimensione numerica non è così rilevante: pensi solo ai problemi legati alla domanda, al consumo … Inevitabilmente, le economie comunque reggono sulla domanda, reggono sulla produttività, sulla produzione. E quindi è chiaro che l’elemento umano è determinante e importante. A questo punto, è evidente che il mondo più sviluppato deve interrogarsi su queste cose e deve cercare anche qui, non solo attraverso l’immigrazione di arginare la decrescita, cioè l’importazione di persone da altri posti. Va detto che l’immigrazione ha una serie di elementi importanti, è un fenomeno interessante che indubbiamente va seguito e tenuto sotto controllo ma l’Occidente dovrebbe darsi da fare per riscattarsi dal punto di vista demografico, cercando di recuperare quella vitalità che ha perso.
D. – Secondo lei, si parla abbastanza di demografia in relazione allo sviluppo, che dovrebbe essere uno sviluppo sostenibile e per tutti?
R. – Si parla di demografia qualche volta – anzi, abbastanza spesso – a sproposito, da parte di “saggi” che poi saggi non sono, che continuano a cercare di lanciarci il concetto che la crescita demografica sia il grosso freno allo sviluppo del mondo e quindi in quanto tale si debba intervenire anche drasticamente per contenerla. Io ricordo solo una cosa: l’Africa subsahariana, che certamente non è un’area molto sviluppata, in questi ultimi anni ha avuto una crescita della popolazione proporzionale, cioè, la popolazione ha continuato a crescere, mentre il prodotto interno lordo per abitante è cresciuto più che proporzionalmente. Eppure, c’è la crescita demografica. Quindi, togliamoci dalla testa che il problema sia la popolazione: il problema è la distribuzione delle risorse, gli investimenti, gli aiuti a chi deve crescere. Allora, noi dobbiamo abbandonare le vecchie teorie largamente dimostratesi infondate e investire sull’uomo.
D. – Ci dice - se possibile - brevemente come fare?
R. – Investire sull’uomo vuol dire semplicemente riconoscere alle persone, ai popoli le loro capacità in termini di saper fare e poter fare delle cose; dare l’opportunità, la possibilità, gli aiuti – se necessario – perché le persone si attivino, si diano da fare; premiare chi si dà da fare e, insomma, riconoscere nella capacità dell’uomo la possibilità di venire fuori e di risolvere anche i grandi problemi a livello di distribuzione delle risorse. Io credo – e torno all’Africa – che l’Africa abbia, in questi anni, una grande opportunità, ed è il cosiddetto “dividendo demografico”: forse non tutti sanno cosa è. In sostanza l’Africa è una realtà in cui nei prossimi decenni ci saranno meno giovani che in passato e non ancora anziani, come invece succede nelle altre realtà del mondo. Quindi, avrà un grosso potenziale di popolazione in età lavorativa. Ebbene, se si riuscisse a favorire la valorizzazione di questo grosso potenziale di capitale umano, anche l’Africa – che di solito è citata come il grande problema del pianeta – avrebbe la possibilità di crescere e di svilupparsi come è successo ad altre aree del mondo.
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