“Le mani pulite salvano vite umane”: è il messaggio semplice, ma importante che l’Unicef è impegnata a diffondere in tutti i Paesi del mondo in cui opera, in occasione dell’odierna IV “Giornata mondiale per la pulizia delle mani”, fatta propria da governi, istituzioni internazionali, organizzazioni della società civile, ong, imprese private.
Radio Vaticana - Molte le iniziative promosse per quest’occasione, soprattutto nelle scuole, per sensibilizzare prima di tutto i bambini. L’anno scorso la Giornata ha coinvolto 700 milioni di persone e 700 mila scuole in 70 Paesi. Adriana Masotti ha chiesto a Susanna Bucci, direttore comunicazione di Unicef Italia, che cosa significa in concreto che “le mani pulite salvano vite umane”:
R. - Significa che ormai da quando si è visto che la semplice pratica di lavarsi le mani prima di venire a contatto con il cibo oppure dopo aver utilizzato i servizi igienici riesce a ridurre l’incidenza di malattie diarroiche tra i bambini sotto i 5 anni di quasi il 50 per cento o le infezioni respiratorie acute del 25 per cento, bisogna promuovere questa semplice pratica, perché è una vera pratica salvavita.
D. - Una pratica semplice, ma forse ci sono delle ragioni: forse manca l’acqua in certi posti o manca il sapone o è una questione soprattutto culturale?
R. - Il sapone non scarseggia anche nei Paesi poveri, soltanto che viene utilizzato per lavare i panni; l’acqua - certo - sappiamo che è uno dei principali problemi, ma sappiamo anche che laddove ci sono scuole, laddove ci sono i villaggi, tutto questo non può prescindere dalla disponibilità di acqua potabile. Il problema è proprio la non conoscenza…
D. - Conoscenza, cioè, che è rischioso non lavarsi le mani se, ad esempio, si tocca il cibo?
R. - Sì, ad esempio, quando si tocca il cibo o ogni volta che si va in bagno; se una mamma prima di partorire e la levatrice si lavano con il sapone - non devono soltanto utilizzare l’acqua, ma è necessario utilizzare acqua e sapone - si può ridurre la mortalità al momento della nascita in percentuali molto significative. Lei pensi che l’anno scorso in Bangladesh, in occasione appunto della Giornata mondiale del lavaggio delle mani, circa 18 milioni di bambini di tutte le scuole del Bangladesh hanno partecipato a manifestazioni di massa in cui venivano lavate le mani con il sapone: in questo modo, questa pratica ovviamente comincia a diffondersi di più.
D. - Nei kit di primo aiuto in caso di terremoto, alluvioni e soprattutto nei Paesi in via di sviluppo e comunque un po’ dovunque è compreso anche il sapone?
R. - Certo, quando c’è una catastrofe naturale o una emergenza o una situazione come quella che sta colpendo il Corno d’Africa adesso, dove centinaia di migliaia si trovano in difficili e precarie situazioni igieniche e sanitarie, ovviamente questi kit vengono immediatamente distribuiti dall’Unicef, proprio per consentire alle popolazioni di poter utilizzare degli strumenti che possano davvero fare la differenza in termini di vite umane.
D. - Sembra strano, ma capita anche nei nostri bar e nei ristoranti di vedere personale che tocca magari i soldi, perché è alla cassa, e subito taglia un panino e tocca un alimento. Dobbiamo protestare?
R. - Io penso di sì. Non c’è questo tipo di attenzione, eppure questo nel caso nostro è vero che non ci trasmette malattie mortali, ma ad esempio l’influenza si è visto che viene ridotta di altissime percentuali se - appunto - venissero usate queste pratiche.
D. - Per concludere, l’Unicef come contribuisce a questa sensibilizzazione?
R. - L’Unicef contribuisce a tutto tondo, perché abbiamo lanciato poche settimane fa una campagna che si chiama “Vogliamo zero”, perché sappiamo che ogni giorno muoiono 22 mila bambini per malattie che possono essere facilmente prevenute. E noi vogliamo arrivare a zero… Lavoriamo in tutti i Paesi, dove ovviamente abbiamo i programmi, e in tutti i continenti: in Afghanistan, ad esempio, promuoviamo - ovviamente insieme ad altre associazioni - questa giornata del lavaggio delle mani che coinvolge 7 milioni e 700 mila bambini; nella Repubblica Centroafricana ci sarà una campagna, soprattutto attraverso la radio, e circa 20 mila bambini verranno coinvolti in attività educati.
Radio Vaticana - Molte le iniziative promosse per quest’occasione, soprattutto nelle scuole, per sensibilizzare prima di tutto i bambini. L’anno scorso la Giornata ha coinvolto 700 milioni di persone e 700 mila scuole in 70 Paesi. Adriana Masotti ha chiesto a Susanna Bucci, direttore comunicazione di Unicef Italia, che cosa significa in concreto che “le mani pulite salvano vite umane”:
R. - Significa che ormai da quando si è visto che la semplice pratica di lavarsi le mani prima di venire a contatto con il cibo oppure dopo aver utilizzato i servizi igienici riesce a ridurre l’incidenza di malattie diarroiche tra i bambini sotto i 5 anni di quasi il 50 per cento o le infezioni respiratorie acute del 25 per cento, bisogna promuovere questa semplice pratica, perché è una vera pratica salvavita.
D. - Una pratica semplice, ma forse ci sono delle ragioni: forse manca l’acqua in certi posti o manca il sapone o è una questione soprattutto culturale?
R. - Il sapone non scarseggia anche nei Paesi poveri, soltanto che viene utilizzato per lavare i panni; l’acqua - certo - sappiamo che è uno dei principali problemi, ma sappiamo anche che laddove ci sono scuole, laddove ci sono i villaggi, tutto questo non può prescindere dalla disponibilità di acqua potabile. Il problema è proprio la non conoscenza…
D. - Conoscenza, cioè, che è rischioso non lavarsi le mani se, ad esempio, si tocca il cibo?
R. - Sì, ad esempio, quando si tocca il cibo o ogni volta che si va in bagno; se una mamma prima di partorire e la levatrice si lavano con il sapone - non devono soltanto utilizzare l’acqua, ma è necessario utilizzare acqua e sapone - si può ridurre la mortalità al momento della nascita in percentuali molto significative. Lei pensi che l’anno scorso in Bangladesh, in occasione appunto della Giornata mondiale del lavaggio delle mani, circa 18 milioni di bambini di tutte le scuole del Bangladesh hanno partecipato a manifestazioni di massa in cui venivano lavate le mani con il sapone: in questo modo, questa pratica ovviamente comincia a diffondersi di più.
D. - Nei kit di primo aiuto in caso di terremoto, alluvioni e soprattutto nei Paesi in via di sviluppo e comunque un po’ dovunque è compreso anche il sapone?
R. - Certo, quando c’è una catastrofe naturale o una emergenza o una situazione come quella che sta colpendo il Corno d’Africa adesso, dove centinaia di migliaia si trovano in difficili e precarie situazioni igieniche e sanitarie, ovviamente questi kit vengono immediatamente distribuiti dall’Unicef, proprio per consentire alle popolazioni di poter utilizzare degli strumenti che possano davvero fare la differenza in termini di vite umane.
D. - Sembra strano, ma capita anche nei nostri bar e nei ristoranti di vedere personale che tocca magari i soldi, perché è alla cassa, e subito taglia un panino e tocca un alimento. Dobbiamo protestare?
R. - Io penso di sì. Non c’è questo tipo di attenzione, eppure questo nel caso nostro è vero che non ci trasmette malattie mortali, ma ad esempio l’influenza si è visto che viene ridotta di altissime percentuali se - appunto - venissero usate queste pratiche.
D. - Per concludere, l’Unicef come contribuisce a questa sensibilizzazione?
R. - L’Unicef contribuisce a tutto tondo, perché abbiamo lanciato poche settimane fa una campagna che si chiama “Vogliamo zero”, perché sappiamo che ogni giorno muoiono 22 mila bambini per malattie che possono essere facilmente prevenute. E noi vogliamo arrivare a zero… Lavoriamo in tutti i Paesi, dove ovviamente abbiamo i programmi, e in tutti i continenti: in Afghanistan, ad esempio, promuoviamo - ovviamente insieme ad altre associazioni - questa giornata del lavaggio delle mani che coinvolge 7 milioni e 700 mila bambini; nella Repubblica Centroafricana ci sarà una campagna, soprattutto attraverso la radio, e circa 20 mila bambini verranno coinvolti in attività educati.
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