domenica, ottobre 02, 2011
Amnesty International ha chiesto alle autorità iraniane di rilasciare un pastore cristiano, che rischia di essere messo a morte per "apostasia".

Amnestyinternational - Yousef Nadarkhani, il cui processo si è concluso ieri, si è rifiutato di rinunciare al suo credo e rischia una condanna a morte, nonostante l'"apostasia" non sia un reato per la legge iraniana. Mohammad Ali Dadkhah, il suo avvocato, ha detto ad Amnesty International che attende il verdetto entro una settimana. Nadarkhani dovrebbe avere il diritto di appellarsi alla Corte suprema contro ogni processo e condanna. "È scioccante che le autorità iraniane prendano in considerazione la possibilità di uccidere un uomo solo perché ha esercitato il suo diritto a scegliere una religione che non sia l'islam" - ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

La Corte suprema dell'Iran, in una sua prima pronuncia sul caso, ha detto che l'editto religioso (fatwa) potrebbe essere usato come base per una condanna, nonostante il fatto che la legge iraniana nulla disponga sull' "apostasia".


"Yousef Nadarkhani è trattenuto solo a causa del suo credo religioso. È un prigioniero di coscienza e deve essere rilasciato immediatamente e incondizionatamente" - ha proseguito Hassiba Hadj Sahraoui.

Naderkhani, nato da genitori musulmani a Rasht e convertitosi al cristianesimo a 19 anni, è stato arrestato il 13 ottobre 2009. L'arresto sarebbe collegato alle sue proteste perché il figlio era stato obbligato a seguire lezioni di Islam a scuola.

"Yousef Nadarkhani è uno dei tanti avvocati, studenti, attivisti per i diritti umani, manifestanti, altri dissidenti e membri di comunità religiose o etniche che sono perseguitati dalle autorità iraniane per aver espresso opinioni o un credo non è in linea con il punto di vista ufficiale" - ha concluso Sahraoui.

Sono presenti 2 commenti

Anonimo ha detto...

Quello che racconta Amnesty è fuori da ogni logica e non rispecchia la realtà Iraniana.
Le fonti che informano Amnesty non sono attendibili e, d'altro canto, sono le stesse che da qualche anno ci propinano marchiane bufale: vedi i casi di Neda o di Sakinee, che erano soltanto l'assaggio di quanto fatto e faranno in futuro pur di infamare un civilissimo Paese dove il suo Presidente ha il coraggio di dire pane al pane e vino al vino;
e tutto questo non piace ai signori della guerra israeliani ed americani!

nemo profeta

Anonimo ha detto...

Come volevasi dimostrare, Amnesty si basa su fonti inattendibili.
Riporto un'articolo recentissimo apparso su "Julie-News":

DAMASCO (SIRIA) - Già da tempo si è potuto accertare che il benemerito lavoro che Amnesty International fa nei Paesi occidentali contro la pena di morte, quando si sposta in Medioriente diventa meno benemerito e molto balbuziente. Sarà perchè si fida delle fonti sbagliate, sarà per altri motivi, ma spesso dà notizie false su quello che accade in quella zona del mondo.
E c'è stata un'altra dimostrazione in questi giorni. Nel mese di settembre, Amnesty aveva riportato, tra le vittime delle repressioni compiute dal regime di Assad, in Siria, il nome e la foto di Zaynab al Husseini. Ma la ragazza è apparsa in questi giorni in una Tv siriana, per dimostrare di essere ancora viva. Ha anche mostrato la propria carta di identità, per dimostrare di non essere un impostore, affermando di non essere mai stata nè ferita nè altro, in questi giorni.
Ovviamente la notizia è diventata il punto di forza di quella schiera - inesistente in TV, ma numerosissima su Internet - che sostiene che le notizie sulla repressione dei manifestanti in Siria sono false, che si tratta di delinquenti che creano disordini appositamente per creare una campagna di disinformazione contro il regime, "reo" di opporsi ad Israele e alla presenza nella zona di società controllate dai Paesi occidentali.
di Antonio Rispoli..."

nemo profeta

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