Orientare i giovani soltanto in base alle loro attitudini è sbagliato. Per trovare lavoro occorre sviluppare anche la manualità.
di Gennaro Iasevoli, psicologo
Forse l’orientamento all’italiana è stato del tutto fallimentare: partendo da questa ipotesi voglio commentare in poche righe il modo attuale di orientare i giovani nello studio e nel lavoro in base alle loro attitudini, che secondo me continua a dare risultati negativi; per questo spero anche che qualche pensatore illuminato se ne occupi strenuamente e proponga modifiche di indirizzo utili ad un nuovo protocollo di orientamento scolastico. Leggendo ed incrociando i dati occupazionali con quelli scolastici-formativi, appare evidente, infatti, che al termine degli studi sia il diploma che la laurea risultano quasi sempre già obsoleti o, per così dire, fuori mercato, con la conseguenza che tutte le speranze infantili ed adolescenziali di fare una data professione desiderata si spengono già a vent’anni. Dopo anni di studi, scelti col beneplacito degli adulti addetti all’orientamento, la maggior parte dei giovani sono disoccupati e scopri anche che non sanno compiere azioni elementari di vita quotidiana, come il verniciare una parete scrostata, sostituire un rubinetto, una lampadina, un interruttore o la ruota di scorta di un’auto. Vi racconto con stupore che più di una volta a tavola, già durante i viaggi di istruzione, notavo che alcuni studenti di liceo non riuscivano a stappare una bottiglia o a sollevare un’oliva dal piatto, utilizzando le posate: la risposta ricorrente tesa a giustificare l’incompetenza si riferiva al fatto che a casa provvedono i genitori a stappare le bottiglie ed all’abitudine di comprare soltanto olive già snocciolate… che pena! Purtroppo mi capita spesso di osservare altri giovani mentre consumano tempo prezioso a giocare con i messaggini stereotipati sui telefonini o con i videogiochi, usando preziosi computer solo per guardare le foto e dvd di scarso valore formativo. A questo punto non voglio colpevolizzarli più di tanto e conformandomi all’umiltà francescana recupero la filiale speranza nella Provvidenza, per un futuro meno amaro per questi giovani.
Ma occorrerebbe forse che anche le università, ove pur si contano grandi geni della pedagogia e della psicologia, cominciassero a cambiare metodo di orientamento in favore dell’occupazione giovanile, inserendo per esempio nelle voci opzionali il concetto di canali e percorsi mirati alla rapida occupazione, secondo aggiornate ricerche di mercato. Si otterrebbe una piccola rivoluzione utile ai ragazzi più attivi che sperano di riuscire un giorno a procacciarsi risorse economiche col proprio lavoro. Ma attualmente capita di osservare docenti, senza un intento lungimirante pragmatico-utilitaristico, che orientano i ragazzi e gli adolescenti soltanto in base alle loro attitudini naturali originarie, sempre alla stessa maniera – per liceo linguistico, liceo pedagogico, liceo classico, liceo scientifico, liceo artistico – quasi per dire: sei fatto per questi studi e divertiti a continuarli per tutta la vita senza preoccuparti della ricerca del pane. Inoltre sulle scelte più pratiche prevalgono quelle dettate dalle vecchie fantasie dei genitori che vorrebbero che i loro figli e nipoti fossero tutti professionisti proprietari di aziende, con tanto di segretarie, ville, fuoristrada ed imbarcazioni. Alla fine, quando gli anni del liceo saranno passati, i giovani non avranno più il tempo di cambiare le scelte fatte e saranno fuori strada perché non avranno le competenze richieste dai mercati globalizzati, né avranno facilmente le risorse per avviare un’impresa; allora se si troveranno in difficoltà economiche cercheranno, nel più fortunato dei casi, di adattarsi ai lavori di manutenzione nei vari settori industriali.
Purtroppo ho anche l’impressione che, da qualche tempo, le lauree che danno accesso alle libere professioni trovano uno sbocco utile soltanto nelle pareti degli studi professionali paterni e materni, quando già esistenti e ben avviati.
Signori, se questa è la realtà lavorativa è probabile che stiamo orientando male migliaia di giovani, spingendoli in percorsi di studio che sanno tanto di muffa e di chiacchiere inutili, mentre occorrono competenze chimiche, fisiche, matematiche, mediche, ingegneristiche, economiche, e tra l’altro sono di nuovo richieste le competenze manuali specifiche dei falegnami, fabbri, tornitori, fresatori, impiantisti termoidraulici ed elettromeccanici. Da queste poche osservazioni, magari elaborate anche da altri e corredate di dati statistici, si potrebbe trarre lo spunto scientifico per ammodernare i metodi orientativi che nelle varie tappe dell’età evolutiva oggi incanalano gli alunni nei percorsi di studio, evidenziando i nuovi percorsi formativi utili all’occupazione e sconsigliando chiaramente gli indirizzi rilevatisi deludenti e fuorvianti.
di Gennaro Iasevoli, psicologo
Forse l’orientamento all’italiana è stato del tutto fallimentare: partendo da questa ipotesi voglio commentare in poche righe il modo attuale di orientare i giovani nello studio e nel lavoro in base alle loro attitudini, che secondo me continua a dare risultati negativi; per questo spero anche che qualche pensatore illuminato se ne occupi strenuamente e proponga modifiche di indirizzo utili ad un nuovo protocollo di orientamento scolastico. Leggendo ed incrociando i dati occupazionali con quelli scolastici-formativi, appare evidente, infatti, che al termine degli studi sia il diploma che la laurea risultano quasi sempre già obsoleti o, per così dire, fuori mercato, con la conseguenza che tutte le speranze infantili ed adolescenziali di fare una data professione desiderata si spengono già a vent’anni. Dopo anni di studi, scelti col beneplacito degli adulti addetti all’orientamento, la maggior parte dei giovani sono disoccupati e scopri anche che non sanno compiere azioni elementari di vita quotidiana, come il verniciare una parete scrostata, sostituire un rubinetto, una lampadina, un interruttore o la ruota di scorta di un’auto. Vi racconto con stupore che più di una volta a tavola, già durante i viaggi di istruzione, notavo che alcuni studenti di liceo non riuscivano a stappare una bottiglia o a sollevare un’oliva dal piatto, utilizzando le posate: la risposta ricorrente tesa a giustificare l’incompetenza si riferiva al fatto che a casa provvedono i genitori a stappare le bottiglie ed all’abitudine di comprare soltanto olive già snocciolate… che pena! Purtroppo mi capita spesso di osservare altri giovani mentre consumano tempo prezioso a giocare con i messaggini stereotipati sui telefonini o con i videogiochi, usando preziosi computer solo per guardare le foto e dvd di scarso valore formativo. A questo punto non voglio colpevolizzarli più di tanto e conformandomi all’umiltà francescana recupero la filiale speranza nella Provvidenza, per un futuro meno amaro per questi giovani.
Ma occorrerebbe forse che anche le università, ove pur si contano grandi geni della pedagogia e della psicologia, cominciassero a cambiare metodo di orientamento in favore dell’occupazione giovanile, inserendo per esempio nelle voci opzionali il concetto di canali e percorsi mirati alla rapida occupazione, secondo aggiornate ricerche di mercato. Si otterrebbe una piccola rivoluzione utile ai ragazzi più attivi che sperano di riuscire un giorno a procacciarsi risorse economiche col proprio lavoro. Ma attualmente capita di osservare docenti, senza un intento lungimirante pragmatico-utilitaristico, che orientano i ragazzi e gli adolescenti soltanto in base alle loro attitudini naturali originarie, sempre alla stessa maniera – per liceo linguistico, liceo pedagogico, liceo classico, liceo scientifico, liceo artistico – quasi per dire: sei fatto per questi studi e divertiti a continuarli per tutta la vita senza preoccuparti della ricerca del pane. Inoltre sulle scelte più pratiche prevalgono quelle dettate dalle vecchie fantasie dei genitori che vorrebbero che i loro figli e nipoti fossero tutti professionisti proprietari di aziende, con tanto di segretarie, ville, fuoristrada ed imbarcazioni. Alla fine, quando gli anni del liceo saranno passati, i giovani non avranno più il tempo di cambiare le scelte fatte e saranno fuori strada perché non avranno le competenze richieste dai mercati globalizzati, né avranno facilmente le risorse per avviare un’impresa; allora se si troveranno in difficoltà economiche cercheranno, nel più fortunato dei casi, di adattarsi ai lavori di manutenzione nei vari settori industriali.
Purtroppo ho anche l’impressione che, da qualche tempo, le lauree che danno accesso alle libere professioni trovano uno sbocco utile soltanto nelle pareti degli studi professionali paterni e materni, quando già esistenti e ben avviati.
Signori, se questa è la realtà lavorativa è probabile che stiamo orientando male migliaia di giovani, spingendoli in percorsi di studio che sanno tanto di muffa e di chiacchiere inutili, mentre occorrono competenze chimiche, fisiche, matematiche, mediche, ingegneristiche, economiche, e tra l’altro sono di nuovo richieste le competenze manuali specifiche dei falegnami, fabbri, tornitori, fresatori, impiantisti termoidraulici ed elettromeccanici. Da queste poche osservazioni, magari elaborate anche da altri e corredate di dati statistici, si potrebbe trarre lo spunto scientifico per ammodernare i metodi orientativi che nelle varie tappe dell’età evolutiva oggi incanalano gli alunni nei percorsi di studio, evidenziando i nuovi percorsi formativi utili all’occupazione e sconsigliando chiaramente gli indirizzi rilevatisi deludenti e fuorvianti.
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Sono presenti 2 commenti
Vorrei dire qualcosa anche a proposito delle selezioni per percorsi lavorativi non di alto livello, quale il lavoro presso i supermercati, per i quali a volte si propongono quiz per laureati e si scartano ragazzi capaci di svolgere qualsiasi mansione manuale, con conseguenti delusioni.Quando un po' di buona pratica per valutare le vere capacità di un giovane?
La capacità vera dei giovani non può venire valutata dai cretini. Molto si ha da cambiare e sopratutto finirla con i soliti raccomandati.
Un peccato: molti giovani hanno le strade precluse perchè ci sono quasi sempre prima i parenti dei cretini che hanno qualche caricuccia qui o la.
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