Senza casa nè lavoro, i giovani italiani faticano a trovare un futuro. L'ultimo rapporto del sindacato degli inquili boccia il governo su tutta la linea: non ha saputo nemmeno accorgersi del problema.
PeaceReporter - Altro che bamboccioni: i giovani d'Italia se ne stanno dai genitori perché non hanno case dove andare. E la colpa grava soprattutto sulle spalle di un governo incapace di pianificare qualunque politica abitativa, che ha ridotto all'osso lo stato sociale. E che non ha mai investito nelle costruzione di locali da affittare, lasciando che i prezzi del mercato lievitassero senza freni.
È questo il verdetto senza appello dell'ultimo rapporto del Sunia, il Sindacato nazionale unitario inquilini ed assegnatari, aggiornato al primo semestre del 2011.
In Europa, in un anno, l'affitto è salito del 2,8 pefrcento: in Italia il rincaro è più del doppio. Se si guardano gli ultimi dieci anni, si vede che il canone medio per un affitto è triplicato. E gli effetti delle poche leggi per abbassare i canoni è pressoché nullo: il canone concordato, una misura introdotta nel 1998 che avrebbe dovuto garantire un limite minimo e massimo per l'affittuario e agevolazioni fiscali per il proprietario, è utilizzato solo nel 36,7 percento dei casi (di cui solo il 7,8 percento è under 30). "Tutti potrebbero farne richiesta, ma solo in pochi ne conoscono l'esistenza", afferma Daniele Barbieri, segretario nazionale del Sunia. In Europa, la percentuale di chi ne fa uso sale fino al 28,3 percento della Francia. Così, tra chi vive ancora dai genitori, nove under trenta italiani su dieci non vedono nessuna via di fuga dalla casa di famiglia. Il lavoro precario e i percorsi di studio senza fine completano un quadro a dir poco allarmante. E il fondo sociale che aiutava le famiglie più povere a pagare gli affitti è stato ridotto da Tremonti a 28 milioni di euro, da 300 che era prima della manovra.
E pensare che il canone concordato poteva essere un mezzo per combattere l'evasione fiscale, uno dei cavalli di battaglia del ministro delle Finanze. "Ogni contratto concordato - spiega Barbieri - viene controllato e vagliato, non può essere in nero". Invece, a tutt'oggi, il Sunia ha riscontrato che quattro documenti su dieci sono illegali. Eppure non mancano i provvedimenti per combattere l'illegalità nel campo della locazione. L'ultimo è del giugno 2011, il decreto legge 23: la norma prevede che tutti gli affittuari in nero possano regolarizzare il loro contratto in autonomia, con risparmi che possono arrivare fino all'80 percento. "Spesso - prosegue Barbieri chi si trova un affitto in nero sono studenti fuorisede o immigrati (quasi la metà). E spesso non sono molto informati sui temi legati all'affitto". Così anche le buone norme restano poco praticate. Era stata annunciata dai sindacati degli inquilini come una misura che avrebbe abbassato in modo clamoroso i canoni d'affitto italiano. "Non credo, invece, che inciderà in modo decisivo", confessa oggi Barbieri.
Qualche misura per incentivare il mercato degli affitti poteva essere adottata, anche in tempi di crisi, spiega il rapporto del Sunia. Per esempio si poteva potenziare l'housing sociale: case realizzate dai privati in aree pubbliche, spesso recuperate dopo anni di abbandono, con canoni calmierati. "Un vantaggio per tutti - sostiene Barbieri-: per gli affittuari e per il privato".
La botta finale a uno stato sociale già disastrato l'ha data l'ultima manovra finanziaria. In tre anni, calcolano Sunia e Cgil, i tagli si porteranno via in media 5.700 euro a famiglia, di cui 113 quest'anno e nei prossimi due più di 2mila ciascuno. Se il potere d'acquisto delle famiglie italiane diminuisce, il mercato degli affitti sembra rispondere a regole tutte sue. A Milano e Venezia, le due città più care d'Italia, per un appartamento di 80 mq in una zona semicentrale si spendono in media 1.400 euro al mese. A Catania e Bari il prezzo scende fino a 650 euro. Ma in entrambi i casi la tendenza dei prezzi è ad aumentare: in città per i nuovi contratti in media si spende 1.050 euro al mese, contro i 750 dei rinnovi.
PeaceReporter - Altro che bamboccioni: i giovani d'Italia se ne stanno dai genitori perché non hanno case dove andare. E la colpa grava soprattutto sulle spalle di un governo incapace di pianificare qualunque politica abitativa, che ha ridotto all'osso lo stato sociale. E che non ha mai investito nelle costruzione di locali da affittare, lasciando che i prezzi del mercato lievitassero senza freni.
È questo il verdetto senza appello dell'ultimo rapporto del Sunia, il Sindacato nazionale unitario inquilini ed assegnatari, aggiornato al primo semestre del 2011.
In Europa, in un anno, l'affitto è salito del 2,8 pefrcento: in Italia il rincaro è più del doppio. Se si guardano gli ultimi dieci anni, si vede che il canone medio per un affitto è triplicato. E gli effetti delle poche leggi per abbassare i canoni è pressoché nullo: il canone concordato, una misura introdotta nel 1998 che avrebbe dovuto garantire un limite minimo e massimo per l'affittuario e agevolazioni fiscali per il proprietario, è utilizzato solo nel 36,7 percento dei casi (di cui solo il 7,8 percento è under 30). "Tutti potrebbero farne richiesta, ma solo in pochi ne conoscono l'esistenza", afferma Daniele Barbieri, segretario nazionale del Sunia. In Europa, la percentuale di chi ne fa uso sale fino al 28,3 percento della Francia. Così, tra chi vive ancora dai genitori, nove under trenta italiani su dieci non vedono nessuna via di fuga dalla casa di famiglia. Il lavoro precario e i percorsi di studio senza fine completano un quadro a dir poco allarmante. E il fondo sociale che aiutava le famiglie più povere a pagare gli affitti è stato ridotto da Tremonti a 28 milioni di euro, da 300 che era prima della manovra.
E pensare che il canone concordato poteva essere un mezzo per combattere l'evasione fiscale, uno dei cavalli di battaglia del ministro delle Finanze. "Ogni contratto concordato - spiega Barbieri - viene controllato e vagliato, non può essere in nero". Invece, a tutt'oggi, il Sunia ha riscontrato che quattro documenti su dieci sono illegali. Eppure non mancano i provvedimenti per combattere l'illegalità nel campo della locazione. L'ultimo è del giugno 2011, il decreto legge 23: la norma prevede che tutti gli affittuari in nero possano regolarizzare il loro contratto in autonomia, con risparmi che possono arrivare fino all'80 percento. "Spesso - prosegue Barbieri chi si trova un affitto in nero sono studenti fuorisede o immigrati (quasi la metà). E spesso non sono molto informati sui temi legati all'affitto". Così anche le buone norme restano poco praticate. Era stata annunciata dai sindacati degli inquilini come una misura che avrebbe abbassato in modo clamoroso i canoni d'affitto italiano. "Non credo, invece, che inciderà in modo decisivo", confessa oggi Barbieri.
Qualche misura per incentivare il mercato degli affitti poteva essere adottata, anche in tempi di crisi, spiega il rapporto del Sunia. Per esempio si poteva potenziare l'housing sociale: case realizzate dai privati in aree pubbliche, spesso recuperate dopo anni di abbandono, con canoni calmierati. "Un vantaggio per tutti - sostiene Barbieri-: per gli affittuari e per il privato".
La botta finale a uno stato sociale già disastrato l'ha data l'ultima manovra finanziaria. In tre anni, calcolano Sunia e Cgil, i tagli si porteranno via in media 5.700 euro a famiglia, di cui 113 quest'anno e nei prossimi due più di 2mila ciascuno. Se il potere d'acquisto delle famiglie italiane diminuisce, il mercato degli affitti sembra rispondere a regole tutte sue. A Milano e Venezia, le due città più care d'Italia, per un appartamento di 80 mq in una zona semicentrale si spendono in media 1.400 euro al mese. A Catania e Bari il prezzo scende fino a 650 euro. Ma in entrambi i casi la tendenza dei prezzi è ad aumentare: in città per i nuovi contratti in media si spende 1.050 euro al mese, contro i 750 dei rinnovi.
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